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Abbiamo parlato con Marco Marras, il ragazzo che ha sfidato Meloni: non sto con lei

Chi mi conosce sa che al liceo ero out da sempre. Sempre detto di essere gay e nessun partito mi rappresentava.

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marco marras ragazzo lgbtq giorgia meloni cagliari 3 settembre 2022 fratelli d'italia
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Siamo a Cagliari,  Giorgia Meloni è appena salita sul palco in piazza del Carmine, improvvisamente viene avvicinata da un giovane con la bandiera arcobaleno che le chiede di garantire i diritti delle persone Lgbt+.

Chi è? Da dove arriva? Come ha fatto a superare il cordone di polizia che sempre accompagna l’ex ministra alle politiche giovanili? È forse posticcia, come sta commentando qualcuno sui social, la messa in scena della leader di Fratelli d’Italia che ha “dialogato” con “l’attivista Lgbt”?

Intanto è lì. Ed è certamente figlia dello spirito del tempo che viaggia sul modello di un attivismo performativo, vuoto.

Quello che si è sviluppato negli ultimi anni: quello delle coppie che si baciano durante i selfie di Salvini, ad esempio. Una modalità individualista che non sta nelle pratiche dell’attivismo, quella di chi pensa che da soli si può manifestare il dissenso parlando a nome di tutti.  Chi pratica o conosce il movimento di liberazione sa ed è consapevole che l’attivismo non è mai, in nessun caso, una questione individuale. A maggior ragione se si regge una bandiera, quella bandiera arcobaleno che da decenni rappresenta le lotte e il coraggio di una comunità.

Marco Marras classe 1998 non rilascia dichiarazioni: «Ho scritto un post completo sul perché del mio gesto. La ringrazio per l’attenzione». Dichiara comunque.

Però si sfoga: «Voglio dichiarare che sono una persona pacifica e che con gli scontri non c’entro nulla ho agito da libero cittadino che voleva esprimere politicamente un’opinione». Eppure basta riguardare il video. La scena è chiara: Giorgia Meloni ha in mano il microfono, lui biascica qualcosa stringendo una bandiera rainbow: giustamente, il comizio era suo. Chiosa.

Mentre tra i commenti social serpeggia la voce: sarebbe in realtà un militante di Fratelli d’Italia sin dai tempi del liceo. Smentita: chi mi conosce sa che al liceo ero out da sempre. Sempre detto di essere gay e nessun partito mi rappresentava, come nessuno mi rappresenta per il voto del 25. Se uno crede ai partiti gli rispondo: beato te.

Ma è il post a infastidire la comunità, non questa disillusione verso la politica, i modi e i toni. Quel “Ringrazio la leader Giorgia Meloni”:  l’ho ringraziata per avermi concesso un confronto e poi ho tolto il disturbo. Sono per la manifestazione non violenta. Seguo l’esempio di Marco Cappato. Sul fatto che mi hanno schernito e insultato non importa. Chi insulta si manifesta per quello che è. 

Non è chiaro nulla. Non si comprende se da quella piazza Meloni sia riuscita a convincerlo oppure no. Ma non mi ha convinto. Resta una conservatrice. Volevo solo che il mio gesto fosse una dimostrazione che è possibile dissentire nei limiti della buona educazione.

Forse è questo il problema di questa nuova ondata di attivismo che pervade le nostre vite, forse è questo pensiero che basta abbassare i toni per essere ascoltati, restare fermi e immobili, salvo rendersi conto da quel posto non ci si è mai mossi. I quotidiani locali sardi riportano una denuncia per turbativa del comizio elettorale. Ma Marras risulta solo identificato.

Alla fine Giorgia Meloni non lo ha convinto: ha idee sbagliate. Le persone possono cambiare ma lei è troppo fedele alla sua ideologia, dice, gli premio la coerenza ma il mio mondo è diverso mi sento più vicino a Marco Cappato.

Lo ripete spesso, ma tra i due mondi la distanza resta siderale. Marco Cappato, radicale non (più) per tessera, cinque arresti o fermi per disobbedienza civile, un processo che ha rivoluzionato la disciplina sul suicidio assistito, non direbbe mai grazie alla polizia. A questa obiezione Marras è granitico: avrebbero potuto fermarmi in sei agenti e invece lei ha voluto parlare con me. 

Marras dice che non lascerà l’Italia come ha annunciato sul palco in caso di vittoria di Giorgia Meloni. Resisterà, dice, bacerà ragazzi in pubblico e gli terrà la mano: io non sono sbagliato.

Al post pubblicato, poche ore dopo aggiunge un post scriptum: comunque signora Meloni i cambiamenti si possono frenare ma saranno inevitabili e in Italia in futuro potrà sposarmi e adottare

Marco è semplicemente un ragazzo con una sua visione del mondo. Non sembra un fantoccio e neanche una controfigura. Abbandoniamo i retroscena perché poi si sa: dietro ogni sospetto c’è una cattiva intenzione. Però qualcosa dentro questa storia di sbagliato c’è.  Senza mai generalizzare, che è sempre un’insidia, ma parlando con Marras si ha come l’impressione che -lui come tanti- sia figlio di un tempo sordo.

Un tempo in cui tutti parlino più di quanto ascoltino, e tutti vogliano essere guardati, più che guardare.  Nella storia pubblicata scrive: “Non sono un attivista. Non partecipo a nessun partito o associazione”. Mi sembra preciso: la fine di tutto, appunto. La fine della politica che offre un posto alle nuove generazioni, delle associazioni capaci di raccogliere le migliori energie, dei piedi per riunirsi e protestare sì, ma insieme, del fare comunità. La fine del buon senso.

 

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