Cos’è la triptorelina e come viene utilizzata nelle terapie di affermazione di genere per l* adolescenti

Ecco cosa dice la letteratura scientifica.

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Transgender triptorelina
Transgender triptorelina
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Triptorelina o non triptorelina?

Nonostante la somministrazione dei farmaci inibitori della pubertà in ambito di transizione di genere sia ormai prassi nel nostro paese dal 2019, il dibattito in merito sembra essersi acceso solo negli scorsi mesi.

Complice l’amministrazione ultraconservatrice del governo Meloni che a inizio anno ha avviato un’ispezione al centro di eccellenza Careggi di Firenze, sostenendo che qui farmaci come la triptorelina venissero somministrati “come caramelle” ai minori che li chiedevano, campagne di disinformazioni sensazionalistiche stanno in queste settimane contribuendo ad alimentare lo scetticismo nei confronti delle terapie per l’affermazione di genere.

Un trend arrivato dagli USA, dove le amministrazioni degli stati a maggioranza repubblicana spingono sempre di più per limitare le tutele sanitarie rivolte alla comunità transgender e gender non conforming, con il pretesto di “tutelare i minori dall’influenza woke che avrebbe determinato un fantomatico picco di casi di incongruenza di genere tra i giovanissimi negli ultimi anni. E arrivato oggi anche nel Regno Unito. 

Al di là della faziosa retorica anti-trans estremamente facile da confutare, tuttavia, qui si parla di salute fisica e mentale di una fetta della popolazione estremamente vulnerabile, ovvero bambin* e adolescenti transgender e gender non conforming che nell’interruzione temporanea e reversibile della pubertà trovano una finestra temporale fondamentale per poter esplorare senza fretta la propria identità di genere e compiere decisioni informate sul proprio futuro.

Partendo dalla letteratura scientifica e con un approccio oggettivo, questo articolo si propone di spiegare nel dettaglio cos’è la triptorelina, in che modo viene utilizzata e perché la superficialità con cui il discorso viene trattato potrebbe avere un impatto devastante sulla salute mentale di coloro che la utilizzano.

Cos'è la triptorelina
Cos’è la triptorelina e perché si usa in ambito di affermazione di genere

Cos’è la triptorelina?

La triptorelina, principio attivo di base per tutti gli inibitori ormonali utilizzati nel trattamento di diverse patologie, oltre che nelle terapie per l’affermazione di genere – è un decapeptide che agisce come agonista del rilascio dell’ormone gonadotropo (GnRH agonisti), svolgendo un ruolo cruciale nel trattamento di patologie legate alla regolazione ormonale.

La sua azione si concentra sulla ghiandola pituitaria, o ipofisi, inducendo una stimolazione costante che porta a una ridotta secrezione delle gonadotropine, nello specifico l’ormone luteinizzante (LH) e l’ormone follicolo-stimolante (FSH),  fondamentale in diversi contesti clinici, poiché permette di modulare l’attività delle gonadi secondo le necessità terapeutiche.

Disponibile in varie specialità farmaceutiche, la triptorelina si amministra attraverso iniezioni sottocutanee o intramuscolari. La sua classificazione come analogo dell’ormone GnRH evidenzia il suo ruolo nel regolare la sintesi e il rilascio degli ormoni luteinizzante e follicolo-stimolante dall’ipofisi, elementi chiave per la funzionalità gonadica.

Il trattamento a base di triptorelina desensibilizza il sistema ormonale attraverso l’uso prolungato, sopprimendo le funzioni ovarica e testicolare per gestire specifiche condizioni mediche. Tuttavia, uno degli aspetti più rilevanti del suo utilizzo è la reversibilità degli effetti una volta interrotta la terapia, che la rende quindi una soluzione temporanea e controllabile alle problematiche trattate.

A cosa serve la triptorelina in ambito di affermazione di genere?

In ambito di affermazione di genere, la triptorelina viene utilizzata arrestare il processo di una pubertà considerata fisiologica dal punto di vista fisico, ma non allineata dal punto di vista psicologico con l’identità di genere del soggetto.

Sebbene questo uso sia classificato ufficialmente come off label, ovvero al di fuori delle indicazioni specifiche approvate, l’AIFA ne ha comunque importanza, includendo la triptorelina nell’elenco dei medicinali erogabili a carico del SSN, in base alla legge 648/96 e sotto requisiti ben definiti – a scapito di ciò che alcuni deputati hanno dichiarato nelle scorse settimane.

In primo luogo, è necessario che il paziente si trovi in uno stadio puberale compreso nella scala di  Tanner a livello 2 e 3, agli albori dello sviluppo delle prime caratteristiche secondarie, con livelli di steroidi sessuali che confermino un avanzamento adeguato della pubertà.

