Ne hanno dato la notizia alcuni attivisti afghani – dopo mesi di paure e silenzi. Hamed Sabouri, ragazzo omosessuale originario di Kabul, è stato assassinato dai talebani in un attacco codardo e immotivato, perdendo la vita a soli 22 anni.
Secondo quanto riferito alla stampa, Hamed sarebbe prima stato rapito dai talebani, tenuto poi prigioniero e torturato per settimane, ed infine assassinato. Anche qui, proprio come successo in un fatto di cronaca simile in Palestina, l’omicidio è stato filmato, ed il video inviato alla sua famiglia.
Amici e parenti descrivono Hamed come una persona solare, amante della vita e che sognava di diventare medico. Ma tutto sarebbe cambiato nell’agosto del 2021, durante l’ascesa al potere dei talebani. E non solo per Hamed, ma per tutta la comunità LGBTQIA+.
“La vita è un inferno per le persone omosessuali afgane. I terroristi talebani sono peggio delle bestie selvatiche” ha dichiarato Bahar – nome di fantasia – un amico della vittima. “Hamed aveva una risata contagiosa, era timido ma gli bastava un sorriso per illuminare la stanza dove si trovava”.
Bahar ha deciso di rimanere anonimo, ma ci tiene a sottolineare la sua partecipazione all’organizzazione Behesht Collective, la più grande organizzazione LGBTQIA+ in Afghanistan i cui membri oggi si trovano in serio pericolo.
“Ho dovuto cancellare tutte le foto e i video che avevo fatto insieme a Sabouri dopo aver saputo del suo omicidio. Non posso rischiare”.
Bahar vive infatti nel timore di essere fermato e perquisito dai talebani: il rischio di venire rapito, torturato e ucciso come Hamed è concreto per ogni omosessuale afghano.
La situazione qui è critica: tantissimi membri della comunità LGBTQIA+ in Afghanistan hanno dovuto cancellare i propri account social, cambiare numero di telefono e vivere nell’ombra. Alcuni sono riusciti a valicare il confine con il Pakistan, un paese comunque estremamente intollerante.
“Sradicheremo la comunità LGBTQIA+”: la promessa dei talebani
Nemat Sadat, un attivista afgano impegnato nell’evacuazione delle persone LGBTQ+ dal Paese, ha riferito alla stampa che la morte di Sabouri è il risultato dell’inazione dei governi occidentali, molti dei quali non sono riusciti ad accogliere un numero adeguato di afgani in fuga.
“La morte di Hamed Sabouri è un’ulteriore prova che i talebani non si fermeranno finché non avranno sradicato la comunità LGBTQIA+ dall’Afghanistan“, ha affermato. “La sua esecuzione è stata deliberata e al di fuori di qualsiasi quadro legale. Non capisco come i governi di tutto il mondo rimangano a guardare mentre i talebani continuano a governare con un totale disprezzo per la vita umana“.
L’omicidio di Hamed è infatti solo l’ultimo di una serie. Da quando i talebani hanno preso il potere, sono circolate notizie su persone omosessuali picchiate, violentate e uccise mentre il regime intensifica la persecuzione di coloro che violano la Sharia.
Più di recente, è stato riferito che i talebani avrebbero strumentalizzato l’epidemia di vaiolo delle scimmie per accanirsi ancora più duramente contro la comunità LGBTQIA+. Un’emergenza umanitaria che, ad oggi, sembra non avere soluzione.
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