I film da vedere e non: Clint Eastwood resta “L’invincibile”

In sala il solido "Invictus" con Matt Damon e Morgan Freeman ma anche l'orsone depresso del laconico road movie norvegese "Nord". Evitate pure la scialba commediola "Che fine hanno fatto i Morgan?".

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4 min. di lettura

INVICTUS – L’INVINCIBILE di Clint Eastwood con Morgan Freeman, Matt Damon, Marguerite Wheatley (133′)

Da vedere perché: per l’invincibile regia del grande Eastwood e due ottimi protagonisti.
Contro: una retorica agiografica a tratti troppo enfatica.

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Chi ama Matt Damon lo ritroverà in gran forma – fisicamente e artisticamente – in questo solido kolossal del grande Eastwood tratto dal romanzo di John Carlin ‘Ama il tuo nemico’ e ispirato a una storia vera: nel 1994 Nelson Mandela viene eletto presidente del Sudafrica, quattro anni dopo la sua liberazione costatagli 27 anni di carcere. Per riunificare lo spirito della nazione, Mandela investe sugli Springboks, la nazionale di rugby composta da Afrikaner e invisa ai neri, fraternizzando col suo capitano François Pienaar. Conquisterà contro ogni previsione la Coppa del Mondo in una leggendaria finale contro i maori All Blacks.
Spettacolari le adrenaliniche scene dei match in campo: i giocatori sembrano tori furenti e scattanti, lo spirito di squadra trionfa tra sangue e sudore (sì, si vedono gli spogliatoi in un paio di scene – ahimé – decisamente caste!), Eastwood rende appieno la grandiosità epica dello sport come simbolo eloquente di una rivalsa sociale. Nelson Mandela non poteva non essere Morgan Freeman che ha fortemente creduto in questo progetto, finanziandolo: l’identificazione fisica e spirituale è impressionante. Insieme a Matt Damon, tra una settimana, concorrerà al Premio Oscar.
Unico punto a sfavore, una certa retorica agiografica che rende alcuni passaggi un po’ troppo enfatici.

NORD di Rune Denstad Langlo con Anders Baasmo Christensen, Kyrre Hellum, Marte Aunemo (78′)

Da vedere perché: per l’orsone protagonista, l’umorismo acre alla Kaurismaki e gli incantevoli scenari naturali.
Contro: una laconicità forse eccessiva.

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Un piccolo, laconico, delizioso film d’essai norvegese su un ex campione di sci depresso, impiegato come addetto a uno skilift isolato, che decide di percorrere 890 chilometri di lande nevose in motoslitta per raggiungere l’ex fidanzata da cui ha avuto un figlio. Durante il tragitto fa incontri bizzarri, quali un ragazzino finto omofobo probabilmente gay che si sballa in maniera insolita e creativa con strani tampax imbevuti di alcol appiccicati in testa e un eremita della tribù Sami che vive in un tepee legato a una catena.
Se vi intrigano le atmosfere sospese condite di umorismo acre e stralunato alla Kaurismaki e andate pazzi per il genere ursino – il protagonista Anders Baasmo Christiansen è un bell’esemplare di white bear – questo è il film che fa per voi, a patto che entriate nei ritmi pacati e silenziosi di un road movie minimalista tipicamente scandinavo. Sotto il ghiaccio, però, brucia il desiderio di riscatto vitale (e non a caso la fiamma è una delle simbologie ricorrenti). Scenari naturali di incantevole splendore.

CHE FINE HANNO FATTO I MORGAN? di Marc Lawrence con Sarah Jessica Parker, Hugh Grant, Mary Steenburgen (103′)

Da vedere perché? Solo se ultrafan di Sarah Jessica Parker e Hugh Grant
Contro: Sceneggiatura fiacca e Hugh Grant smorfiosamente gigione

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Scialba commediola pseudo-romantica incapace di sfruttare sia l’attrattiva easy glam di Sarah Jessica Parker (qui c’è solo ‘The City’, New York, artificiale e sfavillante come non mai, ma manca del tutto il ‘Sex’) sia la riluttanza sorniona di Hugh Grant. Lei è l’agente immobiliare più in di Manhattan, lui un avvocato di grido: sono separati ma lui vorrebbe riprovarci dopo una scappatella di cui si pente. L’occasione per stare di nuovo insieme si presenta quando assistono involontariamente a un omicidio. Vengono inseriti in un programma di protezione dell’FBI e spediti in gran segreto in un paesino sperduto nel boschivo Wyoming, Ray, dove mal faticano ad abituarsi ai ritmi country tra rodeos e orsi ruggenti.
Sceneggiatura fiacca e inconcludente, dialoghi ben poco oliati con Hugh Grant gigione che accumula smorfie contratte come neanche in ‘Quattro matrimoni e un funerale’. Che fine ha fatto la genuina commedia brillante americana?

AMABILI RESTI di Peter Jackson con Mark Wahlberg, Saoirse Ronan, Stanley Tucci (135′)

Da vedere perché: per l’avvincente parte thriller con un inquietante Stanley Tucci
Contro: la parte onirica col limbo fantasy è naif e irrisolta.

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L’acclamato regista de ‘Il signore degli Anelli’ sembra essere rimasto prigioniero in una sorta di ‘Cielo di mezzo’ esattamente come la protagonista di questo dramma onirico, Susie, ragazzina relegata in un limbo fantasy da cui cerca di comunicare con i suoi parenti dopo essere stata assassinata da un maniaco che l’ha fatta franca: la parte thriller più realista avvince e funziona (perfettamente inquietante Stanley Tucci, direttore creativo gay in ‘Il diavolo veste Prada’) mentre l’universo colorato in cui staziona l’anima della protagonista è piuttosto naif  e irrisolto. Sottoutilizzata la divina Susan Sarandon nel ruolo della nonna decisionista. Tratto dall’omonimo romanzo bestseller di Alice Sebold, in Usa ha incassato una quarantina di milioni di dollari: per Jackson un vero flop. 
Amabile a metà.

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