Grazie Raffaella. Oggi ti abbiamo perso ma nel tempo, sempre ed ovunque, penseremo proprio a te

Addio alla Judy Garland della comunità LGBT italiana, oggi tristemente in lutto.

Grazie Raffaella. Oggi ti abbiamo perso ma nel tempo, sempre ed ovunque, penseremo proprio a te - Raffaella Carrà icona gay - Gay.it
Raffaella Carrà, arriva il documentario Fremantle
2 min. di lettura

“La popstar italiana che ha insegnato all’Europa la gioia del sesso“, scrisse mesi or sono il Guardian, celebrando il mito di Raffaella Carrà, da decenni icona incontrastata a livello planetario. Perché Raffaella non è stata mito solo in Italia e in Spagna, ma ovunque, spopolando anche nel Regno Unito, in Sud America, arrivando fino al David Letterman Show negli Usa.

Raffaella è stata sinonimo di libertà. Donna priva di qualsivoglia legame, la Carrà ha cantato la gioia di ‘far l’amore da Trieste in giù’ ancor prima che in Italia venissero abrogate le disposizioni sul delitto d’onore. Era avanguardia vera, coraggiosa, mai scesa a compromessi, talento straordinario nel ballo, voce riconoscibile, sorriso epocale. Promotrice del rispetto totale, favorevole all’amore a 360° e al fianco delle famiglie arcobaleno, con il celebre nude look dell’ombelico in bella vista sconvolse l’Italia democristiana degli anni ’60,  mentre nel 1971 terremotava la Rai con lo ‘scandaloso’ Tuca Tuca, che obbligò la Tv di Stato ad una censura. Mai sposa e con suo grande dispiacere mai madre, divenne icona gay grazie ai suoi look strabordanti, alle canzoni travolgenti, a quella libertà ostentata, dichiarata, vissuta, cavalcata con orgoglio. Raffaella non poteva essere imbrigliata, frenata, era l’autodeterminazione fatta talento, precorritrice sociale e culturale.   In Luca, anno domini 1978, Raffaella cantava la storia di un fidanzato omosessuale.

“Ma un pomeriggio dalla mia finestra. Lo vidi insieme ad un ragazzo biondo. Chissà chi era, forse un vagabondo. Ma da quel giorno non l’ho visto proprio più”.

Premiata nel 2017 al World Pride di Madrid da una Spagna che oggi la piange quanto, se non più, della sua Italia, Raffaella non è mai realmente riuscita a spiegarsi il perché dell’idolatria LGBT nei suoi confronti. “La verità è che morirò senza saperlo. Sulla tomba lascerò scritto: “Perché sono piaciuta tanto ai gay?”, si chiedeva nel 2017. “Al centro sperimentale di cinematografia uscivo solo con i gay. Quando in sala si faceva buio, loro non cercavano di tastarti. Mi facevano così tenerezza che dicevo alla mamma: perché non me li lasci portare tutti a vivere a casa nostra?“.

Eppure i perché di quell’amore incondizionato erano scritti sulle pagine della sua infinita storia. Da subito in prima fila nella lotta ai pregiudizi e ai divieti imposti dalla morale cattolica, Raffaella ha fatto Rumore sin dall’esordio poco più di mezzo secolo or sono, contribuendo attivamente alla laicizzazione del Paese, con quel mitologico caschetto e quella roboante risata ad iconizzare un’artista gigantesca, che se fosse nata negli Usa avrebbe vinto probabilmente l’EGOT: Emmy, Golden Globe, Oscar, Tony Award. Perché la Carrà ha fatto tutto, e al meglio, per 50 anni, diventando (lei sì) la più amata dagli italiani. La Judy Garland della comunità LGBT nostrana, oggi tristemente, inaspettatamente in lutto. Perché non eravamo psicologicamente pronti a piangerla, a doverla salutare.

C’è chi vince e c’è chi perde, e noi stasera ti abbiamo perso, cara Raffaella. Ma nel tempo, sempre ed ovunque, penseremo proprio a te.

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