I pronomi They/Them delle persone non binarie NON si traducono con “loro” in italiano

Demi Lovato ha annunciato di identificarsi come persona di genere non binario e di avere scelto i pronomi they/them, ma questo they singolare inglese non si traduce in italiano con "loro."

Il they singolare usato dalle persone non binarie non si traduce con loro
Demi Lovato annuncia di identificarsi come persona non binaria e chiede che sia usato il they singolare
5 min. di lettura

Quando Demi Lovato ha dichiarato di essere una persona di genere non binario molte testate e agenzie, tra cui l’agenzia ANSA, hanno scritto che l’artista avrebbe chiesto che lǝ sia dato del “voi” o del “loro.” La Repubblica intitola “Demi Lovato: ‘Sono una persona non binaria. Chiedo che sia usato il pronome loro.'” È stata tradotta così in italiano la sua scelta di usare, in inglese, i pronomi they them che molte persone italiane conosco in effetti come equivalente dei nostri “esse/essi” (o “loro,” nell’uso ormai più comune). Ma questo uso di they, detto “singular they” in inglese, non andrebbe tradotto con “loro” e non è neanche l’ultima trovata del gender come viene fatta spesso intendere ma è un uso storico e anche piuttosto diffuso in inglese: il primo uso del they singolare registrato nell’Oxford Dictionary è del 1350.

Quando si usa il they singolare

In inglese, il they singolare viene usato storicamente in due casi: se stiamo richiamando un’espressione antecedente che, pur essendo singolare, si riferisce in realtà a un insieme di elementi (ed è quindi in qualche modo avvertita come se fosse plurale) e se ci riferiamo a una persona di cui non conosciamo o non vogliamo identificare il genere, cosa che in inglese è facilitata dal fatto che i sostantivi solitamente non suggeriscono il genere della persona che indicano (“worker” è sia “lavoratore” sia “lavoratrice”). Anche se parliamo di “they singolare” a questo they si accordano verbi coniugati al plurale, come in inglese si accordano verbi coniugati al plurale al singolare “you” usato nel senso di “tu.” E a volte, in caso di they singolare, si usa al posto di “themselves” (“esse/essi stesse/stessi”) la forma “themself,” non molto diffusa ma comunque anch’essa attestata a partire dal 14esimo secolo, come nel caso di you singolare si usa “yourself” (“tu stessa/stesso”) al posto di “yourselves” (“voi stesse/stessi”).

Faccio qualche esempio. “Everyone” (“ognuno”) è grammaticalmente singolare in inglese, e infatti regge verbi coniugati al singolare (“everyone is” cioè “ognuno è”) ma quando dobbiamo riferirci successivamente a questo “everyone” con un pronome usiamo “they.” “Everyone is finally here so we can start giving them their presents” (“ora che sono finalmente arrivati tutti possiamo finalmente iniziare a distribuire i regali”). Oppure, “if someone comes looking for me just tell them I’m out of office”, che in italiano diventa qualcosa come “se qualcuno mi cerca limitati a dirgli che non sono in ufficio.” O ancora, “when the first patient arrives let them in” (“quando arriva il primo paziente fallo entrare”).

Il maschile generico o sovraesteso in italiano

Come si vede da questi esempi sono quei casi dove in italiano, se non sappiamo quale genere usare o non vogliamo specificarlo, useremmo il cosiddetto “maschile sovraesteso” o “maschile generico,” per cui quando abbiamo insiemi che contengono sia uomini sia persone che uomini non sono usiamo il maschile. “Paolo e Paola sono andati.” Vale anche per insiemi che comprendono sia cose o concetti indicati con sostantivi maschili sia cose o concetti indicati con sostantivi femminili. “Dopo averli lavati, ho messo a posto pentole e coperchi.” Anzi, “cose o concetti indicati” è già un esempio di maschile sovraesteso. È uno dei motivi per cui esistono proposte come quella dello schwa (ǝ), che servirebbe anche proprio per sostituire questi maschili sovraestesi (potremmo allora scrivere e dire “Paolo e Paola sono andatǝ”). L’uso di tale “maschile generico” è tra l’altro ammesso anche in inglese, anche se rispetto dagli anni Sessanta ha perso popolarità appunto perché “sovraestende” l’uso del genere maschile, considerandolo “il genere standard” e dando così una visione androcentrica della società.

Una soluzione proposta a questi maschili sovraestesi, sia in inglese sia in italiano, è l’uso di espressioni come “egli/ella” o “state/i,” ma il risultato è spesso goffo e in alcuni contesti anche piuttosto insensato, e inoltre esclude implicitamente le persone di genere non binario. Provate a leggere ad alta voce frasi come “le/gli studenti interessate/i sono invitate/i a presentare le loro candidature entro…” e pensate come sarebbe leggere un intero libro scritto così. L’esempio evidenzia anche come a volte la soluzione possa invece essere semplice: “studente” è il participio presente di “studiare” e potrebbe non aver bisogno di un femminile “studentessa,” come “presidente” non avrebbe bisogno di “presidentessa.”

