Le Paradis, recensione. I ragazzi perduti e innamorati di Zeno Graton nel Mare Fuori belga

Un istituto di correzione giovanile, due adolescenti travolti dalla passione, con il tempo e lo spazio a giocare contro i loro sentimenti.

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Presentato in anteprima mondiale alla 73ma Berlinale nella sezione Generation 14plus, Le Paradis dell’esordiente Zeno Graton ha suscitato non pochi e meritati entusiasmi al Lovers Film Festival di Torino, raccontando una storia d’amore adolescenziale in un contesto a dir poco complicato.

Produzione belga/francese, Le Paradis prende infatti forma in un istituto di correzione giovanile, senza mare fuori da ammirare oltre le sbarre bensì con adolescenti costantemente impegnati con lavori manuali, da apprendere in prospettiva futura, quando saranno finalmente liberi di tornare ad una vita lontana dal crimine. Joe, ormai quasi maggiorenne, si sta preparando per il suo ritorno in società, senza genitori ad aspettarlo e per questo tremendamente incerto, impaurito, su come possa essere il quotidiano oltre quel cancello, in solitudine e totale autonomia. Tutto cambia quando all’interno dell’istituto arriva William, coetaneo taciturno e appassionato di disegno che fa sua la cella accanto. Tra i due scatta subito una palpabile alchimia, che si fa presto ardente passione.

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Lezione dopo lezione, tra fotografia, disegno, danza e rap, Joe e William maturano insieme, fianco a fianco, scoprendo di provare sentimenti fino a quel momento mai abbracciati, nè sfiorati, diventando dipendenti l’uno dell’altro.

Meglio essere liberi da lacciuoli sentimentali o legati da un desiderio irrefrenabile che si può chiamare amore? Dovendo necessariamente scegliere l’uno o l’altro, quale strada prendere? Come gestire il paradosso del dover rinunciare a qualcosa, pur di essere finalmente liberi?

Domande centrali nel primo splendido film di Zeno Graton, 33enne che ha trattato con estrema grazia, sia estetica che narrativa, il primo amore di due adolescenti alla deriva, divisi dal muro di una cella e inevitabilmente separati da un contesto che non autorizza simili rapporti di coppia. Graton sta addosso ai suoi giovani protagonisti, con una macchina a mano che osserva da vicino le emozioni vissute da minorenni ingabbiati in vite troppo presto andate incontro ad inciampi dalle conseguenze spesso devastanti.

Khalil Gharbia e Julien de Saint Jean (visto anche in Arrête avec tes mensonges, sempre in gara al Lovers) sono straordinariamente bravi e credibili nel dare forma ad una storia d’amore che oscilla tra dolcezza e rabbia, istinto e pentimento, travolgente passione e inevitabile paura. Costretti a tacere un rapporto nato all’improvviso, Joe e William lo vivono segretamente ad ogni occasione che capita loro, cedendo all’amore fisico lontani da occhi indiscreti, pur consavoli che tempo e spazio non giochino a loro favore. Perché Joe si appresta ad uscire, mentre occhi indiscreti li monitorano quasi h24, negando loro la possibilità di vivere liberamente emozioni che obbligatoriamente devono limitarsi a sorrisi e sguardi sognanti.

A differenza del nostro Mare Fuori, fenomeno televisivo sempre più inarrestabile che nell’ultima stagione andata in onda su Rai2 ha palesato anche una sottotrama gay, l’istituto di correzione giovanile di Le Paradis è meno romanzato e fortunatamente tenuto lontano da stereotipi criminali, meno fiction e più delicato nel gestire realtà adolescenziali che necessitano di regole ed educazione, sociale, professionale e perché no, persino sentimentale. Graton ha inoltre il merito di non aver ceduto ad un finale fastidiosamente scontato, scegliendo una strada dolceamara, impulsiva, coraggiosa, dolorosa ma al tempo stesso bagnata da onde di improvvisa felicità, con la libertà di amare a vincere su tutto, sempre e comunque. Costi quel che costi.

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