SEBASTIANO, CHE BEL DOLORE!

Vienna. L'arte contemporanea celebra il corpo nudo trafitto dalle frecce del 'santo dei gay'. Visioni sadomaso, celebrazioni della sofferenza, e anche una versione femminile.

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VIENNA – La figura di San Sebastiano ha attirato l’attenzione di Gabriele D’annunzio e Pier Paolo Pasolini e di molti altri artisti che vedono in lui un’icona del sadomasochismo, un Dandy o anche il santo protettore dei malati di Aids: a questo mito è dedicata la mostra che si è aperta il 14 novembre scorso alla Kunsthalle di Vienna.
San Sebastiano – Una splendida disponibilità alla morte” è il titolo intitolata la mostra realizzata in collaborazione con l’Istituto italiano di Cultura di Vienna che resterà aperta fino al 15 febbraio 2004. La mostra presenta ‘Il martirio di San Sebastiano. Un mistero in cinque atti‘ di Gabriele d’Annunzio e musiche di Claude Debussy come punto di riferimento centrale storico-culturale di vari artisti contemporanei: la prima rappresentazione di questo ‘balletto sacro’ dannunziano, 1911 a Parigi, sollevò grande scandalo, poichè il ruolo di San Sebastiano fu affidato all’ attrice ebrea Ida Rubinstein, sotto l’influenza delle nascenti teorie psicoanalitiche, scrivono i curatori nel catalogo.

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“L’immagine del bel giovane sofferente legato ad un albero e trafitto dalle frecce – ha detto Wolfgang Fetz, che insieme con Gerald Matt ha curato la mostra – è una creazione del XVI e XVII secolo, basti pensare al dipinto di Guido Reni (1575-1642). Specialmente nel decadentismo della fine dell’Ottocento un numero crescente di artisti ha poi elaborato questa interpretazione di San Sebastiano”. “San Sebastiano è una figura polimorfa – ha detto Matt, alla presentazione della mostra – un carattere che si presta alle più diverse interpretazioni”.
Tra le opere esposte anche quelle degli italiani Pier Paolo Pasolini (1922-1975) – su uno schermo si vede il suo film ‘Teorema‘ del 1968 – e Luigi Ontani (nato nel 1943), che presenta le sue interpretazioni di San Sebastiano colorite e dal gusto un po’ kitsch.

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Molti artisti, tra cui il regista americano Paul Schrader, nell’avvicinarsi a San Sebastiano si rifanno anche al personaggio di Yukio Mishima (1925-1970), uno dei più importanti scrittori giapponesi della seconda metà del secolo scorso. Era stato infatti Mishima a tradurre il ‘Martirio’ di D’Annunzio e a organizzare la prima rappresentazione a Tokyo. Nel romanzo autobiografico ‘Confessioni di una maschera’ scrisse che da ragazzo aveva scoperto la sua omosessualità quando vide una riproduzione del San Sebastiano di Reni. Anche altri artisti in mostra presentano l’uomo trafitto da frecce come una specie di ‘santo’ dei gay. Nel film di Schrader, che fa parte della mostra, Mishima sembra aver voluto seguire un altro aspetto del suo idolo, quello di Santo dei Soldati, quando si è suicidato facendo harakiri nell’ufficio del capo di stato maggiore dell’esercito giapponese.

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Particolarmente interessante anche l’interpretazione del tema proposta dall’artista di origine francese Louise Bourgeois, che dipinge corpi femminili trafitti da frecce con il titolo ‘Santa Sebastiana’.
Secondo la tradizione cristiana, San Sebastiano era un ufficiale dei pretoriani dell’imperatore romano Diocleziano convertito al cristianeso, che non morì per le ferite delle frecce, bensì il suo martirio per la fede cristiana fu consumato a colpi di frusta nel Circo massimo.

di Sirio Belli

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