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25 Aprile, Resistenza e Liberazione: “La libertà è un esercizio” – intervista a Laura Pezzino

"Il giorno in cui cambiò ogni cosa", romanzo d’esordio di Laura Pezzino, è un libro per ragazzi e ragazze che racconta la Resistenza e ciò che ne rimane.

Laura Pezzino - intervista
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Da qualche settimana in libreria per il Battello a Vapore, Il giorno in cui cambiò ogni cosa di Laura Pezzino – giornalista, già autrice di A New York con Patti Smith – è un romanzo che racconta le donne e la Resistenza, i lasciti intergenerazionali, le scoperte e gli incendi della giovinezza. Cora, la protagonista, ha undici anni, quasi dodici, una madre sempre molto triste e un padre lontano. In un’estate delle nostre, caldissima e infinita, Cora d’un tratto diventa grande. Arrivata a Brisca, il paese di nonna Irma, la ragazza scopre che il bar di famiglia fu al centro delle lotte partigiane. Così la sua storia si intreccia a quella della giovane Irma, che nel 1944 scelse chiaramente da che parte stare. Dalla parte della vita, dalla parte della libertà.

Il giorno in cui cambiò ogni cosa

In occasione del 25 aprile, abbiamo intervistato l’autrice.

Una storia grande raccontata con una lingua ragazzina: come hai trovato la voce adatta a raccontare questa vicenda a un pubblico di giovanissimə.

È come se, a un certo punto, iniziando a scrivere, avessero iniziato ad affiorare dei ricordi. Come fossero dei deja vù. Ho ritrovato la ragazzina che sono stata e ho iniziato a parlare come lei. È stata una sorta di possessione. Cora in alcune cose mi assomiglia: è appassionata di storie, legge molto.

Nel libro citi la battaglia di Purocielo, che è avvenuta davvero nell’ottobre del 1944. Da dove è iniziata la tua ricerca intorno ai temi del romanzo?

Due o tre anni fa, sono andata a fare un viaggio stampa nella Romagna di Dante. Ci portarono a vedere alcuni paesi del faentino, uno di questi era Brisighella, dove dormimmo una notte. È un paese che già conoscevo, i miei genitori mi ci portavano spesso quando ero bambina. Non mi ricordavo granché, ma ho sempre avuto l’idea che fosse un posto bello. Un posto che avrei voluto raccontare.

Tra l’altro quelle zone sono state centrali nella lotta anti-fascista.

Erano zone situate lungo la linea gotica, sì. Sono state teatro di molte battaglie tra schieramenti partigiani e truppe nazi-fasciste. Quando ho fatto un po’ di ricerca a questo proposito, ho scoperto che lì c’era stata la battaglia di Purocielo.

Che inserisci nel romanzo.

Che inserisco nel romanzo. La nonna di Cora, Irma, prende parte alla battaglia in qualità di staffetta. Lo fa quando è giovanissima, una ragazzina. Mi interessava, tra le altre cose, raccontare il dialogo intergenerazionale tra donne.

Cora, sua madre, sua nonna.

L’idea iniziale era quella di scrivere un romanzo che raccontasse il rapporto tra una figlia e una madre depressa. Volevo far sì che la ragazzina avesse la possibilità di sperimentare altri esempi di femminilità, diversi da quella di una genitrice che, suo malgrado, soffre di questa terribile malattia. Le figura di Bea Pina e quella di Irma sono molto diverse da quella della madre, per esempio. Mettendo insieme tutti questi elementi, è emerso poi il tema della Resistenza.

Laura Pezzino – iboreali

A suo modo questa storia è una storia femminista, una storia di donne e di eredità. A questo proposito, cosa vorresti che arrivasse del femminismo di oggi alle ragazze di domani? E cosa invece, del femminismo, vorresti lasciare nel presente?

