Dal Fantabosco al Molise Pride, intervista a Danilo Bertazzi: “Restate curiosi come bambini”

Ha cresciuto intere generazioni educandole al rispetto, alla valorizzazione della diversità e alla celebrazione dell'allegria. Danilo Bertazzi oggi veste i panni di uno dei padrini al Molise Pride 2023: ecco perché.

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I grandi lo ricordano con affetto come Tonio Cartonio, il volto sorridente e amato che ha popolato i loro pomeriggi di spensieratezza e risate. I più piccini lo conoscono oggi come Cuoco Danilo o come il simpatico compagno di merengue di Calzino su Rai Yoyo.

Parliamo naturalmente di Danilo Bertazzi, icona intramontabile della televisione per l’infanzia, capace di regalare sorrisi e divertimento a intere generazioni.

La sua presenza nella televisione è stata un faro costante nel vasto mare dei programmi per bambini, accompagnando le famiglie con la sua allegria contagiosa e la sua innata capacità di connettersi con il pubblico più giovane.

Nel 2019, quel coming out che coming out non fu, ma che lo annoverò tra le icone di un altro pubblico, quello LGBTQIA+. Ora, nel 2023, Danilo si appresta a partecipare come uno dei padrini dell’attesissimo Molise Pride 2023. Scopriamo perché!

Sei uno dei padrini del Molise Pride. Qual è il significato del Pride per te?

Sono estremamente felice di essere stato invitato al Molise Pride. Questo evento rappresenta per me un’occasione speciale per riunirmi con i “miei bambini della Melevisione,” come amo chiamarli. Gli organizzatori del Pride sono giovani ragazzi che un tempo guardavano il mio show, e il fatto che siano ora dietro a questa iniziativa mi riempie di orgoglio e gratitudine per essere stato invitato.

Il mio primo Pride risale al lontano 1978, quando avevo diciott’anni e vivevo a Torino. Quella fu un’esperienza fondamentale per me, poiché mi permise di incontrare altre persone come me, che avevano preso coscienza della propria omosessualità.

Nonostante fossimo un piccolo gruppo, riuscimmo a organizzare un evento presso un cinema parrocchiale in periferia, dove furono proiettati film a tematica omosessuale provenienti da diverse parti del mondo. Fu un’emozione straordinaria vedere quei film, che al tempo non venivano distribuiti nelle sale italiane e che erano tutti in lingua originale. Quella giornata fu davvero importante per me.

Da allora, il movimento Pride ha fatto passi da gigante, evolvendosi fino ad essere chiamato semplicemente Pride, per abbracciare una più ampia gamma di identità, non solo gay. Questi eventi sono diventati una testimonianza di partecipazione e solidarietà, coinvolgendo non solo la comunità LGBTQIA+, ma anche altre persone che si schierano per i diritti umani e l’uguaglianza.

Oggi, in un periodo storico turbolento, dove l’odio sembra essere in agguato, è ancora più cruciale prendere parte ai Pride per difendere e mantenere i diritti conquistati con tanto sforzo. Siamo cittadini come gli altri e abbiamo il diritto di godere degli stessi diritti e opportunità. La presenza di una corrente ostile ci spaventa, poiché rischia di minare i progressi fatti in materia di uguaglianza.

È importante che il nostro impegno non si limiti solo a dimostrare la nostra esistenza, ma che ci adoperiamo anche per tutelare i diritti che ci spettano. Al di là delle differenze, dovremmo concentrarci anche su questioni fondamentali per tutti, come il salario minimo e i diritti dei bambini.

Il tuo ruolo di Tonio Cartonio in Melevisione ti ha reso un’icona per generazioni di bambini. Nel 2019 il tuo coming out: cosa dovrebbero dire i genitori di quei bambini?

Ho contribuito a crescere una generazione meravigliosa, e questo mi viene confermato quotidianamente sia attraverso i social media, sia dai ragazzi che incontro per strada, in palestra o al bar. Mi fa immensamente piacere perché li considero davvero come miei figli.

Riguardo al mio coming out nel 2019, vorrei spiegarti cosa è successo. In quell’anno si sono festeggiati i vent’anni della Melevisione, e in quell’occasione sono stato intervistato dal Fatto Quotidiano.

Durante quell’intervista, come con te adesso, ho menzionato la parola “compagno” senza pensarci troppo. Non mi ricordo più il contesto preciso, ma l’ho detto naturalmente, poiché non ho mai finto di essere qualcun altro rispetto a ciò che sono.

