48 ore da incubo. Un 60enne italiano finito in carcere per problemi di droga, è stato ripetutamente violentato dai due compagni di cella, a Regina Coeli, Roma. All’uomo restavano da scontare solo 76 giorni. Il 2 luglio tornerà libero.
Per 48 ore di fila, il 13 e 14 aprile scorso, il 60enne è stato stuprato da un 21enne, in carcere fino a giugno per crimini violenti, e da un 23enne, in cella fino a gennaio 2023 per rapina. I tre detenuti sono stati costretti a condividere la stessa cella perché positivi al Covid-19. Non potendo uscire, l’uomo non ha mai potuto allertare i secondini. Quanto quest’ultimi passavano, come riportato da Luca Monaco e Andrea Ossino su LaRepubblica Roma, il 60enne veniva chiuso in bagno, per poi ricominciare a seviziarlo.
Minacciato con un coltello arrangiato affilando un pezzo di ferro della branda, i due giovani l’hanno immobilizzato con una lama puntata alla gola e una corda realizzata con le lenzuola stretta attorno al collo, violentandolo per due giorni. Un incubo che appariva senza fine, per l’uomo, fino a quando un secondino non ha incrociato il suo sguardo terrorizzato. Aperta la cella, l’uomo è scappato chiedendo aiuto. I due 20enni l’avevano ammonito: “se dici qualcosa ti ammazziamo“. Accompagnato al pronto soccorso del Fatebenefratelli, i medici hanno riscontrato lesioni compatibili con gli abusi subiti. La procura ha aperto un fascicolo per violenza sessuale.
Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), ha puntato il dito contro la politica nazionale: “La sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica, il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle di sorveglianza dalle mura di cinta, le carenze di organico, il mancato finanziamento dei servizi anti intrusione e anti scavalcamento. La politica se ne è fregata. I vertici della Giustizia e dell’amministrazione penitenziaria hanno smanetllato le politiche di sicurezza“.
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