Il servizio sanitario nazionale del Regno Unito ha ratificato la risoluzione adottata dall’amministrazione di Rishi Sunak, stabilendo la cessazione della prescrizione e della distribuzione routinaria di trattamenti farmacologici inibitori della pubertà – come la triptorelina – nei centri specializzati in terapie d’affermazione di genere per lǝ minori.
Secondo quanto riportato nel comunicato rilasciato dall’NHS, la decisione si fonda sulla necessità di acquisire maggiori informazioni riguardanti i vantaggi e i pericoli ad essi associati.
Escludendo quindi i casi inseriti in ambito di studi clinici, bambinǝ e adolescenti transgender e gender non conforming non avranno più accesso a quello che è stato più volte definito dalla comunità scientifica internazionale un “farmaco salva vita” per coloro che non si identificano con il genere assegnato alla nascita.
Il governo ha invece definito l’azione intrapresa una “decisione storica“, secondo quanto riportato da Sky News, sostenendo che essa agisca nell”interesse della salute dei minori“. Secondo Mermaid UK, fondazione per i diritti di bambin* e minori transgender e gender non conforming, si tratterebbe invece dell’ennesima stilettata alla comunità T britannica.
L’NHS ha tuttavia precisato che, in situazioni particolari, i minori di 18 anni potranno ancora accedere ai trattamenti, ma solo “in circostanze straordinarie e su base individuale“, e questa possibilità sarà subordinata all’approvazione di un comitato nazionale composto da un’equipe multisettoriale.
La determinazione non preclude comunque ai minori e alle rispettive famiglie la possibilità di accedere ai farmaci bloccanti la pubertà attraverso altre vie – e quindi pagando.
Nel 2025 sarà previsto l’avvio di un ampio studio clinico da parte dell’NHS per valutare l’impatto dei bloccanti, così da poter disporre di basi scientifiche più solide per dimostrarne l’efficacia.
Entro la fine dell’anno è inoltre prevista nel Regno Unito l’apertura di quattro nuove cliniche regionali, le quali prenderanno il posto del Gender Identity Development Service di Londra, precedentemente l’unico centro specializzato di questo genere in Inghilterra ed ormai oberato dalla crescente richiesta.
I recenti risvolti sembrano quindi rappresentare “una misura temporanea” – come confermato dallo stesso NHS – destinata a essere oggetto di future valutazioni.
I farmaci bloccanti della pubertà sono pericolosi?
Gli inibitori ormonali sono farmaci che interrompono lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie, come la crescita dei peli, il cambiamento della voce e lo sviluppo delle ghiandole mammarie, che normalmente si verificano durante la pubertà.
Agiscono quindi sospendendo temporaneamente e reversibilmente l’azione degli ormoni sessuali (estrogeni e testosterone) per ritardare i cambiamenti fisici che non corrispondono all’identità di genere della persona.
Nel contesto della transizione di genere, i bloccanti offrono di fatto allǝ bambinǝ e adolescenti transgender e gender non conforming un periodo di riflessione prima di intraprendere decisioni irreversibili legate alla transizione fisica.
Consentendo di posticipare lo sviluppo di caratteristiche sessuali indesiderate, questi farmaci servono ad alleviare l’incongruenza di genere nei giovani e migliorare il benessere psicologico – andando ad arginare gli effetti devastanti dell’incongruenza di genere nei minori tra cui depressione, ansia e ideazioni suicidarie.
Effetti oggetto di studio sin dagli anni 80’, e su cui buona parte della comunità scientifica internazionale concorda – compresa quella italiana, che nell’ambito della vicenda che a inizio anno coinvolse il centro terapeutico per l’affermazione di genere dell’ospedale Careggi lo confermò in un comunicato firmato da diversi ordini sanitari – tra cui endocrinologi e pediatri.
È importante infatti sottolineare che l’uso di questi farmaci è attentamente monitorato da equipe di professionisti sanitari specializzati, e viene considerato solo dopo un’accurata valutazione.
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