Affermazione di genere, semplificare i percorsi e superare la legge 164 del 1982: cos’è il progetto T.R.A.N.S. – INTERVISTA

Finanziata dall’Unione Europea - Next Generation EU e ideato da un’unità dell’Università degli Studi di Milano, la ricerca intende elaborare una possibile procedura amministrativa che sostituisca il lungo iter giudiziario attuale.

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TRNASgender Next Generation EU
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Sin dagli albori della civiltà, dare un nome a cose e persone è un modo per validare la loro esistenza, discernerle e collocarle in un contesto ben definito, offrendo così una struttura all’ordine sociale e culturale in cui viviamo.

Attraverso il nome, infatti, si conferisce identità e significato, si stabiliscono legami e si trasmettono valori, storie e tradizioni. Ed è anche per questo motivo che – per molte, seppur non per tutte – le persone trans il nome assume una rilevanza fondamentale nel proprio percorso di affermazione.

Purtroppo, il costoso iter giudiziario per l’ottenimento dei nuovi documenti e l’accesso alle procedure chirurgiche nel nostro paese spesso si protrae ben oltre i cambiamenti effettuati da una persona trans sul proprio corpo, creando una discrepanza temporale che può influire significativamente sulla sua vita quotidiana e sul suo benessere emotivo.

Un ritardo spesso denunciato da attivist* ed associazioni per la tutela dei diritti LGBTQIA+: serve un aggiornamento delle procedure burocratiche – che oggi prevedono l’avvio di una procedura giudiziaria in tribunale e la necessità di una sentenza vera e propria per il cambio di nome – per renderle più agili e attente alla persona.

Sono trascorsi quasi tre decenni da quando, nel 1985, la Corte Costituzionale italiana ha riconosciuto la legittimità della legge numero 164 del 1982, che stabilisce le modalità per la ‘rettificazione’ anagrafica e chirurgica del sesso biologico. Un regolamento ormai datato, sia in termini di terminologia che di protocollo.

La lentezza nell’allineare i documenti ufficiali con l’identità vissuta può infatti esporla a situazioni di disagio, confusione, se non addirittura discriminazione quando il deadname viene forzosamente svelato in ambienti ostili, compromettendo così il diritto a una vita serena e al riconoscimento pieno della propria identità.

Ed è proprio la problematica che il progetto T.R.A.N.S. Transsexuals’ Rights and Administrative Procedure for Name and Sex Rectification – finanziato dall’Unione Europea-Next Generation EU e ideato da un’unità dell’Università degli Studi di Milano – intende affrontare.

Abbiamo parlato con Nicola Posteraro, Principal Investigator di T.R.A.N.S., per saperne di più sulla metodologia e gli obiettivi progettuali, e su come i risultati potranno influire positivamente sulla qualità della vita delle persone trans nel nostro paese.

In che modo il progetto T.R.A.N.S. si propone di innovare l’attuale processo legale per il riconoscimento dell’identità di genere in Italia?

L’attuale normativa prevede che chi voglia ottenere dei nuovi documenti e/o voglia effettuare un trattamento chirurgico di affermazione di genere debba necessariamente ricorrere al giudice (e dunque avviare un processo in tribunale) per farsi autorizzare con una sentenza.

Il progetto ha lo scopo di elaborare una possibile procedura amministrativa (da avviarsi di fronte al Comune, per esempio, nel caso in cui la persona trans voglia dei nuovi documenti) che sostituisca quella attuale dinanzi al giudice e renda più veloce e al tempo stesso meno costoso e meno intrusivo il percorso burocratico di affermazione di genere.

Quali sono stati i principali ostacoli identificati nella ricerca preliminare condotta dal team di T.R.A.N.S. relativamente al riconoscimento dell’identità di genere attraverso le procedure giudiziarie esistenti? Come il progetto intende superare queste barriere?

Attualmente, il riconoscimento dell’identità di genere è una continua corsa ad ostacoli e i motivi sono diversi. Innanzitutto, le procedure giudiziarie presentano costi non indifferenti, dal momento che coinvolgono diversi professionisti (avvocati, consulenti di parte, consulenti d’ufficio).

Inoltre, i tempi della giustizia civile non sono omogenei in tutto il Paese, con il rischio di situazioni a macchia di leopardo: a seconda del Tribunale di competenza, i tempi del riconoscimento sono più o meno lunghi e condannano le persone interessate a vivere in una sorta di limbo.

Tutto ciò amplifica la sofferenza che accompagna il percorso di transizione, percorso che, come si sa, per molte persone trans rappresenta già una sfida impegnativa. L’idea del progetto è quella di semplificare la procedura in modo tale da alleggerire anche il carico emotivo che le persone interessate ad avviare il percorso di affermazione di genere devono sopportare.

Si tratterebbe di un passo avanti fondamentale per il superamento delle discriminazioni e per la piena tutela dei diritti delle persone.

In che modo il progetto T.R.A.N.S. coinvolge direttamente la comunità trans nel processo di ricerca e sviluppo delle nuove procedure? Quanto è importante il dialogo con la comunità interessata per la riuscita del progetto?

Il coinvolgimento delle comunità è fondamentale! Ascoltare i bisogni, comprendere le necessità e capire i punti di vista delle persone interessate è un punto essenziale per la riuscita del progetto. Il diritto non è mai un qualcosa di astratto, ma è qualcosa di concreto che tocca le vicende quotidiane di ogni giorno.

Per questo motivo, l’idea è quella di coinvolgere esponenti delle varie associazioni LGBTQIA+ e le persone trans nei diversi incontri seminariali che si terranno: senza di loro questo lavoro rischierebbe di essere parziale.

Potreste fornire degli esempi di come altri paesi hanno affrontato e semplificato il processo di riconoscimento dell’identità di genere? Ci sono modelli internazionali a cui il progetto T.R.A.N.S. si ispira o intende fare riferimento?

Diversi Stati hanno adottato una procedura amministrativa al posto delle procedure giudiziali. Questo accade anche in Europa. I nostri “cugini” spagnoli lo hanno fatto di recente con l’approvazione lo scorso anno della Legge per l’uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per la garanzia dei diritti delle persone LGTBI (conosciuta anche come Ley Trans).

Ugualmente anche la Svizzera, Paese a noi più vicino, ha adottato una simile procedura già dal 2022. Questi casi di studio dimostrano che l’adozione di procedure amministrative semplificate per il riconoscimento dell’identità di genere è una realtà ormai consolidata e di successo. Insomma, i casi di studio non mancano e ci fanno capire che siamo nella giusta direzione.

Quali potrebbero essere le implicazioni a lungo termine dell'”amministrativizzazione” del processo di riconoscimento dell’identità di genere in Italia? Come immaginate che il progetto T.R.A.N.S. possa influenzare la legislazione italiana e il benessere delle persone trans nel futuro?

Come detto, l’“amministrativizzazione” del percorso di affermazione di genere porterà a una maggiore celerità del percorso di cui stiamo parlando e consentirà alle persone trans di sostenere un costo minore (in termini economici e non) qualora vogliano avviare un percorso di affermazione di genere.

In questo modo, essa invoglierà anche le persone trans che al momento si lasciano scoraggiare dalle regole attuali e che spesso desistono dall’attivarsi per soddisfare il proprio diritto all’identità di genere. La speranza è che questo progetto possa spingere il Legislatore a discutere di questo tema e ad apportare delle modifiche importanti all’attuale assetto normativo.

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