Il they singolare per le persone non binarie

Le persone non binarie hanno preso e ampliato l’uso del they singolare, valorizzandone la neutralità di genere e usandolo come pronome per riferirsi a se stessǝ. Questo terzo uso (il they singolare per riferirsi a una persona che non si identifica né come uomo né come donna) si è affermato a partire dal nuovo millennio, è ormai accettato ed è per esempio incluso nell’Oxford Dictionary e nel Merriam-Webster. Considerate che il pronome ha in inglese un’importanza diversa da quella che ha in italiano, perché deve essere sempre espresso e non può essere lasciato sottinteso e perché pronomi e aggettivi possessivi in terza persona singolare cambiano in base al genere della persona che possiede e non dell’oggetto posseduto (“la sua auto” è “his car” se chi possiede l’automobile è un uomo e “her car” se è una donna). È quindi comprensibile che una persona si preoccupi di quale genere suggeriscano i pronomi che sono usati per parlare di lei, e nel mondo anglofono la questione è tanto sentita che è raro trovare su Twitter persone politicamente progressiste che non specifichino quali pronomi vogliono che siano usati per riferirsi loro.

Va anche detto che questo terzo uso (they singolare per persone che non si identificano come uomo o donna) pur essendo coerente con i due usi storici del they singolare incontra resistenze anche nel mondo anglofono, e il they singolare, in generale, pur essendo ormai largamente utilizzato e accettato anche in contesti formali è stato in passato (pure nel recente passato) avversato perché considerato colloquiale. La guida stilistica della testata The Washington Post, aggiornata nel 2015, pur ammettendo l’uso del they singolare per persone che non si conformano al binarismo di genere lo sconsiglia ancora negli altri casi, e invita a provare a “girare intorno al problema” usando espressioni al plurale.

Altri pronomi proposti oltre al they singolare

L’inglese ha già il pronome singolare neutro “it,” ma siccome è più che altro usato per riferirsi a cose o concetti è normalmente considerato piuttosto disumanizzante adottarlo per parlare di persone. In passato, a partire almeno dalla proposta del pronome epiceno (che non distingue in base al genere) “ou” nel 1792, ci sono stati vari tentativi di inventare pronomi di genere neutro in inglese. Parte della comunità queer ha proposto per esempio neopronomi come xe/xem/xyr/xyrs/xemself (piuttosto diffusi) o forme più giocose che trasformano in pronomi nomi di animali o creature anche fantastiche: se il genere è una performance, e i pronomi richiamano il genere, siano allora una performance anche i pronomi, una provocazione contro quello che il genere significa nella società.

Come si parla di una persona non binaria in italiano

L’italiano pone altri problemi, perché il genere interviene nel participio passato che concorre alla formazione dei tempi composti: una donna “è stata” mentre un uomo “è stato,” se incontro un uomo “lo ho incontrato,” ma se incontro una donna “la ho incontrata.” Quindi determinare quale sia il pronome di una persona non binaria non è magari per noi molto importante (io uso “lǝi,” ma ammetto che quello schwa accentato sia particolarmente strano), e comunque quando noi persone non binarie parliamo di noi stessǝ in italiano non usiamo certo questo famigerato “loro.” Usiamo lo schwa, come ho appena fatto io e come ho fatto nel resto dell’articolo, usiamo l’asterisco, usiamo la u, usiamo i normali pronomi maschili e femminili perché non è che il genere di una persona si ferma ai pronomi che usa e il non binarismo di genere è uno spettro complesso, in cui una persona può anche trovarsi a suo agio con l’uso di tali pronomi. A volte scrivo su testate che non ammettono l’uso di sperimentazioni linguistiche, e devo destreggiarmi tra perifrasi se devo parlare di una persona non binaria (o di me stessǝ). Il modo più semplice e sicuro per sapere come una persona vuole che si parli di lei è comunque chiedere.

Continuare invece a tradurre il they singolare inglese con “loro” in italiano non fa che esporre le persone non binarie, già poco capite e poco conosciute, a ulteriori molestie e ridicolizzazioni, all’ennesimo simpaticone che ci chiede se vogliamo che ci sia dato magari del Voi, “come il Divino Otelma.”

Immagine di copertina dal canale Demi Lovato su YouTube.

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Franzc Dereck 23.5.21 - 21:57

Se Molière potesse leggere i nostri commenti scriverebbe un sequel della sua commedia " Le preziose ridicole".

