L’Armenia si trova a un bivio culturale e politico, particolarmente evidente nella questione dei diritti LGBTQIA+. L’eco della propaganda russa risona forte nel paese, dove il termine dispregiativo “Gayropa“ viene utilizzato per denigrare l’Unione Europea, descrivendola come un continente debole e dominato da omosessuali. Una strategia del Cremlino per mantenere l’influenza culturale e politica sui paesi dell’ex Unione Sovietica, tra cui – appunto – l’Armenia.
La discriminazione contro la comunità LGBTQ+ in Armenia è palpabile. Eppure, nonostante le difficoltà, vi sono segni di progresso. Tempo fa Mukaev, un cittadino ceceno rifugiato in Armenia, non è stato estradato nonostante la richiesta russa. Mukaev sarebbe stato giustiziato dalla Cecenia dell’omocausto, ma per fortuna l’estradizione non è stata concessa. Una vicenda che ha segnato uno spartiacque nella percezione dell’omosessualità nel paese, sebbene il cammino verso l’accettazione piena sia ancora lungo. Qui di seguito il post nel quale l’associazione LGBTIAQ Pink Armenia esulta per il verdetto di asilo a Mukaev: “Il Tribunale amministrativo della Repubblica d’Armenia ha emesso un verdetto senza precedenti. Grazie agli sforzi di SK-SOS e al supporto legale di Pink, il 29.01.2023 il Tribunale amministrativo ha soddisfatto la richiesta di un cittadino della Federazione Russa, il ceceno Salman Mukaev contro il Servizio Migrazioni, che si è rifiutato di concedergli asilo”
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In un interessante articolo apparso su East Journal, il giornalista Sebastiano Teani fornisce un desolante ritratto del paese, schiacciato tra l’influenza straripante di Mosca e l’aspirazione a sentirsi dentro un’Unione Europea che appare tuttavia ancora troppo lontana e diversa. Quando chiede ad alcuni giovani armeni cosa ne pensino della possibilità che l’Armenia entri nell’Unione Europea, si sente rispondere “Ci piacerebbe ma siamo troppo diversi” e quindi aggiungono:
“In Europa è normale vedere due uomini baciarsi in pubblico, ragazze con minigonne cortissime e bambini che denunciano i propri genitori. In più quasi tutti gli europei sono gay, noi no!”.
Nel reportage si racconta anche del giornalista ceceno Sergey, fuggito in Armenia per sfuggire alla persecuzione in Russia. Quarant’anni, Sergey racconta la sua fuga precipitosa dalla Russia, dove fino a poco tempo fa conduceva una vita tranquilla. La scoperta della sua relazione con un altro uomo ha stravolto la sua esistenza, costringendolo a lasciare tutto alle spalle e a cercare rifugio prima in Georgia (dove la popolazione sta protestando per la legge anti-LGBTI con la quale il governo locale vuole avvicinarsi alla Russia e allontanarsi da un possibile ingresso nell’Unione Europea) e poi in Armenia, con la speranza di raggiungere l’Europa. L’angoscia per il destino del suo compagno, di cui ha perso ogni contatto, pesa su di lui: in Russia, come sappiamo, il movimento LGBTQ+ è considerato estremista e illegale, e chi viene identificato come tale rischia fino a dodici anni di carcere, o peggio, la scomparsa senza tracce. “La polizia uccide, e tutti lo sanno,” afferma Sergey, sottolineando la brutalità con cui vengono trattati gli omosessuali in Cecenia (qui il racconto delle deportazioni omosessuali e del cosiddetto omocausto ceceno). Ora, la sua disperazione è amplificata dallo stigma che l’omosessualità rappresenta per la sua famiglia, costretta a isolarsi per la vergogna.
“Sono gli effetti della propaganda di Putin” ha spiegato Armen, che per 32 anni ha vissuto in Russia e ora è rientrato in Armenia. È lui a dipingere uno spietato ritratto di come Putin sia riuscito a mettere in campo una propaganda che associa l’Unione Europea alla comunità LGBTIAQ+ in senso negativo e dispregiativo. Scrive East Journal:
La macchina comunicativa del Cremlino mira a descrivere gli europei come un popolo debole, fatto di uomini gay e effeminati, a cui si contrappone il forte e rude uberman russo. Per denigrare il vecchio continente è stato addirittura coniato un termine: Gay-vrop (traducibile come Euro-gay, o Gayropa), un gioco di parole che fonde l’identità europea con quella omosessuale, secondo banali schemi omofobi.
L’eco della propaganda russa in Armenia è forte, un retaggio sovietico ancora in voga che permea la società con l’obbiettivo di influenzare il dibattito pubblico. Mosca vuole rimanere il punto di riferimento culturale e valoriale per i paesi dell’ex-Urss e il posizionamento geopolitico dell’Armenia non fa eccezione.
Foto copertina: repertorio (credit Unplash)
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