Non ho mai avuto la necessità di fare coming out in famiglia perché non ho avuto genitori, quindi non ho affrontato questa sfida. Al lavoro, ho sempre parlato apertamente della mia sessualità senza problemi.

Non sono mai stato un personaggio che si rivolge al pubblico femminile, quindi non ho mai sentito l’esigenza di dire a tutti che sono gay. Il coming out, per me, riguarda quando qualcuno dichiara apertamente la propria identità, nel caso in cui gli altri possano avere delle aspettative diverse. Fortunatamente, non ho mai dovuto farlo perché ho sempre vissuto in modo aperto e sincero.

Tuttavia, comprendo l’importanza del coming out e rispetto il fatto che ognuno debba farlo secondo i propri tempi, affrontando le proprie paure e prendendo coscienza di chi vuole essere nella società e con sé stesso. È una decisione personale e intima che deve essere rispettata.

Tornando al 2019, è stato un momento in cui mi hanno chiesto dell’argomento, e così è venuto fuori naturalmente. Riguardo alle reazioni dei genitori dell’epoca, non ne sono sicuro, ma so che i genitori dei bambini che mi vedono adesso in un nuovo programma non hanno problemi con la mia identità, perché ci conoscono da lungo tempo.

Con la Melevisione, abbiamo sempre cercato di trasmettere ai bambini il valore dell’amicizia e della diversità. La filastrocca di Tonio che parlava della diversità come ricchezza è solo un esempio di quanto sia importante accettare e apprezzare le differenze.

Nel Fantabosco, l’amicizia prevale sempre, anche tra personaggi apparentemente negativi, perché ognuno porta qualcosa di positivo. Questo è stato un grande messaggio che abbiamo trasmesso con la Melevisione.

Penso che ci sia un grande affetto e apprezzamento nei confronti di Tonio Cartonio da parte dei genitori, proprio perché abbiamo cercato di diffondere questi valori positivi attraverso il nostro lavoro.

Sei anche autore del programma La posta di Yoyo e conduttore del neonato Calzino. Cosa metti di tuo in questi due progetti?

Come autore, trovo sicuramente molta soddisfazione con “La posta di Yoyo”. È un’esperienza molto divertente scrivere gli episodi e portare avanti la mia creatività e fonte d’ispirazione, che proviene principalmente da Topolino.

Infatti, sono un grande fan di Topolino sin dall’infanzia e mi ha sempre affascinato la narrazione delle storie, che pur essendo legate alla realtà, vengono stravolte in modi interessanti, ad esempio nei nomi e nelle situazioni.

Nella scrittura degli episodi della posta di Yoyo, cerco anche di introdurre elementi che sfidano gli stereotipi di genere. Ad esempio, nella trama, il personaggio di Carolina Benvenga, che è molto conosciuto e amato dai bambini, non si occupa delle faccende domestiche come pulire e cucinare.

Al contrario, ho intenzionalmente deciso di ribaltare i ruoli tradizionali: Carolina è forte, autonoma e ha idee innovative, mentre il personaggio di Lallo, un cavallo strampalato e divertente, diventa un pochettino più “follower” di Carolina, che è la leader.

Ritengo che sia importante educare i bambini a superare gli stereotipi di genere fin da giovani, utilizzando un linguaggio semplice e diretto. Non dobbiamo più associare il rosa esclusivamente alle bambine e l’azzurro solo ai maschietti. Dobbiamo invece incoraggiare l’idea che ogni individuo possa essere sé stesso senza timori o restrizioni imposte dalla società.

Ricordo un episodio particolarmente significativo durante i laboratori e spettacoli che facevo nelle scuole, quando interpretavo Tonio Cartonio. Un bambino indossava una collana della mamma, è venuto da me, e mi ha fatto un inchino. Allora gli ho detto “Ma che bella principessa!”.

In realtà poi è venuta da me la maestra e mi ha spiegato che Edoardo era appunto un maschietto, ma che amava indossare le collane della mamma.

Questo momento è stato straordinario, perché la maestra non ha mai cercato di imporre uno standard di genere, ma ha lasciato che il bambino si esprimesse liberamente. È importante promuovere un ambiente in cui i bambini possano essere sé stessi senza paure riguardo alle etichette di genere imposte dalla società.

Si potrebbe fare di più a scuola in materia di educazione affettiva e rispetto delle minoranze? Come?

