Mentre il Governo Meloni continua a perseguitare le famiglie arcobaleno, il CIAI (Centro Italiano Aiuti all’Infanzia) prende una posizione significativa.
Dopo lunghi dibattiti, il più famoso centro d’adozioni in Italia (sin dal 1969) si è dimostrato più che favorevole a permettere le adozioni anche a coppie omogenitoriali o genitori single.
È il lieto fine di una serie di approfondimenti scientifici e normativi, iniziati nel 2012, che tra ricerche sul campo e confronti diretti, ribadisce che “l’adozione e l’affido familiare da parte di coppie omogenitoriali e di single rappresentino, per bambini e bambine, la stessa valida opportunità di avere una famiglia stabile e affetti sicuri rispetto a una famiglia eterosessuale”.
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Una decisione presa anche dopo aver preso in ascolto i vari operatori dei servizi adozioni che negli ultimi anni dichiarano un enorme aumento di richieste da parte da genitori gay o single, spesso risolto con l’adozione speciale istituita dall’articolo 44 della legge 184 (istituita nel 1983 e che permette l’adozione “solo ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto”).
Come nel caso di Luca Trapanese, assessore al Welfare del Comune di Napoli, e papà single di Alba, bimba affetta da sindrome di down da lui adottata dopo anni di rifiuti da parte di ‘famiglie tradizionali’ (presto un film intitolato Nata per Te con protagonista Pierluigi Galante).
Il CIAI ha inaugurato un call center online finalizzato a fornire consulenza psicologica per tutti quelle persone omosessuali (coppie e non) con l’obiettivo di prendere in affido o adottare un minore.
Sebbene, sul fronte internazionale, saranno sempre gli Stati da cui arrivano i bambini a decidere se permettere o no l’adozione ai genitori LGBTQIA+, quello del CIAI è un segnale forte e chiaro, che smuove ad aggiornare la legge 184 e trovare una soluzione anche per tutti quei bambini e ragazzi più grandi che spesso faticano a trovare una famiglia.
Come evidenzia la pagina Uppa, che innumerevoli studiano che non c’è differenza tra le capacità dei genitori omosessuali o eterosessuali perché non è questo il parametro per definire un buon genitore: “La ricetta di una buona famiglia non esiste, come non esistono esperienze che sicuramente avranno effetti catastrofici o prodigiosi. Certamente può essere difficile essere figli di una coppia omosessuale, come di stranieri, immigrati, o famiglie con un grado diverso. È questo che abbiamo che abbiamo la responsabilità di provare a cambiare [..] Le buone famiglie sono famiglie in cui si impara ad attraversare cambiamenti, con prove, errori, e nuovi tentativi. Questo si chiama crescita”.
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