Quando si parla di omofobia interiorizzata, si affronta un tema vasto e complesso. È un argomento che meriterebbe un approfondimento da parte di un esperto, ma che in modo veloce potremmo riassumere come odio verso sé stessi in quanto omosessuali. Cosa significa?
L’Istituto Beck spiega che per omofobia interiorizzata si intende un insieme di sentimenti negativi che una persona omosessuale prova nei confronti dell’omosessualità, propria e altrui. Questi sentimenti negativi possono essere ansia, depressione, avversione, e porta a vedere l’omosessualità come qualcosa di sbagliato.
Complice anche l’ambiente in cui si cresce, si prende come vera e giusta la società etero-normativa a cui tutti siamo abituati, convincendoci che tutto il resto sia invece sbagliato.
L’omofobia interiorizzata vista “da dentro”
La campagna #YoungerMe di Just Like Us, ente di beneficenza per i giovani LGBTQ, punta proprio ad abbattere questa convinzione. Millie, ad esempio, è una ragazza lesbica che ha convissuto per 5 anni con l’omofobia interiorizzata, prima di capire che poteva essere quello che voleva senza aver paura di apparire meno brava o inferiore rispetto a un coetaneo etero.
Millie racconta di come sia cresciuta in una società dove “gay” era usato come insulto e le persone della comunità LGBT erano viste come diverse, su cui spettegolare.
Quando ero piccola, l’argomento delle identità LGBTQ + era a malapena discusso e l’unica volta che qualcuno usava la parola “gay” era un insulto. Questo mi ha dato la falsa impressione che essere LGBTQ + fosse qualcosa di cui vergognarsi. E così ho solo cercato di adattarmi.
Per Millie, l’omofobia interiorizzata ha significato perfezionismo. In che senso? I migliori voti a scuola. Brava negli sport. Simpatica, cordiale. Cercare di essere amica di tutti. Un modo per “compensare” il fatto di essere una ragazza lesbica. Compensare, questo termine usa Millie. Come se dovesse fare di più rispetto a un eterosessuale.
Ma lo spettro dell’omofobia interiorizzata non si ferma qui, perché porta anche ad evitare e “odiare” quelle persone troppo effeminate o che “sembrano gay”.
Lottare contro questo odio dentro di noi
Alla fine Millie ha cercato di eliminare la sua omofobia interiorizzata. Il senso di non appartenere alla società etero-normativa non la faceva vivere in pace.
Ho cercato di superare la mia omofobia interiorizzata convincendomi che andava bene essere gay semplicemente perché mi vestivo femminile ed ero quindi più “normale”. Se non potevo essere etero, volevo almeno mimetizzarmi.
Ora il tempo è passato e ho lavorato su questo, mi dispiace per questi giudizi arroganti che ho proiettato su altre persone LGBTQ +. Era dannoso non solo per me ma per tutta la nostra comunità.
Mi sono resa conto che nessuno degli stereotipi ha più importanza, invece dobbiamo concentrarci sulla solidarietà e celebrare la nostra diversità.
Alla fine, anche se ne è uscita, ha capito che non ci si può togliere da dentro di sé quella sensazione. Anche se ci si sente accettati, dentro e fuori. Perché questo è il risultato di quello che la società pensa sia giusto.
Ma c’è un modo per rintanare quella sensazione in un angolo, a scacciarla via e a farla diventare sempre più piccola: essere sé stessi. Capire che non c’è nulla di male o di sbagliato nel vivere la propria vita.
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io ne so qualcosa ho avuto un direttore cosi e me le ha fatte passare di tutti i colori questo articolo è bellissimo verissimo e penso che questo sia un problema molto più diffuso di quanto si pensa