Altro elemento fondamentale è la diagnosi – ancora purtroppo estremamente patologizzante – di “disforia di genere, conformemente ai criteri del DSM 5 (APA, 2013). Tale diagnosi deve essere effettuata da un team multidisciplinare specializzato che includa, tra gli altri, esperti in neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, endocrinologia pediatrica e psicologia dell’età evolutiva – senza contare che il trattamento con triptorelina viene preso in considerazione solo quando altre forme di supporto psicologico e psichiatrico non abbiano portato al miglioramento sperato.

Si considera inoltre l’importanza della comparsa o del peggioramento dei sintomi di disforia con l’inizio della pubertà, ed è inoltre necessario che eventuali condizioni psicopatologiche associate o problematiche mediche che potrebbero influenzare la diagnosi o il trattamento siano state stabilizzate.

Infine, è indispensabile ottenere il consenso informato dell’adolescente e dei suoi genitori o tutori legali, in accordo con le normative vigenti per la tutela dei minori, per assicurare che sia il paziente che i suoi caregiver siano pienamente consapevoli delle implicazioni del trattamento.

Come viene monitorata la somministrazione della triptorelina?

Secondo delibera AIFA, la terapia prevede l’iniezione intramuscolare di Triptorelina 3,75 mg ogni 28 giorni, con una dose aggiuntiva prevista nel primo mese di terapia, a circa due settimane dalla prima iniezione. Il trattamento è consigliato fino all’età di circa 16 anni, momento in cui generalmente inizia la terapia ormonale cross-gender.

La prosecuzione del trattamento è strettamente legata all’adesione del minore e della sua famiglia al percorso psicologico e al rispetto degli appuntamenti con gli endocrinologi. La mancata adesione a questi impegni può portare alla sospensione della somministrazione farmacologica.

Inoltre, sono previste specifiche condizioni di monitoraggio e osservanza delle normative, inclusa la creazione di un registro per il rilevamento e la trasmissione di dati clinici, la gestione del consenso informato e la prescrizione del medicinale, come delineato nei provvedimenti legislativi pertinenti.

Per quanto riguarda il monitoraggio clinico per scongiurare l’insorgenza di eventuali effetti collaterali, questo è suddiviso in intervalli regolari:

  • ogni 3-6 mesi si effettuano valutazioni auxologiche per monitorare altezza, peso, BMI e lo stadio di sviluppo puberale secondo Tanner, oltre alla misurazione della pressione arteriosa.
  • ogni 6-12 mesi sono richiesti esami di laboratorio, che includono i livelli di LH, FSH, E2/T e Vitamina D 25OH.
  • ogni 12-24 mesi si procede con la valutazione della densità minerale ossea attraverso la tecnica DXA (Dual X-ray Absorptiometry) e, se clinicamente indicato, si valuta l’età ossea mediante radiografia del polso e della mano non dominante.

Quali sono gli altri usi della triptorelina?

Al di là del discorso squisitamente ideologico tramite il quale questo principio attivo viene strumentalizzato, la triptorelina rappresenta in realtà un pilastro fondamentale nel trattamento di diverse condizioni mediche, grazie alla sua capacità di modulare la produzione ormonale in maniera selettiva.

Nel dettaglio, per gli individui di sesso biologico maschile, la triptorelina è essenziale nel trattamento del carcinoma della prostata ormone-dipendente. Questo approccio sfrutta la capacità del farmaco di influenzare la produzione di ormoni specifici, con efficacia comprovata nel controllo della progressione tumorale in contesti in cui gli ormoni giocano un ruolo cruciale.

Per individui di sesso biologico femminile, l’ambito di applicazione si estende notevolmente. La triptorelina trova impiego nel trattamento del carcinoma della mammella ormono-sensibile nelle fasi di pre-menopausa e peri-menopausa, dove la gestione degli ormoni risulta determinante nel contenere l’evoluzione della malattia.

Allo stesso tempo, è indicata nell’endometriosi, una condizione dolorosa e spesso debilitante legata alla presenza di tessuto endometriale al di fuori dell’utero. Anche nei casi di fibromi uterini, la triptorelina offre una soluzione terapeutica per controllare la crescita di queste formazioni problematiche, seppur benigne.

Infine, nel contesto della fecondazione in vitro e altre tecniche di riproduzione assistita, questo principio attivo gioca un ruolo chiave nel regolare il ciclo ormonale, migliorando le probabilità di successo delle procedure.

