Irene Serini e Maurizio Guagnetti portano a teatro Mario Mieli: l’attivista e filosofo LGBT dimenticato in Italia e studiato all’estero.
Come si racconta Mario Mieli? Omosessuale scandaloso per gli omosessuali, una vita enorme terminata prematuramente, un’esistenza ancorata a quegli anni ’70 dove tutto è politica, ma innegabilmente contemporanea. Un’intelligenza luminosa caduta nell’ombra. Molti dei contorni del soggetto Mario Mieli sono già qui, ma come si racconta il suo pensiero?
Con quest’impresa si misura “Abracadabra. Incantesimi di Mario Mieli, il mago del gender” di Irene Serini e prodotto Maurizio Guagnetti, che arriva nel suo secondo studio al Teatro Out Off di Milano dal 10 al 15 aprile. Prima parte di un progetto artistico più ampio, in cantiere c’è anche un docufilm da finanziare con il crowdfunding, che vorrebbe restituirci le idee dell’attivista LGBT milanese dopo decenni di oblio.
Serini, che è anche regista e attrice dello spettacolo, non è nuova ad affrontare il tema della sessualità sul palco, come già avvenuto con ‘Moana: Porno Revolution’.
Qui però non si parte dalla vita caleidoscopica e irriducibile del protagonista, ma da un testo piuttosto denso, il celebre ‘Elementi di Critica Omosessuale’: “Non è un libro pop, si tratta pur sempre di una tesi di laurea, ma l’ho ritrovato durante una giornata di influenza e mi ci sono trovata immersa – ha ricordato Serini – Mi ha educato non a una prospettiva differente ma a vedere le cose diversamente”.
Anche nello spettacolo ci si trova improvvisamente immersi, stavolta all’interno di un cerchio magico che vuole aprirci ad ogni possibilità offerta all’essere umano, perché questo è ciò che di ardentemente contemporaneo si ritrova in Mario Mieli: “Io non parlo quasi mai del suo orientamento sessuale – spiega Serini – Mieli andava certamente dicendo che esiste l’omosessualità e che non va censurata, ma l’attualità del suo pensiero sta nell’affermazione della natura transessuale della persona. Un concetto oggi diventato molto specifico, ma che al tempo per lui voleva dire indagare se stessi in termini di maschile e femminile senza limitare la propria identità. Smettendo di considerarla un limite all’incontro con l’altro”.
“Chi dimentica questo e si concentra sulle sue provocazioni – continua Serini facendo riferimento ai passaggi in cui si parla di coprofagia e della sessualità dei bambini – fa una critica insensata e macchiettistica che non tiene conto né dell’epoca in cui scriveva Mieli né della natura di queste argomentazioni nel suo pensiero”.
E allora noi, in attesa dello spettacolo, diciamo bentornato sulla scena italiana a Mario Mieli. Con la stessa provocante soddisfazione con cui, in una delle poche interviste disponibili, Mieli rispondeva così a chi gli chiedeva le ragioni del suo vestirsi da donna: “Perché mi piace e mi fa stare bene”.
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