Metà dei medici in Europa pensa ancora che essere gay sia una malattia

Un dato sconcertante da un rapporto dell'Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali

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Un nuovo rapporto rivela che metà dei medici in Europa pensa ancora che essere gay sia una malattia! Ebbene sì, un sondaggio dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (FRA), che ha intervistato medici professionisti in ben 19 Stati membri, ha scoperto che ben il 50% degli stessi trattano ancora l’omosessualità come una malattia.

La relazione finale dello studio chiede subito l’adozione di misure per fermare tale discriminazione, che in paesi come la Bulgaria, Ungheria, Italia, Lettonia, Polonia, Romania, Rep. Slovacca vede più della metà dei medici coinvolti. Altro dato riscontrato: molti operatori sanitari intervistati ignorano i problemi che colpiscono la comunità LGBTQI.

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Riteniamo che queste malattie siano generate dal fatto che queste persone abbiano avuto traumi durante l’infanzia e che, per questo, cerchino un modo diverso di vivere rispetto alle altre persone” racconta un infermiere rumeno.

Quando una persona omosessuale si rivolge per la prima volta a un reparto medico, viene quasi certamente considerata dai dipendenti, come un’ “appestata”” prosegue Michael O’Flaherty, direttore del FRA, sottolineando come il rapporto evidenzi che la negligenza dei vari servizi sanitari è stata di non aver mai formato professionalmente, #ahinoi, il personale in merito, e aggiunge:

Le persone LGBT hanno lo stesso diritto all’istruzione, all’assistenza sanitaria e ad essere trattati allo stesso modo di tutte le altre persone. Anche loro hanno il diritto a vivere la loro vita con dignità, senza paure né discriminazioni

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Per quanto riguarda la transessualità, il rapporto ha analizzato che le persone transessuali, in particolare, hanno sofferto e soffrono a causa di una totale mancanza di consapevolezza relativa alla loro condizione, per non parlare dei loro diritti. Inoltre, sembrerebbe che un gran numero di crimini contro la comunità LGBT frequentemente non venga registrato correttamente da agenti di polizia, comportando una sottostima del problema.

Lo scorso anno la stessa ricerca aveva dimostrato come la  discriminazione fosse ancora presente anche negli ospedali del Regno Unito, dove il 28%, dei medici ha dichiarato di non sentirsi in grado di rispondere alle specifiche esigenze sanitarie di pazienti trans, mentre il 15% aveva detto la stessa cosa per lesbiche, gay e bisessuali.

A tal proposito, per l’Italia si è già espresso Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay, che si rivolge alla nostra classe dirigente:

Il richiamo non può non interpellare la nostra classe dirigente: la bassa qualità del dibattito parlamentare sulle unioni civili, che al Senato ha toccato vette di odio e disprezzo ormai ricorrenti su questi temi, rientra a pieno nel ritratto tracciato dall’Agenzia europea. Queste opinioni negative sono l’ostacolo che incontrano tutte le azioni volte a contrastare discriminazioni e crimini d’odio. In altre parole, quei pregiudizi quando prendono corpo in figure apicali o dirigenziali vanificano gli sforzi di chi si batte per una società accogliente per tutte e tutti.

Dati gli sconvolgenti risultati del FRA, la relazione finale sottolinea la necessità che l’UE e i suoi Stati membri agiscano quanto prima per consentire ai funzionari pubblici di fare il loro dovere, fornendo un servizio di alta qualità che aiuti a porre fine alla sofferenza di molte persone con esperienze LGBTQI.

C’è urgente bisogno, ovunque, di #educarealledifferenze!

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