Si sono trasferite dall’Emilia Romagna a Torino in cerca di una casa e di un futuro migliore, ma per ora hanno trovato solo porte sbattute in faccia: questa la storia di Greta e Bijou, denunciata dal comitato “Popolare Vallette-Lucento”.
Greta e Bijou, entrambe ventenni, vengono da una situazione difficile alle spalle. Bijou, arrivata a Torino nel 2005 dalla Costa d’Avorio, ha confessato ai genitori di essere lesbica nel 2012: è stata quindi mandata in Africa per un matrimonio forzato e costretta a interrompere gli studi. Rimasta incinta del marito africano nel 2015, è riuscita a tornare in Italia grazie all’aiuto della madre e ha errato per tutta Italia e non solo: Brescia, Milano, Graz (Austria), poi Bologna in una casa protetta. Qui ha conosciuto Greta, emiliana di origine slava, anche lei diventata madre con un altro uomo le cui violenze erano all’ordine del giorno. “Sono entrata in comunità e ho avuto l’affido esclusivo di mio figlio, ma non ho mai ricevuto alcun mantenimento”. La stessa comunità, da cui Bijou è presto fuggita, cominciava a stare stretta a Greta: “Volevano osteggiare la mia relazione con Bijou: dicevano che stavo troppo al telefono, che trascuravo mio figlio e che non dovevo fidarmi di lei. Mi controllavano continuamente: a febbraio ho lasciato la comunità e siamo arrivate a Torino”.
I problemi e le difficoltà, però, erano solo all’inizio: “Ci avevano assicurato che saremmo rimaste assieme, ma non è stato così: negli incontri successivi gli assistenti sociali ci hanno chiarito che non potevano trovarci una sistemazione perché non eravamo entrambe residenti sul territorio e perché il nostro essere una coppia avrebbe creato dei problemi in qualsiasi struttura d’accoglienza”. Agli incontri si sono sentite ripetere che era meglio se si fossero separate e che ciascuna delle due era madre di uno solo dei due bambini.
Il comitato “Popolare Vallette-Lucento”, dal nome del quartiere in cui Bijou è cresciuta prima di essere mandata in Africa, denuncia: “Le abbiamo conosciute a una festa di quartiere. Queste due ragazze vivono sulla loro pelle le contraddizioni che questa città scarica addosso alle persone che non hanno diritto ad un posto nel mondo. Viviamo in una città dove l’emergenza abitativa è alle stelle, lo sappiamo bene”.
In città molti cercano di dare una mano e, ancora oggi, la famiglia è ospite di alcuni militanti del sopracitato comitato: urge, però, una soluzione definitiva. “Abbiamo dormito nei bar aperti tutta la notte, abbiamo contattato chiunque e alla fine siamo approdate all’assessorato per le Pari Opportunità di Marco Giusta. L’ufficio si è messo in contatto con gli assistenti sociali emiliani per capire se volevano riprenderci, ma no, non ci volevano”. E poi? “L’assessore ci ha pagato il soggiorno in un ostello per cinque giorni, poi non abbiamo più avuto contatti”.
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