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Anonimo 23.5.21 - 11:54

Assolutamente Matteo. Io per esempio ho compreso e apprezzato il senso del tuo articolo. Purtroppo il commento che leggo qui sopra conferma quanto ho scritto ieri: liquidare questo argomento come "una pippa a due mani" significa ritenere le persone non binarie, che per altro fanno parte della comunità LGBT+, come non meritevoli di ascolto, spazio e attenzione. Ribadisco che, purtroppo, certi maschi gay cisgender non vogliono neanche sentir parlare di linguaggio inclusivo neutro né capiscono perché il maschile sovraesteso/universale è escludente per le persone trans, non binarie e le donne. Tutte le lingue, per fortuna, cambiano, si evolvono insieme alla società, le uniche a non farlo sono quelle morte, quindi i conservatori della lingua italiana (che spesso violentano scrivendo commenti pieni di errori e strafalcioni) dovranno farsene una ragione. In conclusione caro Matteo, "non ragioniam di lor, ma guarda e passa". Personalmente ti ringrazio per questo articolo che ho trovato interessante e utile, sono sicuro di non essere l'unico; è importante che questo tipo di contributo sia presente anche e soprattutto su Gay.it e se qualcuno non lo capisce, peggio per lui!

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Franzc Dereck 23.5.21 - 9:40

Matteo Lupetti , a Monsu' De la Palisse tu fai una pippa a due mani !

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    Matteo Lupetti 23.5.21 - 11:49

    Non capisco, se viene fatto notare che la lingua italiana è cambiata dai tempi di Moravia è una arguta osservazione sull'evoluzione della lingua, se io faccio notare che semplicemente la lingua cambia, sempre, ed è sempre cambiata è una banalità? Dovrebbe essere una banalità, certo, ma eccoci qui a discutere del "la lingua sta cambiando troppo?" sotto un articolo che tra l'altro chiede solo che un'altra lingua venga tradotta correttamente nella nostra. Tradurre correttamente non fa parte di questo modus che dovrebbe stare in queste rebus?

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Anonimo 22.5.21 - 22:19

Caro Matteo lascia perdere, certi maschietti cisgender gay maschilisti, come tizi che hanno commentato qui sopra, non ce la fanno proprio a capire quanto sia importante usare un linguaggio inclusivo e rispettoso nei confronti delle persone non-binarie, trans e delle donne. Incredibilmente si sentono subito minacciati nella loro (fragile) mascolinità e liquidano il tutto con facili ironie grossolane che forse fanno ridere giusto loro. P.S. e lo dico da persona gay cisgender che non si sente certo minacciata dall'uso dello schwa o dell'asterisco, anzi.

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    Matteo Lupetti 22.5.21 - 22:38

    Non credo poi che l'articolo stia imponendo alle persone di usare schwa o asterisco, chiede solo di non tradurre a casaccio lingue che le forme neutre le hanno da secoli.

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gioric70 21.5.21 - 19:46

Amori miei.....ma non si capisce un c...o! Quindi che dobbiamo fare? io tu esso noi voi loro in con su per tra fra ma che stamo a dì? Così proprio no cicciobelli! Io so maschio che va a letto coi maschi....sono lui? o cosa? io so lui punto. Non tergiversiamo daje! ;-)

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    Matteo Lupetti 21.5.21 - 21:27

    Se sei un uomo che va a letto con uomini cosa c'entra la questione del non binarismo di genere? Sei un uomo, cisgenere e gay, userai in inglese i pronomi che vuoi e userai in italiano le forme che vuoi. Il fatto che tu sia un uomo che va a letto con uomini vuol dire che dobbiamo tradurre malamente i pronomi che una persona di un'altra cultura usa per indicare la sua identità di genere?

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valium 21.5.21 - 17:20

A mio personalissimo parere, essendo noi benedetti da una lingua contenente il maschile sovraesteso non dovrebbe essere necessità di ampliare le nostre desinenze e pronomi. Usare un ingestibile ǝ il cui uso non è naturale ma artificiale sarebbe un boomerang per l'inclusione sociale delle persone non binarie. Non me ne vogliano i promotori di asterischi, i quali a mio avviso più perculabili che utili, ma la promozione delle diversità lo si fa più attraverso il dialogo e l'educazione che con i grafemi.

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    Matteo Lupetti 21.5.21 - 18:11

    Le persone non binarie andrebbero quindi tutte identificate con forme maschili?

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    Franzc Dereck 22.5.21 - 21:37

    Come non darti pienamente ragione? Il senso del ridicolo s'è perso ; una vera e propria masturbazione mentale . Vero è che la lingua di Manzoni non è più quella usata da Moravia ma , est modus in rebus !

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