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Manuel, cacciato di casa perché gay: “Ti abbiamo fatto maschio e come tale devi comportarti”

“Per me è stato uno schiaffo sentire queste parole da parte di mia madre, quella madre che mi ha partorito, cresciuto e voluto bene, che adesso neanche mi considera”.

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Fanpage.it ha oggi ripreso la drammatica storia di Manuel Croce, 40enne di Monreale cacciato di casa dai propri genitori dopo il coming out in famiglia, come denunciato su LaRepubblica il mese scorso.

”Ti abbiamo fatto maschio e come tale devi comportarti se ci tieni a stare nella casa di mia proprietà”. A minacciarlo è sua madre, con Manuel di fatto costretto a fare i bagagli e ad andare via.

Sin da bambino subivo questi atti omofobi dove tutti mi dicevano che ero “fr*cio” oppure lo scrivevano sui muri. Mia madre, consapevole del mio orientamento sessuale, andava a cancellare le scritte perché si capiva che era riferito a me, vivendo in un piccolo paese che è Monreale. Ricordo che volevo giocare al pallone con altri ragazzi e mi hanno escluso perché il calcetto era il gioco dei maschi. Mi chiamavano Mimì, per il cartone animato che andava in quegli anni, e io dovevo giocare a pallavolo perché per loro ero una femmina e mi ripetevano che ero frocio mi sono sentito escluso, definitivamente segnato. Io non capivo.

Omofobia anche sul posto di lavoro, per Manuel, ex assistente di volo. “Ma e a causa della mia omosessualità 15 anni fa ho avuto due rapporti negativi da due comandanti che erano omofobi. Ero uno stagionale e non potendo fare una causa perché non c’era un vuoto normativo che tutelasse la mia persona, la mia sessualità e il mio orientamento”.

Da parte dei genitori non una telefonata, come se il figlio non esistesse più. Cacciato di casa, l’hanno dimenticato.

Per me è stato uno schiaffo, sentire queste parole da parte di mia madre, quella madre che mi ha partorito, cresciuto e voluto bene, adesso neanche mi considera. Ho deciso di non sopravvivere perché fino adesso io ero un sopravvissuto a casa mia, un superstite e allora ho deciso di fare la valigia e di andare subito via a testa bassa, di sera perché non volevo essere visto e perché mi vergognavo. Oggi penso che è normale che una madre abbia paura dei pregiudizi ma poi rifletto, penso che non c’è niente di male amare una persona dello stesso sesso, non importa chi sogniamo, chi amiamo o chi baciamo, è importante volere bene. La mamma che mi ha voluto bene la sto cercando ancora perché io le voglio bene e vorrei spiegarle, vorrei dirle tante cose, vorrei parlarle con il cuore aperto e vorrei che anche le altre mamme che sono nella stessa situazione possano aprire il cuore ai figli che hanno messo alla porta solo ed esclusivamente perché sono gay.

Perso il lavoro da barman causa Covid-19, Manuel vive grazie al reddito di cittadinanza, “in cerca di dignità e di quei valori affettivi ormai dispersi nel nulla“. Anche Roberto Fico, presidente della Camera, si era interessato alla storia di Manuel e al suo appello per una legge contro l’omotransfobia, sottolineando come simili vicende ci ricordino come ci siano “ancora dei passi da fare per una società che rispetti il modo in cui ciascuna persona si identifica, che non prescriva ruoli e non giudichi scelte“. “Le istituzioni devono impegnarsi in tal senso, così come ognuno di noi deve farlo nel suo quotidiano. Ed è per questo che raccolgo l’appello che Manuel mi ha rivolto: una legge contro l’omofobia è uno strumento normativo di cui abbiamo bisogno“.

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