La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito che la Russia ha violato le libertà degli attivisti che 7 anni fa protestarono contro l’ormai tristemente nota legge contro la “propaganda gay”.
Nel 2013 la camera bassa del parlamento russo, la Duma di Stato, approvò tale atrocità, con pesanti multe rivolte a chiunque condivida informazioni sull’omosessualità a persone di età inferiore ai 18 anni. Pochi giorni dopo manifestanti LGBT si ritrovarono all’esterno dell’edificio della Duma di Stato per contestare il divieto legislativo, scontrandosi con un attivisti cristiani ortodossi conservatori. Da una parte urlavano “Mosca non è l’Iran” e “il fascismo non passerà”. Dall’altra, i favorevoli, “Mosca non è Sodoma!”.
Peccato che poliziotti e agenti antisommossa arrestarono solo i manifestanti LGBTQ, senza toccare con un dito gli attivisti estremisti a favore della legge. Ebbene la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ufficialmente ordinato alla Russia di risarcire con 5.000 euro gli attivisti LGBT illegittimamente arrestati. Respinta al mittente anche la tesi del governo russo, che ha giustificato simili azioni millantando una violazione nelle procedure per ‘riunione non autorizzata’, definendo ‘illegale’ il comportamento dei manifestanti, al di là del loro orientamento sessuale. Ma così non fu, come sancito dalla CEDU.
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