La carenza di sangue negli ospedali europei rappresenta una preoccupante sfida per il sistema sanitario del continente. Eppure, nonostante la situazione allarmante, le restrizioni imposte ai donatori omosessuali e bisessuali in diversi paesi permangono, soprattutto nel Nord Europa. È una delle trincee nella guerra allo stigma verso l’hiv che la nostra comunità si trova ancora a combattere. Abbiamo approfondito il tema e abbiamo scoperto che l’Italia è tra i paesi all’avanguardia su questo fronte.
Nonostante il Nord Europa sia considerato il blocco più all’avanguardia in ambito di diritti delle persone LGBTQIA+, è proprio qui che il fenomeno dimostra una severità maggiore.
11 i paesi europei che limitano le donazioni di sangue per uomini omosessuali e bisessuali
Le normative attuali in 11 paesi europei pongono infatti restrizioni più rigide per i donatori omosessuali e bisessuali rispetto agli uomini eterosessuali. Una delle principali disparità riguarda il periodo di astinenza sessuale richiesto prima di poter donare sangue.
Mentre agli uomini eterosessuali viene richiesto di astenersi solamente per un breve periodo nel caso in cui abbiano avuto nuovi partner sessuali, agli uomini omosessuali e bisessuali viene imposto un periodo di astinenza molto più lungo, anche se sono in una relazione stabile.
In diversi paesi europei, tra cui Belgio, Danimarca, Estonia e Finlandia, i donatori di sesso maschile devono rispettare una sospensione di 4 mesi dopo aver avuto rapporti sessuali con un altro uomo prima di poter donare il sangue.
Alcuni paesi europei hanno adottato una politica addirittura più restrittiva per i donatori di sesso maschile che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini. Ad esempio, nella Repubblica Ceca, in Norvegia, in Slovacchia e in Svizzera, è richiesto un periodo di sospensione di un anno prima che questi individui possano donare il sangue.
In alcuni paesi europei, come la Serbia e la Svezia, esiste una politica di sospensione intermedia per i donatori di sesso maschile che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini. In entrambi i paesi, viene richiesto un periodo di sospensione di 6 mesi prima che tali individui possano donare il sangue.
In Unione Europea, la Croazia è l’unico paese che non permette a persone di sesso maschile che hanno avuto rapporti sessuali con altri uomini di donare il sangue in nessun caso.
Ciò significa che molti uomini omosessuali e bisessuali che vorrebbero donare sangue sono costretti a una sorta di “astinenza forzata” per un periodo prolungato. Queste restrizioni non solo discriminano i donatori omosessuali e bisessuali, ma hanno anche un impatto significativo sulle riserve di sangue negli ospedali.
Le origini di queste restrizioni risalgono all’epidemia di AIDS degli anni ’80 e ’90, quando le trasfusioni di sangue si rivelarono un importante veicolo di trasmissione dell’HIV. In quel periodo, la popolazione omosessuale fu particolarmente colpita dalla malattia.
Tuttavia, gli esperti affermano che i sistemi trasfusionali attuali sono estremamente sicuri e che il rischio di contrarre l’HIV attraverso le trasfusioni è praticamente azzerato grazie alle rigorose misure di controllo di laboratorio e alla qualità del sangue donato.
È pertanto giunto il momento di superare le paure del passato riguardo alla contaminazione del sangue donato da uomini omosessuali e bisessuali. La discriminazione basata sull’orientamento sessuale non ha più alcuna giustificazione scientifica né razionale.
Ogni individuo dovrebbe essere valutato come donatore in base al proprio comportamento individuale e ai fattori di rischio personali, indipendentemente dall’appartenenza a un gruppo specifico. Come succede, ad esempio, nel nostro paese.
L’Europa chiede un’azione decisa per allentare le restrizioni
Ebbene sì, su questa questione, l’Italia si dimostra molto più avanti rispetto ai paesi nordici, perché da noi non si fanno differenze: chiunque, indipendente da orientamento sessuale e identità di genere, è limitato a donare il sangue se ha avuto rapporti occasionali nel periodo immediatamente precedente al prelievo.
Le associazioni LGBT e alcuni esponenti politici europei stanno sollevando questa problematica, invitando i governi e le autorità responsabili dei paesi europei a rivedere le regole attuali sulla donazione di sangue.
La richiesta è quella di adottare normative basate sull’evidenza scientifica, che valutino l’idoneità dei donatori in modo individuale, senza discriminazioni ingiustificate.
Altri paesi europei, come l’Irlanda, la Spagna, la Germania e Malta, hanno già adottato regole più inclusive e basate sull’evidenza, consentendo agli uomini che hanno rapporti con altri uomini di donare sangue senza restrizioni aggiuntive rispetto agli eterosessuali.
Paesi come Francia, Regno Unito e Grecia si sono adattate solo recentemente.
L’obiettivo finale è quello di garantire che ogni individuo che desideri donare sangue possa farlo senza essere soggetto a restrizioni discriminatorie.
Questo non solo aumenterebbe il numero potenziale di donatori di sangue in Europa, ma contribuirebbe anche ad affrontare la carenza di sangue negli ospedali e garantire un’adeguata disponibilità di sangue per le trasfusioni.
Un’importante voce che si è levata in difesa dei diritti dei donatori omosessuali e bisessuali è quella dell’eurodeputata svedese Jessica Polfjärd del Partito Popolare Europeo.
Polfjärd ha sollevato la questione nel Parlamento europeo, sottolineando che la discriminazione basata sull’orientamento sessuale viola i principi di uguaglianza e non ha più giustificazioni valide.
L’Alleanza LGBT+ europea sostiene l’iniziativa di Polfjärd e sta lavorando per promuovere cambiamenti legislativi nei paesi che ancora applicano restrizioni discriminatorie ai donatori omosessuali e bisessuali.
Soltanto attraverso l’abolizione di queste restrizioni discriminatorie e l’adozione di regole basate sull’evidenza, l’Europa potrà garantire un accesso equo alla donazione per tutti coloro che desiderano contribuire a salvare vite umane.
Il sangue è sangue, e ogni donazione può fare la differenza. Lo stigma verso maschi gay e bisessuali è ancora un ostacolo, una battaglia che conosciamo bene e sulla quale possiamo e dobbiamo impegnarci a livello istituzionale e culturale.
È giunto il momento di agire in modo responsabile, equo ed inclusivo.
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