Lorenzo Seghezzi è un fashion designer e illustratore nato e cresciuto a Milano,
appassionato di arte moderna e contemporanea fin da piccolo, si diploma in scenografia al Liceo Artistico Statale di Brera e frequenta in un secondo momento il corso di Fashion Design nella Nuova Accademia di Belle Arti di Milano. Queer Revolution è la sua prima collezione nata nel 2020 che si ispira alla rivoluzione queer italiana tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 e si lega a manifestazioni artistiche di movimenti punk come il Cassero e il Gender Bender Festival.
Nel 2021 si afferma come designer LGBT emergente con QUEER ASMARINA, la nuova collezione si
focalizza nuovamente su come il concetto di mascolinità tossica sia un problema per la comunità LGBTQI+ e mette in discussione i concetti egemonicamente tradizionali di binarismo di genere e di machismo come simbolo di potere.
Conosciamolo meglio.
Come definiresti il tuo brand?
Lorenzo Seghezzi, anche se legalmente e burocraticamente non è ancora un vero e proprio brand, è la concretizzazione di tutte le mie passioni. La sua identità potrebbe definirsi come uno statement sociale, politico e culturale contro a tutti gli abusi che la comunità LGBTQ+ subisce oggi e ha subito nel passato reinterpretato
attraverso il medium dei tessuti.
Una critica al machismo tossico e una messa in discussione della supremazia cis-het bianca attraverso capi d’abbigliamento e accessori che cercano, allo stesso tempo, di tagliare i ponti con tutto quello che è il consumismo a cui il ventunesimo secolo è abituato e di esaltare tutte le tradizionali tecniche sartoriali che il fast fashion sta annientando.
Tutto con grande riguardo all’ecosostenibilità, all’utilizzo di materiali recuperati e di seconda mano e alla minimizzazione degli sprechi.
È un brand artigianale molto ambizioso che sto costruendo in totale autonomia, passo dopo passo. Mi occupo dell’ideazione e del disegno dei look, della confezione vera e propria dei capi, organizzo tutti gli shooting e le campagne, gli eventi di presentazione, le sfilate, mi occupo della gestione del mio sito web e online shop
(www.lorenzoseghezzi.com) che ho creato e programmato io stesso così come tutte le grafiche presenti in esso.
Pensi che la tua estetica qui in Italia possa avere spazio e possa essere capita?
Penso che possa essere apprezzata, sì, ma non sono sicuro che venga effettivamente presa sul serio. O almeno, questo è quello che per ora mi è stato dimostrato nella maggior parte delle situazioni in cui ho avuto a che fare con “i piani alti” del settore fashion.
L’esperienza che ho avuto finora mi ha fatto notare che, generalmente, il sistema italiano della moda tende a sponsorizzare e favorire con più facilità lavori più in linea con la vendibilità di massa e il pret-a-porter o comunque con un immaginario più romantico e delicato del mio.
Spesso il mio gusto viene interpretato come troppo “costume” e il budget e le risorse limitate con cui lavoro spesso mi fanno passare in secondo piano rispetto a persone che hanno budget elevatissimi e di conseguenza risultano più professionali.
C’è un designer italiano con il quale ti piacerebbe collaborare?
Lorenzo Seghezzi x Missoni, che sogno!
In assoluto la casa di moda italiana che ammiro e apprezzo di più.
A chi sono diretti i tuoi capi?
I miei capi sono pensati per chiunque condivida i valori morali che ho indicato sopra e per chiunque voglia distaccarsi dall’estetica egemone a cui siamo abituati.
Il mio target si identifica in chiunque voglia sostenere la causa e la comunità LGBTQ+ a prescindere dal proprio genere o dalla propria forma fisica.
Una buona parte dei capi che confeziono è attillata e form fitting quindi per ora, per pura questione di comodità nella realizzazione e nel fitting dei capi, mi sto concentrando su taglie considerate “menswear” perché, fondamentalmente, creo capi basati sulle mie misure.
Per il futuro l’idea è quella di creare un brand il più possibile su misura in modo che il cliente possa avere un capo basato e confezionato sulle sue misure. Mi piacerebbe discostarmi il più possibile dal sistema basato sulle taglie standardizzate perché, per quanto sia indubbiamente il sistema più comodo, non è assolutamente
fedele alla realtà.
Nei tuoi lavori esiste una connessione fra la tematica erotica e la moda?
Partendo dal presupposto che i miei capi sono ispirati da tutto quello che io trovo bello, esteticamente stimolante e piacevole da indossare sul corpo di conseguenza questo legame esiste, certo.
Devo dire che però non è una delle tematiche principali del mio lavoro ma più una loro conseguenza. Trattando argomenti come le problematiche della comunità LGBTQ+, la libertà di espressione e l’esaltazione della fisicità del corpo umano è difficile non considerare l’influenza che l’erotismo ha su di esse.
In quanto stimolazione mossa dalla passione e dall’istinto l’erotismo si riflette molto sulla mia estetica. L’anatomia del corpo umano è una delle grandi fonti di ispirazione per il mio lavoro, cerco infatti di trascriverla nei tagli dei capi, di esaltarla nelle silhouette o talvolta anche di annullarla, in modo ironico o esagerato. Mi piace giocare con le trasparenze, alterare le proporzioni del corpo umano con costrizioni o volumi esagerati. Sono molto affascinato anche dall’intimo e dalla corsetteria che cerco di reinterpretare a modo mio con capi che la maggioranza collega con molta facilità all’intimità e alla sessualità. I richiami all’erotismo, per quanto possano essere molteplici, li lascio interpretare al pubblico liberamente senza imporli come caratteristiche principali.
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