Chi di voi non è rimasto colpito dal prete bello di ‘Cuore Sacro‘, il magnanimo e fascinoso Padre Carras, due occhi azzurri come il mare che fanno a botte col nero uniforme della tonaca? E chi non ha pensato “dove l’ho già visto?” ricordandosi poi del giovane Davide innamorato di Simone ne ‘La finestra di fronte’? E’ Massimo Poggio, talento emergente cresciuto nella ‘scuderia’ di Ferzan Ozpetek e molto attivo in vari campi, dal cinema al teatro. E lo contattiamo proprio a teatro, dove sta provando uno spettacolo.
A che cosa stai lavorando adesso?
Sono al teatro di Alessandria, sto preparando una piccola rassegna dal titolo ‘Pollini’. Sono sei spettacoli, ora stiamo facendo ‘Storie di mare e di alienazione’, una lettura di brani tratti da romanzi in cui il tema portante è il mare. Raccontiamo però il disagio, è una specie di concerto con parole, ci sono due chitarristi e una bassista. In un certo senso torno a casa, essendo io alessandrino anche se mia madre è pugliese.
Ti abbiamo ammirato come Padre Carras in ‘Cuore Sacro‘. Come ti sei preparato al ruolo?
Ho cercato di documentarmi leggendo il Vangelo e la Storia della Chiesa, mi mancavano un po’ le basi. Poi ho conosciuto un seminarista che mi ha spiegato le motivazioni che conducono una persona giovane a diventare un sacerdote. Ho cercato di comprendere le persone che frequentano la comunità di Sant’Egidio e ho capito che chi aiuta ha sempre un sorriso per tutti. Questi volontari tengono molto al bisogno di far sentire che si tratta di esseri umani che non hanno comunque perso la dignità.
Come è evoluto il ruolo rispetto alla sceneggiatura?
Abbiamo apportato delle modifiche, c’erano dei passaggi ridondanti e inutili. Il mio contributo è stato soprattutto quello di portare sullo schermo una persona normale evitando però gli stereotipi.
Non è un prete ‘troppo bello per essere vero’?
Non credo… non mi porrei questo problema, è anche uno stereotipo il credere che i preti non possano essere belli, non darei tutto questo peso all’aspetto esteriore. Posso anche capire le critiche, comunque.
Come ti sei trovato sul set?
Molto bene, c’era un clima rilassato, tranquillo. Con Barbara c’è stata complicità, la fortuna è stata trovare persone molto corrette, professionali e generose.
Ne ‘La finestra di fronte’ hai interpretato il ruolo di un gay che non poteva esprimere liberamente i suoi sentimenti d’amore. E’ stato difficile?
Alla base c’era un sentimento talmente forte da diventare universale, non mi sono posto questo tipo di problema. Era talmente forte e senza limiti che trascendeva il fatto di essere ‘particolare’.
Questo ruolo ti ha messo in contatto col mondo gay?
Sono etero ma ho un sacco di amici omosessuali e non ho nessun tipo di problema a riguardo, ho un rapporto molto naturale con questo mondo.
Pur non avendo scene in comune, hai incontrato sul set Massimo Girotti?
L’ho incontrato solo due volte. La prima mi è stato presentato e mi ha impressionato: era un omone, altissimo, una figura imponente. Era già molto stanco. L’ho rivisto mentre stava girando sul set, dopo che si era sentito poco bene. Mi faceva molta tenerezza, si vedeva che faceva uno sforzo terribile per portare a termine il suo lavoro, aveva il medico sul set.
Come hai conosciuto Ferzan?
L’ho conosciuto tramite Rosaria De Cicco quando ha girato lo spot per le poste. Li ho raggiunti sul set ma mi sentivo un pinguino, non conoscevo nessuno. Stavano mangiando e mi sono presentato. Per una serie di coincidenze sono stato scelto per fare la pubblicità e da lì è nata una serie di collaborazioni. Lavorare con Ferzan è un’esperienza che ti fa evolvere professionalmente.
Hai fatto anche un piccolo film d’autore, ‘Vicino al fiume’. Di che cosa si tratta?
E’ un film piccolissimo, molto coraggioso, una specie di romanzo famigliare. Racconta la vita di un gruppo di persone legate all’ambiente contadino. E’ una storia d’amore: lei scappa con me. Il film segue le vicende da quando siamo bambini fino alla vecchiaia, è ambientato in Calabria dagli anni ’30 agli ’80.
Hai recitato anche in un film lesbico, ‘Rosa e Cornelia’…
Sì, facevo la parte di un contadino stalliere confidente di questo padre tremendo. Lei doveva portare a termine la gravidanza, io avevo il compito di sorvegliarla e non fare avvicinare nessuno. E’ molto divertente girare in costume, parlavamo quasi tutti in Veneto. Io poi arrivo a uccidere quasi tutti.
Preferisci il cinema, il teatro o la tv?
Non è il mezzo che conta, dipende dove sto bene, se sono a mio agio con le persone con cui lavoro.
Progetti futuri?
Domani inizio a girare una serie che si intitola ’48 ore’ con Claudio Amendola e Claudia Gerini per la regia di Eros Puglielli. Il titolo può ricordare ’24’ ma non c’entra nulla: le 48 ore sono il tempo che la squadra ha per catturare gli evasi. Sono 12 puntate che andranno in onda sulle reti Mediaset.
Visita il sito di ‘Cuore Sacro’: clicca qui.
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