La ricorderete tutti la vicenda che coinvolse Don Gelmini ormai più di un anno fa. Alcuni ex ospiti della ‘Comunità Incontro’, di cui Gelmini è fondatore e direttore, lo accusavano di abusi sessuali. Il prete si è sempre difeso respingendo tutte le accuse, da più parti si sono levate voci di solidarietà e condanna delle insinuazioni che minavano l’immagine di don Pierino e del suo operato nella lotta alla tossicodipendenza. Dopo le prime denunce, le testimonianze si sono moltiplicate a vista d’occhio e Gay.it stessa ne ha raccolta una, quella di Bruno Zanin.
Adesso che le indagini sono chiuse il sostituto procuratore di Terni, Barbara Mazzullo, ha chiesto il rinvio a giudizio. Ma c’è di più. Il pm ha anche chiesto di processare due collaboratori del sacerdote e la madre di uno degli accusatori che adesso risultano indagati, a vario titolo, per avere cercato di ostacolare le indagini svolte dalla Squadra mobile della Questura di Terni. Ai due collaboratori di Don Gelmini il pm contesta che "avendo appreso dell’esistenza di indagini a carico di Gelmini" proprio dalla madre dell’accusatore,
"dopo vari colloqui telefonici" con la donna e dopo che uno di loro si era recato nell’abitazione della donna e del figlio, "in concorso tra loro", "mediante offerte di lavoro, inducevano" l’accusatore di Gelmini a "sottoscrivere una lettera datata 24.11.06, inviata in data 29.11.2006 sia all’ispettrice Mancini che alla procura della Repubblica di Terni, in cui lo stesso falsamente affermava di aver reso le precedenti dichiarazioni del 15.11.2006 in evidente stato confusionale sotto l’effetto di psicofarmaci". Presumibilmente, l’udienza preliminare dovrebbe svolgersi entro la fine della primavera.
La richiesta di rinvio a giudizio ricalca sostanzialmente l’avviso di conclusione indagini inviato a don Gelmini e agli altri indagati il 27 dicembre scorso. Tra le fonti di prova il magistrato ha indicato le dichiarazioni di vari testimoni, ritenuti attendibili, e diverse intercettazioni telefoniche. Nel capo d’imputazione si sostiene che il fondatore della struttura sarebbe ricorso alla "minaccia implicita di avvalersi della sua autorità e della conoscenza di numerosi personaggi politici influenti" inducendo così l’ospite della Comunità "a soddisfare le sue richieste sessuali".
E’ stata una ‘inchiesta difficile’ quella condotta dal sostituto
procuratore di Terni, Barbara Mazzullo. Lo ha spiegato lei stessa in una breve conferenza stampa svoltasi questa mattina.
Il pubblico ministero non è voluta entrare nel merito dell’indagine avviata nel dicembre 2005. "Credo fermamente nel processo accusatorio – ha sottolineato la Mazzullo – nel quale la prova si forma in dibattimento".
Il magistrato ha infine evidenziato che "il processo mira ad accertare responsabilità penali individuali" lasciando così capire che l’inchiesta appena conclusa ha riguardato solo i presunti abusi contestati a don Gelmini e non è stata un’indagine sull’intera Comunità.
Gli avvocati di don Gelmini, che nel frattempo aveva chiesto e ottenuto dal Papa la riduzione allo stato laicale, hanno fatto sapere che il sacerdote "vive con serenità, pienamente consapevole della propria innocenza, questo momento". "Don Pierino – ha spiegato l’avvocato Manlio Morcella – ha scelto di difendersi nel processo e non dal processo, che comunque dovrà essere rispettoso delle regole. Confida infatti nella terzietà della magistratura giudicante".
"Siamo convinti della piena innocenza di don Pierino – ha detto
l’avvocato Lanfranco Frezza -. Ne siamo pienamente certi per la inconsistenza e fragilità delle accuse e degli stessi accusatori, alcuni dei quali erano stati espulsi dalla Comunità Incontro". Frezza ha citato a questo proposito la deposizione di uno degli ex ospiti, diventato uno dei principali accusatori di Gelmini. "E’ giovane, pesa 80 chilogrammi ed ha raccontato – ha detto il difensore – che don Pierino, un ultraottantenne piccolo e con gravi problemi cardiaci, lo avrebbe scaraventato a forza sul letto per approfittare sessualmente di lui".
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