È approdata su Netflix lo scorso venerdì Uncoupled, serie scritta e diretta da Darren Star (Sex & The City) e Jeffrey Richman (Modern Family) – trovate qui la nostra recensione –: descritta come un Sex & The City in salsa gay, la serie vede protagonista Neil Patrick Harris nel ruolo di Michael, un uomo gay di quasi cinquant’anni, che viene lasciato dal fidanzato Colin (Tuc Watkins) e si ritrova a navigare nel mondo gay dopo una vita passata in coppia.
In un’intervista per Pink News, Harris – che nella vita reale è serenamente sposato con David Burtka – racconta che mettersi nei panni di Michael è stato oltre che divertente e sorprendentemente “facile”: “Mi sono chiesto: Wow! Come sarebbe se accadesse veramente? Ma non è mai accaduto” spiega Harris “Fingere che accadesse per un paio di mesi è stato in qualche modo catartico”.
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Per Harris è stato liberatorio rivedere molte delle sue esperienze personali, riconoscendo molti aspetti della vita di un uomo gay di mezza età sullo schermo: “Penso sia bello che abbiamo raggiunto un punto dove possiamo non solo raccontare una commedia romantica gay, ma anche la storia di una separazione gay. Con il matrimonio gay arriva anche il divorzio, e l’arte imita la vita. Questo è quello che sta succedendo culturalmente”. Nell’intervista Harris condivide anche la gioia di vedere sullo schermo non solo persone queer giovanissime, ma anche uomini gay più grandi con sfaccettature, complessità, ed emozioni che non vengono ridicolizzate: “Siamo onesti: molte volte gli uomini gay a metà dei loro quarant’anni vengono mostrati come se non avessero più linfa vitale o appeal sessuale” dice Harris “Si scherza sul fatto che siano acqua passata e sono sempre lo zimbello della situazione. Penso che avere la possibilità di raccontarci come persone che sono ancora sexy a modo loro, è in qualche modo unico“.
Per l’attore Uncoupled insieme a tante altre serie tv oggi dimostra che i personaggi queer non vengono più utilizzati con lo scopo di fare tokenismo (ndr. pratica che prevede di includere una minoranza solo per evitare critiche e apparire il più intersezionali possibile): “Più passa il tempo e più ci sono storie sulla nostra comunità. Siamo arrivati ad un punto dove non c’è più solo un personaggio gay a rappresentare chiunque all’interno dello spectrum LGBTQIA+, abbiamo mille colori diversi, mille diverse sfumature sulla tappezzeria in opposizione a quella rappresentazione monodimensionale offerta da una singola persona”.
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