Barack Obama, il Presidente che ha reso gay il sogno americano

Ancora increduli per l'elezione di Donald Trump non possiamo che dedicare un ricordo ancora più nostalgico all'ex Presidente, che tra luci e ombre ha cambiato la storia degli Stati Uniti.

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Il 20 gennaio 2009 si insediò alla Casa Bianca Barack Hussein Obama II, primo presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti d’America. Le aspettative rispetto al suo mandato furono altissime, confermate anche dal secondo insediamento ottenuto nuovamente 4 anni dopo. Obama riuscì a unire la retorica del self-made mantopos di grande successo oltreoceano – a una politica inclusiva, di cui il motto “Yes we can” delle presidenziali ne è la bandiera più significativa. Un claim che ha regalato motivi di speranza a un paese che usciva dilaniato dalla crisi finanziaria del 2007/2008, e vedeva nella figura di un rampante avvocato di colore la propria possibilità di riscatto.

Sarà la storia a decretare il successo o il fallimento del suo operato: da commentatori profani quali siamo possiamo però riconoscere come quest’uomo, con la propria vita, le proprie scelte, l’impatto sull’immaginario collettivo, abbia contribuito alla diffusione di valori incredibilmente positivi. L’amministrazione Obama – come qualsiasi amministrazione politica – ha avuto luci e ombre, scelte buone e meno buone, e sarà il tribunale della storia ad emettere un proprio giudizio avvalorato dal senno di poi di cui noi, ora come ora, siamo privi. Il bilancio, almeno nell’immediato, non può essere che positivo.

In politica estera sono stati anni di distensione con i “nemici” storici degli States: l’anacronistico embargo su Cuba è rientrato, sono iniziati nuovi rapporti diplomatici con il governo comunista, e quello che apparentemente poteva sembrare un cedimento sul piano politico si è dimostrata una manifestazione di forza del governo statunitense. Obama ha comunque dovuto fare i conti con un fisiologico ridimensionamento della leadership USA dopo gli insuccessi della politica estera di George W. Bush, in un contesto internazionale multipolare con Cina e Russia sempre più desiderose di spazi. Meno scontata è stata la sottoscrizione del patto antinucleare con l’Iran, impensabile fino a pochi anni prima: un gesto teso a dimostrare il tentativo di creare un clima di pace, più che di guerra, là dove ce ne fossero gli estremi.

Dal punto di vista economico i dati parlano chiaro: la disoccupazione negli Stati Uniti è calata dall’8 al 4,8% nel giro di pochi anni, e sono stati creati più di 15 milioni di posti di lavoro. Obama è riuscito, dopo parecchio tempo, a restituire all’America il sogno americano: da un lato ha sfornato, con provvedimenti politici, numeri pragmatici che riaccendessero gli animi di un paese assopito sotto il peso della crisi, dall’altro, con la sua immagine e le sue parole, ne ha fornito la benzina ideologica. Essere americani è tornato ad essere cool, dentro e fuori gli States.

Barak Obama è stato il primo presidente a parlare di tematiche delicate per l’America profonda, mettendo le mani su 2 questioni fondamentali nella battaglia politica degli ultimi anni: armi e ambiente. Se per la prima si è scontrato con la potentissima lobby dell’industria americana delle armi e con il partito Repubblicano, ottenendo ben pochi successi e combattendo una battaglia più ideologica che pratica, sulla seconda è riuscito a ottenere diverse soddisfazioni. Durante la sua amministrazione è raddoppiata la produzione di energie rinnovabili, ma soprattutto, ha orchestrato, per mezzo di immani sforzi diplomatici con la Cina, l’accordo di Parigi del dicembre scorso, che rappresenta un primo vero passo per arrestare l’incremento della temperatura globale.

Molti commentatori hanno utilizzato, per la politica economico-sociale di Obama portata avanti in questi anni, l’etichetta di socialdemocrazia all’americana: un impianto riformistico finalizzato a ridimensionare e rendere più equo il sistema capitalistico. Proprio in quest’ottica si inserisce la controversa riforma sanitaria americana, ribattezzata dai media Obamacare per l’attaccamento del Presidente verso il provvedimento. Nonostante agli occhi di noi italiani non possa sembrare altro che una nobile riforma che ha fornito assistenza sanitaria a 12 milioni di americani, oltreoceano la questione è vissuta in maniera molto più combattuta, tanto che nei mesi di campagna elettorale lo stralcio del provvedimento è stato una bandiera di tutti i candidati Repubblicani (Trump compreso, ovviamente). Persino la Clinton si è dimostrata cauta rispetto al futuro della riforma, che rimane comunque un passo fondamentale sul piano dei diritti dell’individuo.

E proprio sul piano dei diritti Obama può annoverare i risultati più considerevoli. La designazione di alcuni giudici progressisti per la Corte Suprema è stato un tassello fondamentale per ottenere il matrimonio egualitario per gli omosessuali in tutti gli Stati della Federazione. Gli interventi non sono stati necessariamente di tipo legislativo, ma hanno contribuito a far crescere la coscienza collettiva e i risultati, seppur tangibili, rimangono difficilmente misurabili. Solo sul piano della discriminazione razziale rimangono preoccupanti coni d’ombra e un problema fortemente radicato nella storia e nella cultura del paese. 8 anni, in questo caso, non sono stati sufficienti per cambiare le cose.

Nessun tentativo di panegirico acritico, come già detto anche il governo Obama non è inattaccabile. Opache alcune scelte di politica estera, come la reazione secondo molti poco decisa, almeno in un primo momento, contro l’Isis, che non riescono però ad appannare una figura brillante.

La politica è fatta di simboli, che spesso contano più dei contenuti e sopravvivono ad essi. E se i provvedimenti presi dal Barack Obama sono opinabili, indiscutibile rimane la sua caratura simbolica: un approccio pop e rilassato fatto di gesti e atteggiamenti ormai entrati nell’immaginario collettivo, che lo rendono un modello nella gestione del potere. A quest’immagine ha contribuito indubbiamente il suo fascino, ma soprattutto la storia di una famiglia black e borghese arrivata all’apice del potere. Proprio Michelle Obama è stata il valore aggiunto: una moglie sobria, impegnata, intelligentissima, anch’essa un simbolo per decine di migliaia di donne che un domani, portatrici degli stessi valori, combatteranno per ottenere il proprio ruolo nel mondo. Una coppia simbolo della possibilità di un futuro luminoso che oggi sembra più distante.

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