OMS, le nuove linee guida raccomandano un approccio più inclusivo per la comunità LGBT+ in ambito sanitario

"Tutti i Paesi dovrebbero dare priorità al sostegno di questi gruppi chiave fornendo loro servizi equi, accessibili e accettabili".

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Le evidenze scientifiche dell’OMS dimostrano un grande divario nella qualità dell’offerta in ambito sanitario verso le persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+ e – in particolare – per le persone transgender.

Le cause principali sono da riscontrarsi nei diversi episodi di discriminazione e nella spersonalizzazione dei trattamenti, che spesso spingono le minoranze ad evitare visite e controlli di routine.

Proprio dall’osservazione di questo fenomeno sono arrivate, negli scorsi giorni, le nuove raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha deciso di aggiornare le vecchie linee guida ed esortare il personale sanitario a personalizzare gli approcci a seconda delle malattie prevalenti per la comunità LGBTQIA+, nonché indicazioni su come alleviare fino a eliminare le barriere sociali e strutturali che, fino ad oggi, si sono poste come un concreto ostacolo all’accesso alle cure e ad altri servizi essenziali.

L’OMS rileva statistiche preoccupanti in ambito di assistenza sanitaria per le minoranze

Le nuove raccomandazioni dell’OMS derivano da un attento studio che mette in relazione la comunità LGBTQIA+ e i servizi sanitari, da cui, purtroppo, non è stato rilevato niente di buono.

La statistica più preoccupante è forse quella che riguarda le persone transgender e gender non conforming: secondo due sondaggi – uno rivolto agli assistiti e uno agli oncologi – il 71% non si è mai sottoposto a un programma di screening anti-cancro.

Le persone transgender non hanno accesso a informazioni adeguate sulla propria specifica condizione, e quindi non sanno a chi rivolgersi per ottenere un approccio specifico.

Il dato ancora più preoccupante è che il 53% degli intervistati ritiene che l’identità di genere possa avere una correlazione con specifiche patologie oncologiche, ma sceglie comunque di non affidarsi a un servizio sanitario che – nel 32% dei casi – si dimostra discriminatorio e poco inclusivo.

Da parte degli oncologi, solo il 46,2% ammette di operare in un sistema sanitario poco accogliente verso le minoranze, e solo il 18,4% dichiara aver assistito a episodi discriminatori tipo da parte dei colleghi.

La lotta allo stigma nell’assistenza sanitaria

Fino al 2019, tutto ciò che usciva dai rigidi canoni del binarismo – tra cui anche il “transessualismo” – era considerato come una malattia mentale e comportamentale. Vedasi la dicitura “disforia di genere”.

Il che non ha fatto altro che gettare benzina sul fuoco dello stigma già consolidato verso la comunità LGBTQIA+ da parte del sistema sanitario.

La svolta epocale, arrivata appunto con l’aggiornamento dei termini medici nel 2019, è stato solo il primo passo in un lungo percorso ancora da compiere per arrivare a un ambiente egualitario in ambito sanitario per le persone transgender e gender non conforming.

Anche perché il divario esiste ancora: si parla comunque di una “questione di salute sessuale” in termini di “incongruenza di genere” per definire il malessere percepito da chi non si riconosce nel proprio sesso biologico – quindi il binario M e F.

Tutto ciò che sta al di fuori dal canone del sesso biologico è ancora considerato come “malattia”, anche se l’inclusione di queste casistiche nei manuali ICD oggi riesce a garantire un’assistenza sanitaria più o meno completa anche alle persone gender non conforming.

Il dettaglio nuove linee guida dell’OMS

Le nuove linee guida 2022 dell’OMS vanno di fatto ad aggiornare quelle del 2016 prendendo come riferimento l’approfondito studio condotto in collaborazione con diversi partner a livello globale.

Il che, ha aiutato a raggruppare diverse popolazioni che presentano incidenze pressoché di egual livello in ambito di HIV ed epatite virale, andando a sviluppare indicazioni sulla prevenzione, la diagnosi, il trattamento e la cura delle popolazioni chiave.

Il documento si concentra su cinque diversi gruppi di popolazione che vengono correlati tra di loro secondo l’indicatore di rischio nel contrarre HIV, epatite virale e altre malattie sessualmente trasmissibili, ovvero:

  • uomini che hanno rapporti sessuali con uomini
  • persone transgender e di genere diverso
  • prostitute
  • consumatori di droghe iniettabili
  • persone nelle carceri e in altri ambienti chiusi

Le popolazioni in questione, secondo i rilevamenti, sono quelle più discriminate dal sistema sanitario, e che corrono più il rischio d’incorrere in episodi di discriminazione, ma anche di malasanità a causa di approcci non adeguati. Il che, scoraggia i soggetti dal prendersi cura della propria salute.

Tutti i Paesi – affermano le Linee guida – dovrebbero dare priorità al sostegno di questi gruppi chiave fornendo loro servizi equi, accessibili e accettabili“.

L’OMS esorta i professionisti sanitari a variare i propri approcci a seconda dell’identità di genere

Nelle nuove linee guida è possibile individuare pacchetti prioritari di interventi rivolti a ciascuna popolazione tra quelle elencate in precedenza. Specialmente nel caso delle persone transgender e gender non conforming.

Nel documento, l’OMS esorta i professionisti sanitari a personalizzare maggiormente gli approcci a seconda delle esigenze, nonché di pianificare nel dettaglio anche la cura della componente psicologica ed emotiva degli assistiti appartenenti alle minoranze.

Gli elementi che fanno parte dell’inserimento sociale dell’individuo sono infatti da non trascurare, e vanno considerati a 360°.

La qualità del servizio sanitario per le minoranze dipende soprattutto dalle politiche istituzionali

Naturalmente, l’aggiornamento delle linee guida non può essere implementato in quei paesi che – ancora oggi – adottano leggi, politiche e pratiche discriminatorie in generale verso la comunità LGBTQIA+ e le altre minoranze.

Per superare i preconcetti antiquati, tuttavia, è necessaria una collaborazione interdipendente tra le istituzioni e i professionisti della sanità. In concreto, gli esperti di AIOM hanno spiegato:

Per migliorare la qualità dell’assistenza delle persone trans e di genere diverso è necessario implementare la formazione dei professionisti, investire in campagne istituzionali per proteggere questi cittadini da ogni forma di discriminazione basata sull’identità di genere e prevedere studi clinici che li includano, considerando le loro specifiche esigenze“.

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