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Unioni Civili e Matrimonio Egualitario, ok smuovere le acque ma il Referendum abrogativo è un rischio enorme

Pro e contro della battaglia intrapresa dal Partito Gay. Perché questo Referendum abrogativo sulle Unioni Civili non è propriamente un Referendum sul matrimonio egualitario.

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3 min. di lettura

Pochi giorni fa in Senato Fabrizio Marrazzo, portavoce “Partito Gay – LGBT+”, ha presentato alla stampa il Referendum abrogativo per le Unioni Civili e a sostegno del Matrimonio Egualitario, con via alla raccolta firme. 500.000 quelle richieste, on line a pagamento per sostenere le spese (1 euro e 50) e tra le piazze d’Italia con appositi banchetti, puntando al 2024 come eventuale chiamata alle urne.

Come più volte precisato, nel nostro ordinamento non è previsto il referendum propositivo bensì solo quello abrogativo, che necessità di una legge ordinaria già esistente, approvata dai due rami del parlamento. E in Italia non c’è alcuna legge che contempli il matrimonio egualitario. Ecco perché è stato ora proposto di abrogare quegli articoli della legge sulle unioni civili che rendono ancora oggi la legge Cirinnà ‘diversa’ dal matrimonio.

Ed è qui che bisognerebbe soffermarci, valutando pro e contro di simile iniziativa. Perché se non si riuscisse a raccogliere le 500.000 firme o a non superare il 50% dei consensi una volta alle urne, si rischierebbe di scrivere anticipatamente la parola fine ad un’eventuale battaglia matrimoniale parlamentare, perché verrebbero a dirci che la maggioranza degli italiani è contraria e/o interessata ad altro. Se invece le firme raccolte fossero più di 500.000, se il referendum venisse considerato valido e se oltre il 50% degli italiani votasse a favore dell’abrogazione delle unioni civili, non avremmo comunque il matrimonio egualitario. Ma qualcosa di diverso. E la discriminazione che ad oggi viviamo rimarrebbe tale.

Ci ritroveremmo comunque con due ‘scatole’ distinte, identico contenuto e un uguale impianto discriminatorio, con il gigantesco rischio che dinanzi ad un referendum popolare vinto, qualsiasi successiva richiesta di una legge ad hoc sul matrimonio egualitario finisca per essere inevitabilmente cestinata, lasciata cadere, accantonata. Si possono già sentire gli strepiti di deputati e senatori della destra, pronti a fare le barricate urlando alle ‘bandierine ideologiche’, perché dopo aver voluto e vinto un referendum ad hoc “a sostegno del Matrimonio Egualitario” vorremmo anche ‘occupare’ il Parlamento con altri leggi specifiche? “Avete già tutto, perché ora volete dargli il nome di matrimonio? Sono solo etichette“. Non c’è bisogno di scomodare Nostradamus per immaginare futuri e simili dialoghi. Pillon starà già prendendo appunti.

La proposta avanzata in Senato rischia quindi di fare seri danni, lasciando strascichi indelebili sul futuro del sogno matrimoniale. D’altronde questo NON sarebbe un referendum sul matrimonio egualitario (perché lo ribadiamo, è impossibile proporlo), bensì un quesito che andrebbe ad eliminare dalla legge sulle unioni civili quelle parti che la differenziano dal matrimonio. Sembra un cavillo, ma non lo è, perché non si potrebbe comunque parlare di ‘matrimonio’. E allora perché venderlo come “Referendum sul Matrimonio Egualitario”, quando così non è?

Che la Legge Cirinnà, con quella stepchild adoption inopinatamente cestinata sul viale del traguardo, debba essere superata, è cosa ampiamente riconosciuta (dalla stessa senatrice Pd). Ma con una proposta di legge concreta, che finisca nel programma elettorale di un centrosinistra (o perché no del centrodestra) che tra un anno non potrà limitarsi a ripresentare il ‘sogno’ di una legge contro l’omotransfobia, da 3 decenni puntualmente impallinata. Il matrimonio egualitario deve diventare legge dello Stato italiano e non potrà far altro che essere la madre di tutte le prossime battaglie sui diritti LGBT nazionali, ma con un percorso preciso, condiviso, inattaccabile, che possa trasformarsi in reale uguaglianza, cancellando ogni forma di discriminazione. In Parlamento.

Tutto ciò questo Referendum abrogativo rischierebbe di renderlo impossibile, a meno che non sia stato unicamente pensato per smuovere le acque, per riportare il dibattito politico nazionale su un tema scandalosamente cancellato da qualsivoglia agenda, per scuotere quei partiti che a breve dovranno inevitabilmente iniziare a pianificare un nuovo programma elettorale, in vista del voto nel 2023. Le annunciate Agorà del PD sarebbero avviate su questa strada, con la consapevolezza che un’ipotetica vittoria del Referendum abrogativo sulle Unioni Civili potrebbe tramutarsi in pietra tombale sul matrimonio egualitario in Italia.  Possiamo davvero permetterci un simile rischio?

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