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Lo scienziato italiano che studia i geni dell’omosessualità

Andrea Camperio Ciani studia l’omosessualità dal punto di vista biologico. Ha scoperto, tra l’altro, perché non ci saranno mai più gay che etero. Ma “la comunità gay fraintende i miei studi”.

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4 min. di lettura

Quando lo scienziato italiano, Andrea Camperio Ciani, docente di etologia e psicologia evoluzionista all’Università di Padova, sostenne di avere scoperto che l’omosessualità maschile è una caratteristica che viene trasmessa per via materna, la notizia fece scalpore e venne trattata in maniera confusa. Oggi lo stesso scienziato annuncia novità.

Potrebbe spiegare ai nostri lettori di cosa si occupa e come mai l’omosessualità è entrata nel suo campo di ricerca?

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La psicologia evoluzionista è una disciplina che analizza i comportamenti umani in base alla loro funzione evolutiva. Attraverso modelli matematici, che si basano su rigorose indagini statistiche, ha anche dimostrato come alcuni tratti caratteriali (coraggio, timidezza, aggressività, intelligenza, ecc) hanno una base ereditaria e nel tempo si diffondono in proporzione alle garanzie riproduttive che offrono (e a seconda dell’ambiente circostante più o meno favorevole). Secondo questo principio l’omosessualità, che è un tratto caratteriale che offre meno garanzie riproduttive rispetto all’eterosessualità, avrebbe dovuto estinguersi nel tempo. Ovviamente non è così e io ho cercato di capirne le ragioni.

In che modo?
Prima di tutto ho analizzato gli studi dei miei colleghi stranieri sull’argomento. Dean Hamer, ad esempio, aveva scoperto che quando due fratelli maschi sono entrambi omosessuali hanno un identico fattore genetico nella regione del cromosoma X q28, che però è diverso se uno dei due è etero. Michael Bailey ha verificato che nelle coppie di gemelli omozigoti la possibilità di condividere lo stesso orientamento è pari al 75-80%, mentre Ray Blanchard ha verificato che nelle famiglie che hanno molti figli maschi la percentuale che un figlio sia gay è proporzionata al suo numero di fratelli maggiori. Tutto questo mi ha portato a condurre la mia prima ricerca, campionando migliaia di soggetti imparentati con un centinaio di gay ed un centinaio di eterosessuali, ed ho scoperto che l’omosessualità maschile ha uno stretto rapporto con la fertilità delle loro madri, zie e nonne materne. Ovvero un fattore genetico particolare sul cromosoma X (che è trasmesso solo dalla madre) fa fare molti figli alle femmine, ma aumenta la probabilità che alcuni di questi siano maschi gay.

Quindi il gene gay è trasmesso dalle madri?

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Non esattamente. Dopo aver portato avanti la mia ricerca su centinaia di gay, indagando anche il loro albero genealogico (per un totale di 5000 persone), ho elaborato un modello matematico cosiddetto di selezione sessualmente antagonistica, che suggerisce che i geni che influenzano l’omosessualità maschile sono due. Tuttavia la cosa più interessante è che ho scoperto che questo modello matematico, che ho testato con successo anche in Francia ed anche sui bisessuali maschi, è applicabile solo al 25% dei gay, quelli che hanno una linea materna in cui le donne hanno avuto il 25% di figli in più rispetto alla media. In parole povere l’omosessualità, in quel 25% di casi, potrebbe essere parte di una stategia evolutiva che ha prodotto fattori genetici che aumentano la fecondità nelle femmine portatrici, ma come conseguenza possono produrre maschi con orientamento omosessuale o bisessuale. In parole povere l’aumento della fecondità delle femmine compensa la riduzione della fecondità nei maschi gay, facendo in modo che l’omosessualità sia presente in tutte le società, ma mai più frequente dell’eterosessualità. Inoltre questa ricerca dimostra che non ha senso dire che i gay abbassano la natalità di una popolazione, visto che sono un marcatore biologico dell’esatto contrario.

E il restante 75% dei gay?
Sicuramente l’omosessualità maschile non ha una sola causa, per esempio l’ordine di nascità ed il numero di fratelli maggiori sono cause che nulla hanno a che vedere con la genetica del cromosoma X. In futuro qualcuno capirà le altre ragioni evolutive di questo comportamento, ma la mia ricerca ha dimostrato che 1/4 dei casi è spiegabile scientificamente in questo modo. Oltretutto dimostra una volta per tutte che non è una malattia genetica, perchè tutte le malattie genetiche che si manifestano prima o durante l’età riproduttiva (come la spina bifida, le mucopolisaccaridosi, le macroanomalie cromosomiche, ecc) tendono a diventare sempre più rare, mentre l’omosessualità è una caratteristica che si mantiene costante di generazione in generazione.

Come è stato accolto il suo lavoro?

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I miei studi sono stati pubblicati a livello internazionale, su internet sono molto letti ed ho avuto molte soddisfazioni. Purtroppo anche l’ambiente accademico in cui mi muovo ha molti pregiudizi, e la stessa comunità omosessuale italiana tende, a volte, a fraintendere la natura del mio lavoro. Inoltre per la seconda parte della mia ricerca, che coinvolge direttamente madri e zie materne di omosessuali maschi (alla ricerca dei processi che portano a questo interessante aumento della fecondità), sto incontrando tantissime resistenze. In cinque anni sono riuscito a coinvolgere solo una quarantina di madri e zie, e la stessa Agedo ha posto formalmente il suo veto ai propri soci. Probabilmente non hanno capito la natura dei miei studi, magari ci fosse qualcuno disposto ad aiutarmi!

Se volete contattare il prof. Ciani potete andare sul sito https://www.psy.unipd.it/~eto/index.htm

di Valeriano Elfodiluce

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