Per i bambini, la triptorelina si dimostra cruciale nel trattamento della pubertà precoce, condizione caratterizzata da una maturazione sessuale anticipata che può avere profonde ripercussioni sullo sviluppo fisico e psicologico. L’intervento con la triptorelina permette di moderare l’avanzamento della pubertà, offrendo ai pazienti la possibilità di un percorso di crescita più allineato ai coetanei.

In nessuno di questi casi, tuttavia, sono sorte polemiche in merito ai possibili effetti collaterali del farmaco, a dimostrazione che, per alcuni, il disagio psicologico ed esistenziale dovuto all’incongruenza di genere non sembra essere un fattore di rischio equiparabile ad altre patologie di natura fisica.

In parole semplici, viene invalidata ancora una volta l’importanza del benessere psicologico delle soggettività transgender e gender non conforming per un discorso prettamente ideologico, strumentalizzando eventuali rischi che in realtà possono derivare dall’assunzione di qualsiasi farmaco.

Quali sono i possibili effetti collaterali della triptorelina?

L’uso della triptorelina, come ogni trattamento farmacologico, comporta la possibilità di effetti collaterali, che, tuttavia, presentano un’incidenza simile a quella osservata con l’uso di altri farmaci.

Tra le possibili reazioni, in base al meccanismo di azione del farmaco che induce uno stato di ipoestrogenismo secondario, si possono includere variazioni nella densità minerale ossea, con un potenziale aumento del rischio di osteoporosi e fratture.

Effetti come vampate di calore, variazioni della libido, nausea, alterazioni del sonno, stanchezza, modifiche nella massa muscolare, dolore articolare, variazioni di peso e umore possono manifestarsi durante il trattamento.

Nel contesto pediatrico, specificamente nei trattamenti per la pubertà precoce, studi hanno evidenziato la possibilità di sviluppare ipertensione arteriosa. Scarsa invece la letteratura scientifica in ambito di effetti psicologici e sociali a lungo termine.

Importante è però notare che questi effetti, sebbene possano influenzare lo stato di salute e la qualità di vita dei pazienti, sono monitorati attentamente dai professionisti sanitari, che valutano costantemente il rapporto beneficio-rischio del trattamento.

Perché la triptorelina viene definita un “farmaco salvavita” per minori transgender e gender non conforming?

Partendo dal presupposto che dare connotati ideologici a un discorso prettamente sanitario è di per sé rischioso in qualsiasi caso, in ambito di affermazione di genere la triptorelina è stata più volte definita un “farmaco salva vita da pediatri, endocrinologi, neuropsichiatri infantili e psicologi.

Il percorso di crescita e sviluppo di questi giovani è infatti complesso e spesso segnato da un profondo disagio: il divario tra l’identità di genere percepita e le caratteristiche fisiche che il corpo assume durante la pubertà può generare una serie di problematiche psicologiche e sociali gravi, quali ansia, depressione, isolamento sociale e difficoltà nelle relazioni interpersonali. In alcuni casi, questa situazione di malessere può culminare in comportamenti autolesivi o tentativi di suicidio.

Secondo studi citati dalla letteratura scientifica, una percentuale allarmante, pari al 40%, dei giovani transgender ha tentato almeno una volta il suicidio. La transizione fisica non allineata con l’identità di genere vissuta può essere una fonte di distress continuo, incidendo negativamente sulla qualità della vita e sul benessere psicologico dei minori.

In questo contesto, l’utilizzo della triptorelina come terapia per bloccare la pubertà offre un intervento tempestivo per arginare tali sintomi. Questo trattamento permette di “mettere in pausa” – non arrestare – lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie non desiderate, fornendo ai giovani e alle loro famiglie il tempo necessario per esplorare la propria identità di genere in un contesto di minor pressione e ansia legate alle trasformazioni corporee.

La possibilità di arrestare temporaneamente l’avanzamento della pubertà rappresenta, quindi, non solo una misura terapeutica ma anche un sostegno psicologico fondamentale.

La terapia con triptorelina ha dimostrato di ridurre dell’oltre 70% il rischio di tentativi di suicidio tra i giovani transgender, sottolineando il suo valore non solo in termini di gestione medica ma anche come strumento di prevenzione nel campo della salute mentale.

Trattare con superficialità la questione, sensazionalizzarla in maniera pretestuosa instillando terrore in famiglie e adolescenti non fa altro che alimentare lo stigma nei confronti della comunità transgender e gender non conforming – forse l’unico obiettivo delle recenti campagne di disinformazione portate avanti dalla destra ultraconservatrice con l’obiettivo di sopprimere qualsiasi divergenza dal paradigma ciseteronormativo che vuole imporre.

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