A Venezia, presso la Calle del Morion, esiste uno spazio dove diventare supereroinə per una notte: il Morion, è un laboratorio occupato da più di trent’anni. La chiamano “la casa di tutte le lotte” – dal ASC (Assemblea sociale finalizzata a garantire un diritto di residenzialità anche per le case non restaurate) al Comitato No Grandi Navi (opposto da anni al gigantismo navale laguna) – e quest’anno, in collaborazione con l’assemblea Queer We Go, offre uno spazio anche per la lotta LGBTQIA+: una battaglia che si porta avanti danzando, mangiando (cibo rigorosamente vegano), e se lo desiderate, anche salire sul palco e trasformarvi.
“Dopo l’affossamento del DDL Zan – misto a numerose aggressioni a sfondo omolesbobitransfobico e misogino in città – ci siamo rese conto che mancasse uno spazio queer in città” mi racconta Marta, attivista del Morion “Abbiamo voluto aggiungere all’offerta culturale della città, anche una componente LGBTQIA+”. Un progetto nato da pochissimo quello all’interno del Morion, ma che ha permesso all’intero team di creare un ambiente protetto e accogliente per chiunque volesse assistere, partecipare, o anche solo scoprire una realtà ancora fin troppo relegata ai margini della nostra società.
“C’è stata una riflessione sugli spazi” spiega Marta “Volevamo creare un queer safe space, ma anche uno spazio attento all’intersezionalità delle lotte, questo perché la logica neoliberista contribuisce all’oppressione delle persone non eteronormate o non conformi”. Cosa significa creare uno spazio queer in un luogo già di per sé anti-capitalista, antirazzista, e antisessista sin dagli anni Novanta? Il progetto Queer We Go è il risultato di questa unione di forze.
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Ciliegina sulla torta delle serate al Morion, è il Drag Debut: l’evento è una variopinta rivisitazione del celebre Ballo delle Debuttanti, omettendo tutta la componente tradizionalmente eternormata e razzista che l’ha sempre caratterizzato, e riproponendolo in una nuova chiave inclusiva, fresca, e aperta ad ogni persona – oltre l’età, l’identità di genere, l’orientamento sessuale, o ancor più l’esperienza: “Molti programmi televisivi – come RuPaul Drag Race – hanno il pregio di diffondere quest’arte su larga scala, ma al contempo propongono un modello di drag prestabilito, con un’esperienza e una formazione già avviata, e questo potrebbe frenare chi non l’ha mai fatto prima” spiega Tessy Phora (che in veneto vuol dire “Ma sei fuori?“), madrina del Drag Debut insieme a Becky Monraw “Il significato di questa serata, invece, è dire no: non ci interessa la ricchezza del costume o del trucco, ci importa la performance, il portare qualcosa sul palco, e veicolare un messaggio“. Sono state Phora e Monraw a guidare lə giovani “allievə”, moltə di loro per la prima volta sul palco, lasciando piena libertà d’espressione e spazio per ogni identità: drag queen, drag king, e performer che non si collocavano precisamente né da una parte né dall’altra del binario.
Performance che sono diventate l’occasione per toccare tematiche di ogni tipo – dal consenso all’autodeterminazione di sé – celebrandosi e raccontandosi agli occhi del pubblico, in totale sicurezza. La reazione è stata delle più calorose.
“Partecipare a questa serata è stato per me un grande respiro” racconta una delle partecipanti, Laurine, francese veneziana d’adozione:” A livello personale mi sono liberata di insicurezze sul mio corpo e ho scoperto la capacità di essere sexy. Ho conosciuto bellissime persone: non c’è nulla di più bello di vedere una persona essere il riflesso della sua anima, felice tale com’è, senza pregiudizi“. C’è anche Carlo, studente veneziano di antropologia, che sulle note di My Prerogative di Britney Spears, è riuscito a scrollarsi di dosso ogni rigido modello etero-cis, celebrando un’androginia fiera e libera: “Siamo noi a plasmare ciò che siamo e come vogliamo mostrarci agli altri, senza dover dar peso alle aspettative e ai canoni imposti a livello socioculturale“.
Si aggiunge Francesco, studente di Design della Moda allo IUAV di Venezia, accompagnato da Ain’t No Mountain High, in una performance che è un’ode all’amore per sé stessə, oltre ostacoli o gabbie: “Esibirmi per la prima volta in drag mi ha permesso di prendermi cura del bambino che sono stato: finalmente ho potuto concedergli lo spazio che merita, liberandolo dalla prigione emotiva che gli si era costruita attorno“. Il risultato è un evento pubblico e intimo, dove i lati più personali della nostra identità, anche quelli che spesso siamo costretti a tenere a bada nella vita quotidiana, si mostrano senza chiedere il permesso. Un incontro che ha smosso anche le stesse madrine, rivelandosi un’occasione per osservare e osservarsi con uno sguardo rinnovato, smontando tutte quelle convinzioni che – consciamente o meno – ci hanno accompagnato nella crescita: “Attraverso questə ragazzə straordinariə mi sono rimesso in gioco” racconta Becky Monraw. “Per me, uomo gay di quarant’anni, cresciuto nel binarismo, circondato da amici che ancora reputano la femminilità qualcosa d’inferiore, è stata una rinfrescata di memoria: mi ha ricordato cosa significa essere militanti e visibili”.
Le serate del Drag Debut diventano un momento per scoprirsi da capo, scrollarsi di dosso ogni macigno, sentirsi vistə e riconosciutə, con un senso di sicurezza e autodeterminazione che resta con noi anche quando la festa è finita. Nelle parole di Tessy Phora: “Perché quando si fa drag diventi un po’ il superhero di te stessə”.
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