Oggi 60enne, Darren Star ha creato serie epocali come Sex and the City, Beverly Hills 90210 e Melrose Place, oltre alle più recenti Younger, Emily in Paris e And Just Like That. Il 29 luglio arriva su Netflix la sua ultima creatura, Uncoupled, realizzata al fianco di Jeffrey Richman, storico produttore di Modern Family, gay dichiarato, con protagonista indiscusso Neil Patrick Harris, qui nei panni di un quasi 50enne che dopo 17 anni viene improvvisamente lasciato dallo storico compagno, ritrovandosi così single a New York. Nel 2022.
Michael è convito di avere tutto dalla vita: una carriera di successo come agente immobiliare, una famiglia solidale, amicizie strette e una relazione stabile di diciassette anni con l’amatissimo Colin (Tuc Watkins). Ma quando Colin lo lascia inaspettatamente, a Michael cade il mondo addoso. All’improvviso deve affrontare due incubi: perdere l’uomo che pensava fosse la sua anima gemella e ritrovarsi a oltre quarant’anni da uomo single e gay nella Grande Mela.
Otto puntate da mezz’ora l’una, Uncoupled aveva tutto il potenziale per rilanciare la comedy queer agli occhi del grande pubblico. Una storia di delusioni d’amore da vivere con ironia e non pochi cliché, con Tisha Campbell, Brooks Ashmanskas, Emerson Brooks e Marcia Gay Harden a completare il cast. Peccato che al di là delle buone intenzioni, e dell’indubbio potenziale inespresso, Uncoupled si presenti come un progetto fuori tempo massimo, un Sex and the City a tinte gay prodotto con 20 anni di ritardo.
Sceneggiata da Jeffrey Richman, la serie è frettolosa nel suo sviluppo e banale nelle interazioni, concentrandosi unicamente sul solito spaccato da multi-milionari a New York City. Perché i protagonisti di Uncoupled sono sfacciatamente ricchi, in appartamenti da urlo e con lavori da invidia. Chi gestisce fondi finanziari, chi lavora in tv, chi ha ereditato una fortuna, chi ha una galleria d’arte.
L’idea vincente di essere single a New York a 50 anni è stata da poco cavalcata da And Just Like That, sequel di Sex and the City, con questo Uncoupled che si accartoccia su sè stesso, nel voler gestire con quasi inesistente profondità una storia d’amore che si sbriciola dopo quasi 20 anni. Neil Patrick Harris viene lasciato di punto in bianco e dopo neanche una settimana gli insopportabili migliori amici gli consigliano serenamente di fiondarsi nel ricco e scopereccio mercato gay della città, cedendo così alle inevitabili disavventure al cospetto di un potenziale chiodo-schiaccia-chiodo che raramente funziona.
Grindr, dal canto suo, ha sfacciatamente fatto suo un ricco product placement, conquistando di fatto un’intera puntata, interamente scritta per pubblicizzare la nota app di dating, con trilli, messaggi e conversazioni immancabilmente centrate sul necessario invio di foto cazzo. Ciò che stride in Uncoupled è la totale mancanza di reale brillantezza, con sketch e battute che suonano puntualmente stantie, per non parlare di una rappresentazione della comunità che si limita e si ferma alla G di gay. Non esistono persone trans*, in Uncoupled, nè queer o non binarie, mentre l’unico personaggio bisessuale è italiano (ma ad interpretarlo c’è il francese Gilles Marini, già visto nel primo film di Sex and the City), viene da Roma e tende a precisare che “certe cose”, ovvero il sesso con gli uomini, in Italia non è cosa da lui. “Solo a New York voglio divertirmi“. Ok.
Il sesso, per quanto accuratamente edulcorato, non manca, con Neil Patrick Harris che si concede un paio di nudi per lui sicuramente inediti, ma la generazione raccontata da Uncoupled è inevitabilmente ‘antica’, perché nata negli anni ’70. A non aiutare sono anche i co-protagonisti, con Emerson Brooks chiamato ad interpretare un insopportabile divo del piccolo schermo che pensa unicamente a trombarsi il 20enne di turno e Brooks Ashmanskas negli abiti dell’immancabile omosessuale cinico e acculturato che ha sempre un’inacidita parola per tutti.
Completamente bidimensionale, invece, il personaggio interpretato da Tuc Watkins, 50enne che di punto e in bianco sparisce dalla vita del protagonista, senza mai spiegare realmente le ragioni della crisi, dell’addio improvviso e inaspettato. Qualcosina di meglio è uscito dalle penne che hanno dato forma ai due personaggi femminili, ovvero Tisha Campbell, strabordante socia logorroica di Neil Patrick Harris, e Marcia Gay Harden, premio Oscar qui nei panni di una donna ricca e snob appena lasciata dal milionario marito per una ventenne, ma è tutta la scrittura di Uncoupled a peccare di luoghi comuni e scarsa luminosità, risultando quasi sempre assai poco divertente. Colpa imperdonabile per quella che si presenta come una comedy, teoricamente ideata per proseguire con una 2a stagione.
Ma che senso avrebbe continuare a battere questa strada, datata 1999?
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