A scuola si potrebbe lasciare maggior spazio all’espressione della personalità dei bambini senza sessualizzare il loro comportamento. Voglio dire, se un bambino desidera giocare con una bambola, perché non permetterglielo? Allo stesso modo, se una bambina vuole giocare con le macchinine, perché non dovrebbe farlo?

Tutto inizia dall’educazione dei genitori, che talvolta mettono dei limiti rigidi, come dire “Le bambole sono per le femmine, tu devi giocare con le macchinine”. Ma questo non significa che se un bambino gioca con una bambola, crescerà e diventerà gay. Ma poi, anche se fosse?!

Dobbiamo capire che il gioco non condiziona, né influenza l’orientamento sessuale. Dobbiamo superare questi stereotipi che associano il rosa alle femmine e l’azzurro ai maschi.

L’educazione scolastica dovrebbe promuovere la libertà di espressione in tutte le sue forme e favorire il rispetto per la diversità, nel senso più ampio possibile. Bisogna insegnare ai ragazzi il rispetto per il prossimo, indipendentemente dall’orientamento sessuale, dall’identità di genere ma anche da tutte quelle caratteristiche che ci rendono unici.

Naturalmente, quando si studia la storia, come l’olocausto, è importante includere anche il fatto che persone omosessuali furono perseguitate e sterminate. Non dobbiamo omettere queste informazioni, ma allo stesso tempo, non dovremmo presentare la cultura LGBTIA+ come qualcosa di “diverso” da studiare, perché siamo tutti uguali e meritiamo rispetto.

Secondo te quando avremo un personaggio di genere non binario in tv che si rivolga ai bambini?

Sicuramente, spero vivamente che ciò avvenga. Al momento, però, vedo molte difficoltà da affrontare. Le lotte all’interno della comunità LGBT, inclusi coloro che si identificano come non binari e persone transgender, sono ancora numerose e intense. Nonostante si stia progressivamente ottenendo maggiore visibilità, si tratta di gruppi che continuano ad essere oggetto di discriminazioni.

Tantissimi bambini sono cresciuti con te, tantissimi oggi si identificano come LGBTQIA+. Quale messaggio vorresti mandare loro?

Vorrei rivolgere un messaggio ai giovani di questa splendida generazione che ho avuto l’onore di crescere e ribadisco il mio pensiero. Voglio dir loro di essere protagonisti del proprio futuro, di non rimanere spettatori passivi.

Il loro futuro è anche il mio, perché saranno loro a curarmi come medici, a venire a casa come tecnici, a occuparsi dei miei affari come commercialisti. Sono tutti giovani, e è fondamentale che si assumano la responsabilità di non osservare impotenti le conseguenze del disordine che noi, della mia generazione, abbiamo lasciato alle spalle.

È nostra colpa se siamo stati edonisti, se abbiamo goduto di un mondo splendido senza lottare abbastanza. Ora vedo che non abbiamo le soluzioni, e quindi spetta a voi, con la vostra forza e capacità, trovarle.

Vi esorto a guardare sia indietro, per imparare dagli errori, sia avanti.

Come disse Arthur Miller, i trent’anni sono uno spartiacque in cui si può vedere sia il passato, sia il futuro con lo stesso sguardo. Questa generazione di trentenni deve andare oltre l’osservazione, e agire, credere in sé stessi.

È fondamentale, nonostante tutto ciò che appare davanti ai vostri occhi, mantenere la speranza di poter fare e realizzare un mondo migliore, un paese migliore.

E per farlo, vi invito a guardare il mondo a tratti con gli occhi di quando eravate bambini. L’infanzia non è solo un’età, ma un mondo in cui ci si pone con curiosità verso gli altri, senza diffidenza. Conservate questa curiosità anche da adulti, questo vi permetterà di non demoralizzarvi mai, anche nei momenti più bui.

E rivolgo queste parole in modo particolare alla Comunità LGBTQIA+. È essenziale che siate uniti, condividiate le battaglie. Sono orgoglioso quando vedo giovani organizzare un Pride e onorato di essere qui in questa intervista.

Non lo dico solo per convenienza, ma perché credo sinceramente che siti come Gay.it possano essere un sostegno prezioso per i giovani che si sentono soli o confusi nel proprio ambiente. L’online può essere una vera oasi di incontro, permettendo a chi sta scoprendo sé stesso, di trovare una comunità di appartenenza e di capire che non siamo soli.

 

QUI L’INTERVISTA AL COMITATO ORGANIZZATORE DEL MOLISE PRIDE 2023

 

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