Oggi, 21 maggio, ricorre l’anniversario della morte del Cavaliere d’Eon, spia e soldato francese, che trascorse metà della sua vita come uomo, e l’altra come donna. Per conoscere questo personaggio, dobbiamo tornare indietro, fino al XVIII Secolo.
La storia di Cavaliere D’Eon
1755. Nelle stanze del Palazzo di Caterina, fuori San Pietroburgo, l’imperatrice Elisabetta si aggirava spesso con un certo nervosismo. La Guerra dei sette anni stava per coinvolgere tutte le potenze europee e i rapporti con il Cancelliere Bestužev non erano dei migliori: lei voleva allearsi con la Francia, lui con la Gran Bretagna. Quando non doveva pensare alla guerra, amava concedersi momenti di tranquillità con le sue dame di compagnia.
Una di loro, Lia de Beaumont, doveva essere sicuramente tra le più apprezzate: arrivata direttamente dalla Francia, non avrà mai mancato di sostenere l’imperatrice nelle sue scelte filo-borboniche, tra una lezione di francese e l’altra. Chissà se Elisabetta trovò mai alquanto bizzarra quella cortigiana, di poco più mascolina delle altre e così vivacemente interessata alle faccende belliche. Lia fu tutto fuorché una frivola dama: il suo vero nome era Charles-Geneviève-Louis-Auguste-André-Timothée d’Éon de Beaumont, conosciuto dai più come Cavaliere d’Eon, titolo conferitogli da Luigi XV proprio al termine della missione di spia in Russia. E sì, era un uomo. O almeno, così pensavano tutti.
Dell’infanzia di Charles-Geneviève si conosce quel poco che la sua autobiografia ci propone: nacque a Tonnerre, a sud di Parigi,il 5 ottobre 1728, da una famiglia benestante di provincia. Dopo la laurea a pieni voti in legge, lavorò per un breve tempo come funzionario pubblico. Non celava ambiguità, tant’è che era descritto dai documenti d’epoca come “giovane, piccolo di statura, con un seno pronunciato e gambe proporzionate alla sua complessione fisica”. Fu lo stesso Luigi XV a notarlo e a introdurlo subito nel suo Gabinetto segreto, le Secret du roi. Il sovrano lo spedì in Russia a sondare le intenzioni dei Romanov, dove si mimetizzò nei meandri di palazzo ed ebbe accesso alle stanze più intime dell’imperatrice Elisabetta nei panni di Lia.
Di ritorno da San Pietroburgo, d’Eon, sempre più popolare tra l’aristocrazia, incominciò a confessare ai suoi amici più fidati di essere in realtà una donna: sosteneva di sentirsi a disagio con la propria immagine maschile, impostale dal padre desideroso di avere un figlio da destinare alla carriera militare. Un pettegolezzo simile non poté che riecheggiare a Versailles ed egli divenne presto uno dei personaggi più chiacchierati a corte. Tuttavia, Cavaliere d’Eon fu subito richiamato al dovere dal Re: mentre a Parigi erano confusi sul suo sesso, nella capitale russa riuscì a spacciarsi per lo zio dell’amata Lia De Beaumont, aggraziandosi ancora una volta i favori della zarina.
Nel 1761, tornato in patria, Luigi gli conferì il titolo di “cavaliere” e una provvigione con cui vivere, per poi spedirlo nuovamente in missione a Londra. Qui rivestì i panni di ambasciatore francese, tessendo una fittissima rete di rapporti per spiare i nemici inglesi; non mancò di mostrarsi in vesti femminili, rimarcando il suo essere donna sotto mentite spoglie. L’intreccio sentimentale con lo scrittore Morande non fece altro che aumentare i dubbi, a tal punto che fu la Borsa di Londra stessa a occuparsi delle scommesse sul suo sesso, a causa del volume di denaro che generavano.
Il Cavaliere D’Eon, conscio della fama di cui godeva anche grazie al dubbio, non rispose mai alle richieste della Borsa, sostenendo che fossero degradanti e offensive. I piani del Re, dunque, naufragarono ben presto: era così amato e inserito nella società londinese da diventare un ostacolo per l’intera operazione. Dopo il richiamo all’ordine di Luigi XV egli minacciò di rivelare il piano di spionaggio e la Francia, per non correre rischi, lo esiliò a Londra, garantendogli il mantenimento.
