Scozia, donna trans accusata di stupro e rinchiusa in un carcere femminile: si riapre il dibattito sull’autodeterminazione

Il caso di Isla Bryson ha sollevato preoccupazioni su più fronti per la proposta di legge della Scozia

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Un caso giudiziario ha nuovamente diviso l’opinione pubblica scozzese, e non solo, circa la proposta di legge sull’autodeterminazione di genere che il governo della Scozia ha presentato e il governo inglese di Rishi Sunak ha provato ad affondare. Le preoccupazioni espresse dai detrattori della legge riguardavano principalmente “problemi di sicurezza per donne e bambini”, immaginando un ipotetico caso in cui qualcuno avrebbe potuto sfruttare l’autodeterminazione per compiere abusi o violenze.

Ora, però, anche politici, attivisti e Reem Asalem, relatore speciale delle Nazioni Unite, hanno espresso le stesse preoccupazioni dopo lo scorso martedì una sentenza dell’Alta Corte di Glasgow ha post fine a un caso giudiziario iniziato nel 2019. Il risultato, tuttavia, ha scatenato più polemiche che altro. L’imputata del processo è Isla Bryson, dichiarata colpevole per due capi d’accusa di stupro. In attesa della sentenza definitiva prevista per fine febbraio, Bryson è stata mandata in custodia cautelare nel carcere femminile di Cornton Vale, dove rimarrà in isolamento.

È qui che si snoda l’arcano per cui il caso di Isla Bryson sta facendo il giro del mondo: quando venne arrestata nel 2019 e comparve per la prima volta in tribunale, il giudice e le vittime la conoscevano con il nome di Adam Graham. Al tempo il pubblico ministero aveva definito Graham un predatore di donne vulnerabili, dopo aver appreso che le due vittime nel 2016 e nel 2019 erano state adescate online.

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Il caso di Isla Bryson ha riacceso il dibattito sull’autodeterminazione. Fonte: Reddit

Ebbene, poco dopo l’arresto, Adam Graham ha iniziato un percorso di transizione che continua ancora oggi con la terapia ormonale, in attesa dell’approvazione per l’intervento di riassegnazione del sesso. Da qui la decisione di mandare Isla Bryson in un carcere femminile.

La decisione della Corte di Glasgow ha suscitato polemiche e indignazione su più fronti. Anche il relatore delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazioni circa la presenza di una donna transgender accusata di stupro in un carcere femminile e ha dichiarato che la riforma sull’autodeterminazione voluta dalla Scozia potrebbe permettere a “uomini violenti” di usare questo processo a loro vantaggio.

Si tratta, fondamentalmente, delle stesse rimostranze presentate da tutti i politici che fin da subito si sono opposti alla nuova legge sull’autodeterminazione e che ora descrivono questo caso come la riprova di quanto era stato discusso nelle sedute del Parlamento. Intervistato dalla BBC, il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon, intervistata da BBC, ha scelto invece di porre l’accento sulle politiche del sistema carcerario: «Il nocciolo della questione è che non vi è alcun diritto automatico per una donna trans condannata per un reato di andare in una prigione femminile».

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Nicola Sturgeon, primo ministro scozzese. Fonte: Flickr

A Sturgeon ha fatto eco Russel Findlay, portavoce per la sicurezza dei Conservatori Scozzesi, che ha chiesto l’immediata pubblicazione dell’attesa revisione sulle politiche riguardanti detenutə transgender da parte dello Scottish Prison Service; revisione che, stando agli ultimi sviluppi, è stata annunciata per i prossimi mesi, dopo essere già stata rimandata diverse volte. Findlay ha poi sottolineato come martedì, in tribunale, sia stato «traumatico e umiliante sentire il loro brutale aggressore chiamato ‘lei’ in tribunale».

Riguardo la detenzione di Isla Bryson nel carcere femminile, un portavoce dello Scottish Prison Service ha commentato spiegando come, al di là delle implicazioni politiche della vicenda, tutti i detenuti vengono sottoposti ad attenti controlli e valutazioni con psicologi ed assistenti per determinare l’effettivo rischio che potrebbero rappresentare per gli altri detenuti. Lo stesso, precisano, è avvenuto con Isla Bryson: «Laddove vi siano preoccupazioni su eventuali rischi posti da un individuo, sia per sé stessi che per altri, manteniamo la possibilità di tenerli separati dalla popolazione tradizionale fino a quando non sarà in atto un piano di gestione concordato».

Comunque la si pensi su questa vicenda su cui è persino difficile schierarsi, il caso di Isla Bryson ha riacceso un dibattito che nelle ultime settimane ha letteralmente diviso l’opinione pubblica britannica – e anche oltremare – e ora minaccia di farlo nuovamente.

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