Aver lavorato nella prostituzione può creare una certa nomea, lo ammetto. Ma anche ammettere di frequentare darkroom, saune, parchi e quasi tutti i posti for sex (raggiungibili) della mia e di altre città non mi ha certo giovato. Quando incontro amici che non vedo da tempo non mi sento più chiedere “Come stai?” ma “Vai ancora al Diavolo Dentro?”, alludendo al pruriginoso locale romano gestito da ragazzi non solo estremamente fantasiosi (sarebbe più adatto porci) e gentili (cosa rara nell’ambiente), ma che tengono sempre una locandina del mio libro all’ingresso…
Per tornare quindi al sesso praticato dopo tanti NO Sex, vorrei spezzare una lancia sull’antico sport del cruising e su quei locali di cui, se se ne parla, è solo per dirne male. Mi permettano i cortesi lettori che dissentono, ma chi vi dice di andarci? Non vi sono costretti né i giovani col sorrisetto moralista che preferiscono farsi sbattere selvaggiamente altrove (magari senza precauzioni), né i meno giovani ancora alla ricerca del principe azzurro (è morto, lo volete capire?).
Per cui, come gli amici gay cattolici amano trascorrere intensi pomeriggi in chiesa, come i più modaioli passano ore davanti allo specchio per abbinare le migliaia di euro spese in settimana, come le vittime di Sirchia d’inverno sfidano il gelo e la pioggia per fare due tiri di sigaretta e come tanti discotecomani vivono solo per i loro fine settimana di musica e pasticche, così i nativi dei parchi e dei cessi pubblici chiedono solo la libertà di scegliere tra il buio e la penombra, tra due parole veloci o il completo mistero.
Guidati solo dall’istinto e dalla consapevolezza che il tempo scorre, che il sesso è divertente e che non bisogna essere egoisti ma condividerlo con gli altri, molti uomini giovani o attempati si aggirano ancora oggi di notte tra gli alberi o tra i camerini dei club con grande discrezione e senza amareggiare Prodi o il santo Padre con propositi matrimoniali.
Un rispetto delle tradizioni che a Roma, capitale di uno degli otto paesi più industrializzati del mondo, si segnala anche per l’assenza (se sbaglio mi si corregga) di tanti happening che in altre città europee sono tradizioni consolidate. Per fare solo qualche esempio, non vi è traccia di party dedicati ai feticisti del piede o agli amanti della pioggia dorata. Anche perché non è detto che le frocie romane apprezzerebbero.
In ogni caso, il sesso comprende, nelle sue mille sfaccettature, anche certi luoghi e certe attività. Nei parchi, nelle saune, nelle dark prima o poi ci siamo stati tutti. E chi non c’è stato non ne faccia una bandiera di chissà quale superiorità morale.
continua in seconda pagina^d
E chi non c’è stato non ne faccia una bandiera di chissà quale superiorità morale. La scoperta del sesso è graduale e ricca di sorprese per ognuno, per cui c’è poco da vergognarsi se sentiamo di non volerci limitare al bacetto romantico ma di voler sperimentare cose più piccanti. Se poi restano momenti passeggeri o diventano piacevoli abitudini, fa parte della storia particolare di ogni individuo.
Lo dico anche ripensando a quando nel 1998 andai a Berlino a trovare un amico che lì finalmente era riuscito a dar sfogo alla propria omosessualità. Grazie a lui scoprii, dopo aver visitato piazze e musei di giorno, la vita notturna del quartiere gay. Un quartiere gay! Già questo sarebbe bastato ad eccitarmi, ma quando capii che il piano inferiore della megadiscoteca dove mi aveva portato era costituito da un altrettanto immenso dedalo di cunicoli, camerini e stanze buie, vissi la mia prima vera avventura peccaminosa, certamente non precoce, che mi fece vedere la sessualità da un punto di vista che avevo sempre ignorato ma che in futuro avrei sempre tenuto a mente. Quella sera di me si persero le tracce.
Così, quando un lettore mi ha scritto, preoccupato di essere malato di sesso, io l’ho ringraziato per avermi considerato un po’ come il suo medico, un po’ come il suo confessore. Gli ho dovuto però rispondere che, anche se non escludevo lo si potesse essere (Michael Douglas pare si fosse fatto ricoverare proprio per disintossicarsi), ritenevo impossibile stabilire il confine esatto tra norma e malattia. Noi gay non siamo certo più intelligenti degli altri ma la nostra diversità sessuale, tanto a lungo osteggiata, dovrebbe farci capire che forse non esiste una “normalità”.
Un consiglio che giro a tutti coloro che si sentono in diritto di scagliare la prima pietra. Come quei miei amici di cui parlavo all’inizio e ai quali, per colpa dell’influenza, qualche sera fa non ho potuto unirmi per una “uscitina tranquilla”. Quella stessa sera uno di loro, persona squisita che non se l’era mai sentita di accompagnarmi ai party del Diavolo dentro, mi ha telefonato intorno a mezzanotte per chiedermi se il locale era aperto. Sono rimasto basito. Malato e fuori orario, ero considerato comunque un ottimo informatore, del tipo “Chiedilo a Flavio”, una specie di 892 892 che invece di catapultarti a sfrociare in discoteca ti strappa i vestiti e ti sbatte in un camerino.
Mi aspetto ora mail con richieste specifiche, tipo a che ora è meglio andare nei locali hard per non aspettare troppo ma nemmeno arrivare tardi e in quale giorno si possono trovare i ragazzi più carini e più disponibili. Avverto da subito che non lo so, altrimenti, con buona pace del direttore, non starei qui.
Flavio Mazzini, trentenne, giornalista, ha deciso di prostituirsi con uomini per raccontare le proprie esperienze nel libro “Quanti padri di famiglia” (Castelvecchi, 2005). Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
Clicca qui per discutere di questo argomento nel forum Sesso.
di Flavio Mazzini
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.