Al Filmmaker Festival di Milano è stato presentato ieri, Transgender Day of Remembrance per commemorare le vittime dell’odio e del pregiudizio verso le persone transgender, A Norma, documentario di
Carlotta Cosmai, Pedro Pablo HdeO, Maryam Shater e Michela Zolfo con protagonista una donna trans peruviana.
La ricerca di una “creatura favolosa” che si narra esistere nelle acque del lago di Como ha condotto i quattro registi a conoscere la storia di Norma, prostituta trans, donna che rappresenta un tabù nella società in cui viviamo. Ha così inizio un viaggio verso la decostruzione dei nostri desideri, aspettative e pregiudizi, in una riflessione sul concetto di femminilità. L’immaginario degli autori ha incontrato e dialogato con la realtà e i ricordi di Norma: il suo passato in Perù, l’inizio del percorso di accettazione di sè, e la sua lunga trasformazione ancora in divenire.
40 minuti di durata per conoscere Norma attraverso un linguaggio immaginifico. Cosmai, HdeO, Shater e Zolfo si soffermano sui piccoli particolari, sulle sfumature di un volto e di un corpo, di una casa che è il suo intero universo, in cui lavorare, vivere, costruirsi e indossarsi. La ricerca di una “creatura favolosa”, metafora delle proiezioni (e pregiudizi) sui temi-tabù di questo film, ha incontrato la quotidianità di Norma, che ha letteralmente aperto la porta sulla sua vita, invitando gli autori del doc in un percorso di graduale disvelamento di frammenti del suo passato-presente.
Utilizzando uno sguardo “intimo”, i 4 registi hanno voluto restituire un ritratto di Norma, della sua trasformazione ancora in atto, dandole la possibilità di raccontare la sua adolescenza, il suo primo impatto con un uomo molto più grande di lei quando era poco più che adolescente, l’arrivo in Italia con mille dubbi e paure, la scoperta della prostituzione, il fascino dell’uomo italico che da subito la conquista, il sorprendentemente felice coming out con sua mamma e le paure di un intervento tanto invasivo, a tal punto da rischiare di mettere in discussione il proprio piacere. Dovendo soppesare tra l’orgasmo eventualmente perduto e il continuare a guardare un corpo che non sente suo, Norma ha intrapreso la strada dell’irreversibilità, che nel suo caso voleva dire felicità.
“Io sono stata bambino, ragazzino, ragazzo, poi sono stata ragazzo effeminato, travestito, trans masculina, trans femminile, trans super femminile, operata e ora operata vecchia”, sottolinea divertita Norma, nel raccontare mille vite in una, con quell’ansia costante di dover sempre apparire iper femminile che non l’abbandona mai. “Non posso mai abbassare la guardia, devo stare sempre nel personaggio, non sono sicura di me stessa”, confessa Norma, che lavora con il proprio corpo, da lei chirurgicamente modellato eppure sempre costantemente sotto la sua stessa lente d’ingrandimento, perché un tempo “brutto anatroccolo” poi rinato cigno. Insicurezze dettate dagli sguardi altrui, dalla mancata accettazione, dai giudizi segnati da preconcetti e odio nei confronti di una comunità intera che caratterizzano la società odierna.
“Ciò che conta per noi è rappresentare la fluidità di un percorso, il “trans-”, cioè un passaggio oltre un termine, l’attraversamento, il mutamento da una condizione all’altra“, hanno sottolineato gli autori, riusciti ad entrare nel privato di una donna “complessa”, orgogliosamente libera e fuori dalla Norma.
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