Biancaneve si salva da sola, senza nani né principe

Nei nuovi adattamenti delle fiabe classiche l’amore va in vacanza, se non addirittura in sciopero.

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La primavera del prossimo anno vedrà nelle sale l’uscita del nuovo, attesissimo live-action Disney: Biancaneve e i Sette Nani. Ad interpretare il ruolo della principessa più bella del reame ci sarà Rachel Zegler, protagonista impeccabile del magnifico West Side Story di Steven Spielberg. Nei panni della perfida matrigna, invece, troveremo Gal Gadot. La sceneggiatura è firmata da Greta Gerwig e la regia è affidata a Marc Webb. Il cast è a mio avviso perfetto. La scelta di scritturare Zegler, ottima attrice teatrale e giovane promessa di Hollywood dall’ugola d’oro, è quanto mai azzeccata. In più, vedere un’attrice di origine latina guadagnarsi un ruolo così iconico e importante è senza dubbio un grande passo in avanti nell’industria cinematografica statunitense. Tuttavia, Zegler è recentemente finita sotto l’occhio del ciclone a causa di alcune dichiarazioni in merito ai cambiamenti di sceneggiatura effettuati nel remake. L’attrice ha rivelato che la sua Biancaneve non verrà più salvata da un principe e che la storia si centrerà nel suo desiderio di diventare una leader politica. Ha inoltre aggiunto che non ci sarà enfasi sulla storia d’amore, in quanto il principe del classico d’animazione del 1937 è, a detta sua, “letteralmente uno stalker”. Queste forti esternazioni hanno fatto infuriare il web e tantomeno sono andate a genio alla casa di Topolino.

Come accade per ogni tema complesso, il discorso si è polarizzato in due fazioni. C’è chi sostiene che svecchiare un film di 86 anni fa sia una giusta decisione, e chi invece accusa il live-action di aver dissacrato la materia classica. Dov’è la verità? La risposta ce la dà Aristotele, con il suo famoso detto: “la virtù sta nel mezzo”. Credo che creare una versione in carne e ossa di un film d’animazione, per di più al giorno d’oggi, sia un’ottima opportunità. È un’occasione preziosa di narrare una fiaba intramontabile come quella di Biancaneve, adattandola a una sensibilità sociale contemporanea. Dopotutto, ogni prodotto è figlio del suo contesto storico, perciò alcune modifiche sono totalmente sensate e necessarie. Ciò nonostante, dovremmo parlare di piccole aggiunte e non di terribili omissioni. Se l’intenzione è quella di produrre un remake di un leggendario classico, si dovrebbe mantenere una certa fedeltà alla fonte originale. Il fatto di rimuovere la figura del principe e anche dei nani non è cosa da poco. Come si può evincere da alcune immagini ufficiali circolate online, i sette nani sembrerebbero essere stati rimpiazzati da un gruppo eterogeneo di creature magiche. Parlando dell’elefante nella stanza, eliminare dei personaggi con microsomia da una storia che li vede coprotagonisti è una scelta tanto incoerente quanto altamente discriminatoria verso le persone affette da acondroplasia. L’indignazione dei fan di tutto il mondo è perciò comprensibile e giustificata.

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Pic by Fulvio Ruggiero, Pinterest (Fan Art).

Ad ogni modo, la riflessione di questo articolo intende prendere una direzione diversa, toccando punti differenti. Iniziando dal concetto di live-action, è bene tenere a mente che questi film sono frutto di una strategia di marketing denominata “operazione (o effetto) nostalgia”. Di conseguenza, sono prodotti che puntano a un pubblico già ‘vecchio’ per assicurarsi i biglietti al botteghino. Non parlano alle nuove generazioni, ma a quelle che sono cresciute con l’indimenticabile classico d’animazione e vogliono tornare bambini, rivivendo le emozioni del passato di fronte alle immagini della nuova pellicola. Proprio per questo, il rispetto verso il materiale di partenza dovrebbe essere ulteriormente garantito. In aggiunta, l’azione di modernizzare una fiaba antica dovrebbe intraprendersi con estrema cautela. Non perché sia qualcosa di sacro e intoccabile, ma perché se si alterano gli elementi cardine di una fiaba, quest’ultima ne esce snaturata.