Da cavaliere a cavalieressa
Un decennio dopo, il nuovo Re Luigi XVI decise di richiamare in patria la spia ribelle. Egli accettò, a patto che fosse finalmente riconosciuto come donna: il Re acconsentì e il Cavaliere divenne finalmente la “Cavalieressa” (titolo che lei stessa rivendicò) su cui decenni di aristocrazia aveva speculato. Si tratta, pur senza chirurgia, del primo vero caso di riassegnazione di genere della storia moderna: come Poseidone trasformò l’amata Cenis in guerriero per suo desiderio, il sovrano stesso ordinò la rettifica dei documenti che la identificavano come uomo. La nuova cortigiana fu in seguito aiutata dalla stessa Maria Antonietta a rifarsi guardaroba, trucco e parrucco.
Come per tutte le dame di palazzo, le venne proibito di arruolarsi o di svolgere ulteriore attività di spionaggio: se donna era, come una donna doveva comportarsi. Trascorse così molti anni a Versailles, dove scrisse la sua autobiografia La Vie Militaire, politique, et privée de Mademoiselle d’Éon, ancora oggi disponibile.
All’alba della Rivoluzione francese, d’Eon si era congedata del tutto dalla vita di palazzo: abbracciò il cambiamento di regime (pur condannando la violenza giacobina, poiché, dopotutto, tagliava le teste dei suoi amici) dalle tranquille stanze del suo appartamento inglese. Dal 1785 era tornata agli agi d’oltremanica, alle vecchie compagnie che per prime l’accettarono come donna. Non tutti però erano convinti che la mademoiselle fosse effettivamente tale: gli scrittori Horace Walpole e James Boswell la ritrassero come una travestita, una crossdresser ante litteram.
Nella tranquillità della nuova vita si dedicava maggiormente alle riflessioni filosofiche, riversate nei suoi scritti, dove sosteneva la predestinazione del sesso maschile alla violenza e al peccato, elogiando invece le virtù di quello femminile. Posizioni radicali, innovative, nate dal connubio tra idee rivoluzionarie e dottrina cattolica giansenista (a cui aveva aderito piamente), che sembrano anticipare alcuni temi del movimento femminista.
Intanto, la vita quotidiana si faceva sempre più dura: la provvigione era stata negata dalla Prima Repubblica e d’Eon si guadagnava da vivere in tornei di spada. Centinaia di gentiluomini e gentildonne pagavano profumatamente per vedere una signora di mezza età sbaragliare alcuni dei migliori spadaccini dell’Inghilterra, finché in un torneo di Southampton fu ferita a un braccio e così costretta al ritiro definitivo.
Gli ultimi anni della vita scorsero in miseria e povertà, in cui la spia di un tempo condivise un appartamento con tale Mrs Mary Cole, anziana vedova di un ammiraglio londinese. In questi anni di solitudine con la bisbetica coinquilina scrisse La Pucelle di Tonnere, seconda autobiografia ispirata dalle vicissitudini dell’amata Giovanna d’Arco, mai pubblicata.
La morte e la sua accettazione
Il 21 maggio 1810, morì in solitudine, povera, dopo aver suscitato l’ultimo degli scalpori. Il medico chiamato ad accertare la morte rileva che la signora per anni al centro dell’aristocratico pettegolezzo francese e inglese non lo è mai stata davvero: sebbene il suo corpo sembrasse tutto fuorché mascolino, i genitali maschili non lasciavano dubbi.
La brillante Lia de Beaumont, la cortigiana di Maria Antonietta e la spadaccina di Londra furono sfaccettature di una personalità complessa e magnetica, per molto tempo considerata ermafrodita così da giustificare gli istinti femminili e glissare la discussione sui confini della sessualità. Può darsi che la mademoiselle soffrisse di disturbo d’identità di genere, che solo una transizione al sesso femminile avrebbe potuto soddisfare appieno.
L’accettazione di una figura femminile stereotipata, della donna pia e devota, ricorda molti casi di transizione (celebri e non) contemporanei, in cui la persona sente la necessità di incarnare gli stereotipi dell’altro genere per essere finalmente a proprio agio con se stessa. Il travestitismo era, purtroppo, l’unico palliativo che la sua epoca consentiva, ma la determinazione che dimostrò nel farsi riconoscere come donna la rese eterna: in suo ricordo, Havelock Ellis, pioniere degli studi di genere, coniò il termine eonismo per definire il travestitismo.
Non solo: film, romanzi e persino manga (impossibile negarlo in Lady Oscar) direttamente o indirettamente si sono ispirati a questa personalità di rara libertà nella storia del mondo, in cui gender fluidity, scherma e giansenismo rivoluzionario si amalgamano paradossalmente in un’alchemica icona queer tra le corti reali d’Europa.
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Bravo, bellissimo articolo!