Avvocato e attivista LGBT, Cathy La Torre è finita sotto i ferri per ridurre il proprio seno, ma non per scopi medici, bensì perché “le mie forme molto femminili non corrispondevano alla mia identità non binaria“. A parlarne apertamente dal letto d’ospedale la stessa Cathy, con LaRepubblica. 41 anni, Cathy La Torre ha precisato di non sentirsi a proprio agio “né con la definizione di maschile né con quella di femminile. Il mio corpo, il mio grande seno, mi facevano stare male, così ho preso questa decisione“.
La decisione di intervenire chirurgicamente ha preso forma a inizio settembre, quando La Torre è comparsa sul tappeto rosso della Mostra del Cinema di Venezia. All’epoca Cathy indossò un abito elegantissimo, scollato, sul red carpet di Madres Paralelas, film di Pedro Almodovar. “Mi sono sentita a disagio e questa sensazione mi ha ricordato un problema che mi portavo dietro da vent’anni. La mia difficoltà nel sentirmi rappresentata da un corpo prosperoso e femminile. Non ho tolto del tutto il seno, l’ho ridotto alle dimensioni “androgine” che mi si attagliano. Non è un intervento medico ma quello che serve per farti stare bene è un contributo al benessere della persona“.
Ed è qui che Cathy ha capito l’importanza della visibilità, a quanto possa servire mostrarsi e raccontarsi senza costrizioni di alcun tipo. “Perché mi sono resa conto che la mia esperienza può avere un valore per tanti ragazzi che oggi si definiscono non binari e che infatti mi hanno contattato a migliaia sui social. Le persone non binarie sono quelle che rifiutano di corrispondere agli stereotipi di genere, maschile e femminile. Questo non significa assolutamente che tutti debbano sottoporsi a interventi chirurgici, ma devono sapere di non essere soli“. Persone non binarie da non confondere con persone transgender, con La Torre che ha sottolineato come non si sottoporrà ad alcun cambio di sesso. “Quando arrivai a Bologna, quasi vent’anni fa, mi rivolsi al Mit (Movimento identità transessuale) perché pensavo che il passo giusto fosse quello, ma non era così. La mia transizione venne bocciata all’epoca perché io non mi sento un uomo, non sono pronta a cambiare voce o a farmi crescere la barba. Io ho bisogno di una cosa diversa, il mio corpo deve assomigliarmi di più, perché non mi sento di un genere diverso rispetto a quello femminile. Sento di non appartenere ai generi codificati“.
Dopo 20 anni di paure, Cathy ha trovato il coraggio per affrontare la chirurgia, da non demonizzare come troppo spesso accade, perché “non va stigmatizzato il tentativo di sentirsi meglio, se questo significa correggere la forma del proprio naso, aumentare o diminuire la dimensione del seno o non convivere con cicatrici terribili“. Al suo fianco non solo i genitori ma anche la sua compagna, dinanzi ad un’operazione a lungo agognata. “Ero arrivata al punto di non voler più uscire di casa per non idossare il reggiseno e non mostrarmi“. Ora, finalmente Cathy potrà farlo con assoluta serenità.
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