Le fiabe appartengono al piano della fantasia, non a quello della realtà. Hanno altri codici. Possiedono un linguaggio che si ascrive all’arte poetica in quanto metaforico e allegorico. In altre parole, i racconti dell’infanzia vanno interpretati, non presi alla lettera. Rendere una fiaba realistica per darle un trasfondo forzatamente contemporaneo, fa sì che la stessa fiaba smetta di essere tale, poiché va a perdere quei componenti prototipici che caratterizzano il genere letterario. È ovvio che, ad esempio, nella vita vera nessuno è buono o cattivo in toto. Ciò nonostante, la fiaba deve mostrare il mondo in modo schematico, rigido e semplificato, poiché è una narrazione pedagogica che permette ai bambini di comprendere la loro esistenza. Come sottolinea la sociologa Marina D’Amato, non solo l’amore del principe verso Biancaneve non ha nulla a che vedere con la molestia, ma soprattutto il suo bacio (che ricordiamo viene dato come gesto d’addio all’amata che egli crede defunta) ha una simbologia molto precisa:

Biancaneve viene svegliata non con una botta in testa ma con un bacio. Credo che ogni fiaba rappresenti un perché profondo del nostro inconscio e in questo caso è l’amore che risveglia da una morte, che può essere la depressione, che può essere una mancanza, che può essere una tristezza, che può essere qualunque cosa di doloroso che fa socchiudere gli occhi e invece gli occhi si riaprono nel momento in cui un’altra persona, standoci accanto e dimostrando affetto, ci libera da quell’incubo.

Biancaneve si salva da sola, senza nani né principe - bacio Biancaneve - Gay.it

E qui passiamo all’ultima riflessione. Come mai la Disney si sta allontanando sempre di più da quel tipo di narrazione che ha contraddistinto le sue impareggiabili produzioni fin dagli esordi? Sembra che alle principesse moderne, al fine di mostrarsi forti, non venga più concesso di innamorarsi. Come se l’amore di coppia rendesse deboli o automaticamente succubi. Nei nuovi adattamenti delle fiabe classiche, dunque, l’amore va in vacanza, se non addirittura in sciopero. È sicuramente giusto far passare il messaggio che l’interesse amoroso non è il tratto unico e distintivo di un personaggio femminile. Così come è molto positivo mostrare diversi tipi di ambizione o relazioni d’affetto, quali l’amicizia e la sorellanza (vedi Frozen). Tuttavia, innamorarsi di un principe non deve essere ritenuto sbagliato o negativo. Non c’è nulla di male nel chiedere aiuto o nell’essere talvolta salvati da qualcuno. La chiave non sta nel ‘cosa’, ma nel ‘come’. Tutto dipende dal contesto della storia e dal modo in cui le azioni vengono ritratte. È la ripetitività del modello che può macchiarsi di problematicità, non la sua origine. Vale a dire, se si rappresenta sistematicamente una donna in disperato bisogno di essere riscattata, il messaggio che può essere trasmesso è che non esiste per lei nessun’altra dimensione al di fuori dell’essere salvata. Come conseguenza, la narrazione della donzella in pericolo si trasforma in uno stereotipo limitante e soffocante.

La soluzione, per tanto, è moltiplicare i modelli, senza però imporne uno sugli altri o rinnegare quelli esistenti. Va benissimo portare sullo schermo una Biancaneve intenzionata a guidare il suo popolo. Ma allo stesso tempo, tacciare l’amore di coppia come “datato” (aggettivo usato proprio da Zegler) risulta alquanto errato. Non solo perché, parafrasando Freud, l’amore è la benzina della vita; ma soprattutto perché la vera morale da lasciare ai posteri dovrebbe essere la seguente: l’autodeterminazione personale non è in contraddizione con l’amore romantico. I due aspetti non si escludono a vicenda. Volere qualcuno al proprio fianco non è sinonimo di passività e non mina in alcun modo l’autonomia individuale. Cerchiamo quindi di uscire da un binarismo radicale che vede schierate da un lato le eroine e dall’altro le principesse. Ciò che conta davvero è che ai più piccini venga insegnato che entrambe le opzioni sono possibili, legittime e conciliabili tra loro. Una principessa può essere una grande regnante pur sognando una storia d’amore. In conclusione, approfittiamo di questi mesi d’attesa per rispolverare il capolavoro del 1937 e riapprezzare la magia del primo lungometraggio animato nella storia del cinema. È cosa buona e giusta ripulire una fiaba del passato. L’importante è che lo smacchiatore usato non vada a togliere il colore a quegli elementi che possono in realtà coesistere pacificamente.

Fonti:

Etica Nicomachea, Aristotele (ed. 2000)

https://www.magzine.it/disney-sotto-attacco-fiabe-poco-femministe/

https://www.youtube.com/watch?v=9tyxeuN4hBo&t=11s

https://www.youtube.com/watch?v=2RVg3yetTE4

Foto:

© Fulvio Ruggiero, Pinterest (Fan Art)

© Snow White and the Seven Dwarfs (1937), Walt Disney Animation Studios

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© Riproduzione riservata.

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