L’uomo di latta (Mondadori, 2021) è il terzo romanzo di Sarah Winman, attrice e scrittrice inglese classe 1964 su cui l’interesse di pubblico e critica si è posato fin dall’uscita del suo primo romanzo, Quando Dio era un coniglio, in Italia pubblicato sempre da Mondadori nel 2013.
Il libro
Ellis, operaio inglese in una fabbrica di vernici, è il protagonista di L’uomo di latta nonché la personificazione stessa di questo personaggio, una chiara citazione dal Mago di Oz. Nel 1996, anno in cui la storia si svolge, Ellis ha quarantacinque anni e tutto ciò che aveva di più caro nella vita lo ha perduto. La moglie, Annie, non c’è più e anche Michael, il suo migliore amico, è solo un’ombra struggente che si allunga dal passato. Un passato che, se da una parte è l’ultima cosa rimasta a dare senso alle giornate di Ellis, dall’altra lo tiranneggia, ricordandogli qual è lo scotto da pagare per aver vissuto degli anni felici. L’immagine di questa felicità perduta è stata immortalata in una fotografia che Ellis tiene in camera da letto ma che non guarda più da anni. La foto lo ritrae insieme ad Annie e Michael, ed è come se stretta in quella piccola cornice ci fosse tutto il cuore di Ellis.
Annie era la compagna che si era scelto per la vita; le voleva bene, la amava e perderla è stato per lui un dolore insopportabile. Ma Michael c’era stato ancora prima di Annie; si erano conosciuti da piccoli ed erano diventati inseparabili. A dirla tutta, si erano conosciuti molto più a fondo di qualsiasi altra coppia di amici e avevano condiviso ogni cosa al di là di qualunque segreto: l’arte, i quadri di Van Gogh, i sogni e i desideri, gli interessi e le aspirazioni. Tutto, perfino i sentimenti. I loro stessi corpi si erano stretti l’uno all’altro e si erano amati nonostante le mille difficoltà dettate dalla paura e dal pregiudizio. Nemmeno la venuta di Annie aveva scosso lo speciale rapporto che li univa; in un certo senso aveva addirittura contribuito a nutrirlo.
Ogni cosa però è destinata a finire. Per tutti, anche per Ellis, l’uomo di latta. Il quale, se aveva creduto che per lui il destino avesse previsto un’eccezione, si era soltanto ingannato. E di grosso, anche.
Sentimenti e ricordi
L’uomo di latta è un romanzo con un bell’equilibrio, sostenuto da una scrittura delicata ed espressiva che facilita l’identificazione fra il lettore e il protagonista. In poco più di 150 pagine, Sarah Winman riesce a raccontare una storia che mira a concentrare la quintessenza della vita, dosando narrazione e introspezione. In certe pagine, l’autrice cala il lettore in un’atmosfera quasi fiabesca, un accorgimento stilistico che sembra essere stato appositamente scelto per veicolare ancora meglio il messaggio vitale che vuole inviare. L’abbandono, tema centrale del romanzo che fa quasi da contrappasso dantesco all’amore e all’amicizia, è il nome del peso che la vita ha caricato sulla schiena di Ellis, per il quale l’unico sollievo è quello di andare indietro nella memoria, alla ricerca dei momenti felici. Il cortocircuito è subito evidente, ma Ellis non dispone di mezzi alternativi per andare avanti né ha la forza o la determinazione di cercarne altri.
Il romanzo non si distingue per qualità particolari o per un’originalità straordinaria, ma alla fine la storia raccontata risulta piacevole e riguardo all’intrattenimento l’autrice riesce a raggiunge il suo scopo. Lo sguardo LGBTQ+ di Winman coglie l’essenza del rapporto fra Ellis e Michael ricreando la genuinità che caratterizza soltanto i sentimenti più puri. Ancora una volta, L’uomo di latta dimostra che è l’adolescenza l’età migliore per indagare i misteri dell’amore e dell’innamoramento, omo- o eterosessuale che sia. In nessun altro momento della vita i sentimenti sono infatti tanto audaci, fluidi e contraddittori, nonché assoluti, potenti e folgoranti. C’è veramente qualcosa di eterno in quello che avviene durante l’adolescenza a livello emotivo, e Sarah Winman ha in qualche modo raccontato tale eternità proprio in L’uomo di latta. Un libro che, esattamente come il suo protagonista, un uomo ammaccato dalla vita perché forse troppo sensibile, si aspetta di essere colto, anzi raccolto, con delicatezza e comprensione.
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