Il mondo transgender e quello della chiesa sembrerebbero agli antipodi, ma la realtà è più complessa e stratificata di quanto crediamo: nel suo libro Figli di un Dio minore. Le persone transgender e la loro dignità, Luciano Moia riflette sulla condizione di persone transgender che cercano genuinamente Dio, nonostante un ambiente cattolico che fatica ad accogliere chiunque non rientri nello status quo. Il testo dà spazio a mille storie diverse, alternando più punti di vista, incluso quello di padre Maurizio Pietro Faggioni, docente di bioetica presso l’Accademia Alfonsiana di Roma: “Una persona transgender è prima di tutto figlia di Dio, una persona con la sua dignità umana, e se credente, un fedele chiamato a sedersi alla mensa del Signore e a partecipare attivamente alla vita della Chiesa” spiega Faggioni, risparmiando ogni predica morale.
Nell’intervista Faggioni spiega che la Chiesa ha ben presente la disforia di genere, ma i documenti ufficiali riconosciuti sono pochi e discreti: nel 1991 Papa Ratzinger si oppose all’ammissione del matrimonio tra persone transgender, con un documento ufficiale risalente al 2000, rimasto in archivio ma trapelato successivamente sulle testate giornalistiche. Faggioni si mostra più che favorevole ad un matrimonio transgender (nello specifico, i casi di persone che hanno portato avanti la transizione dopo essersi già sposate): “I vincoli di affetto, la condivisione della vita, la comunione spirituale nella fede possono certamente continuare anche dopo l’emergere della disforia e dopo gli interventi di adeguamento del sesso corporeo alla identità di genere.” risponde Faggioni, spiegando che alla base, oltre le formalità e i riti cattolici, quel matrimonio non è forse mai stata un’unione eterosessuale: “Essere uomo ed essere donna va molto oltre l’avere un corpo fatto in un modo o in un altro e va oltre persino alla possibilità di una intimità sessuale“.
Non che servisse un parroco a dirci tutto questo, ma nell’intervista Faggioni si mostra favorevole anche a scegliere padrini o madrine transgender: “Se mi capitasse una richiesta simile, io come prete chiederei consiglio al vescovo” risponde, facendola apparire più come una concessione che una vera e propria accoglienza. Ma pur con tutti i limiti del caso, il testo di Moia esprime un punto di vista più preparato e aperto, e sicuramente inaspettato dall’ambiente ecclesiastico, che potrebbe aprire le porte ad a qualche piccola grande svolta.
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