Difficile parlare di un femminismo, il femminismo è plurale. A me del femminismo piace l’elemento collettivo: una cosa che emerge moltissimo dagli scritti di Carla Lonzi, per esempio. Le femministe erano un gruppo, vivevano l’una per l’altra. Per me questo è il femminismo. Non sono sicura, però, che il femminismo di oggi abbia ancora quello spirito aggregativo. Oggi, per forza di cose, anche per via dei social, il femminismo si è fatto più parcellizzato. Vorrei che il femminismo di oggi riscoprisse quella voglia di comunità, che riscoprisse il corpo, l’incontro. Quello che non vorrei lasciare è esattamente il contrario, ovvero che il femminismo sia considerato un pretesto per autopromuoversi. Per me femminismo è anche dare valore alle altre donne, non mi sembra che questo principio guidi certi femminismi. Insomma, vorrei che prevalesse il bene comune e la collaborazione.

Il giorno in cui cambiò ogni cosa è, soprattutto, un libro sul fare la propria parte e sul potere della scrittura, della parola scritta e di quella tramandata. Cosa può fare la letteratura?

La letteratura apre altri mondi e i mondi degli altri, li spalanca. Permette di comprendere. È importante. Chi dice che la letteratura serve a vivere più vite ha ragione. Serve a vivere più vite e poi a metterle in collegamento tra loro.

Registriamo questa intervista all’indomani dell’affaire Scurati, tra l’altro.

L’affaire Scurati dimostra che c’è un’aria molto poco liberale. È preoccupante, ma non è preoccupante da ieri. Era preoccupante anche un mese fa, anche due anni fa. Alcune delle persone coinvolte in questa triste vicenda non riescono a pronunciare la parola «antifascismo». Le cose che non si pronunciano rimangono nella sfera del tabù. Sembra abbiano quasi un rifiuto fisico a dirla.

A proposito di libertà, in esergo citi Capossela: «Questa è la libertà, azione e responsabilità»: cosa può fare chi scrive per difendere la propria libertà?

La pagina bianca è un luogo di libertà. Puoi riempirla, puoi lasciarla bianca, puoi scriverla solo in parte. Puoi fare quello che vuoi. Siamo noi i principali nemici della nostra libertà, al netto di totalitarismi, ovvio. Siamo noi che ostacoliamo la nostra stessa libertà: personale, sessuale, relazionale o di parola, che sia. Tra l’altro, la pagina bianca è uno specchio, serve a farsi un esame di coscienza, a osservarci. Rispecchia quello che siamo. Quindi cosa può fare chi scrive per difendere la propria libertà? Scrivere. È un esercizio, la libertà.

Resistenza delle donne

I libri degli altri: ce ne consigli un paio che parlano di Resistenza?

La resistenza delle donne di Benedetta Tobagi e L’Agnese va a morire di Renata Viganò. Entrambi questi libri raccontano il sacrificio nel suo significato reale, quello di fare sacro qualcosa. Parlano entrambi specificatamente di donne: per le donne fare le staffette era sempre una libera scelta, per gli uomini no. Le donne volevano la pace. Sembra quasi incredibile leggere, oggi, queste storie di donne così giovani e così coraggiose. Ho anche visto alcuni documentari sul tema. Quelli di Liliana Cavani, per esempio, o uno di Chiara Andrich, che si intitola Con i messaggi tra i capelli. Da qui ho tratto l’idea di mettere dei messaggi nelle trecce di Irma, che in questo modo dava il suo contributo alla lotta partigiana. Questi docufilm sono tutti abitati da donne anziane, partigiane, che testimoniano come non avrebbero potuto fare altrimenti, che raccontano del loro coraggio. Incredibile.

Il giorno in cui cambiò ogni cosa: ne hai uno anche tu? Quando è cambiato tutto?

Quando ho lasciato il mio precedente lavoro. Tutto è cambiato: dal risveglio, alla luce in casa – non avevo mai visto la luce alle cinque del pomeriggio in casa mia – la spesa, lo yoga. Tutto. È stata una grande svolta, mi ha portato a fare cose nuove. Questo libro, il libro precedente, BookPride. Mi volevo dare uno chance, si vive una volta sola.

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