Pedro Zerolo ci ha lasciato oggi a causa di un male incurabile. A molte persone LGBTI italiane, il suo nome non dirà nulla eppure dovremmo essere tutti riconoscenti nei suoi confronti. E’ stato infatti Pedro, leader del movimento LGBTI spagnolo ed esponente di spicco del Partito socialista spagnolo, ad iniziare la battaglia per il matrimonio egualitario in Spagna. Durante una recente premiazione avvenuta a Madrid, lo stesso Zapatero ha riconosciuto pubblicamente il ruolo che Pedro ebbe in quella stagione difficile ed entusiasmante, riconoscendo che probabilmente senza di lui oggi la Spagna non avrebbe il matrimonio per tutti.
Dobbiamo essere dunque tutti riconoscenti nei confronti di Pedro, un uomo che non solo ha cambiato il destino del suo paese ma anche l’Europa. Fu infatti la Spagna a dimostrare come il matrimonio gay non era una specificità delle nazioni del nord Europa laiche e protestanti, ma un patrimonio comune di tutta l’Europa, anche dei paesi a maggioranza cattolica.
Io ho avuto la fortuna di conoscerlo e di lavorare con lui in molti occasioni. A 22 anni, a Madrid, quando militano nel gruppo LGBTI del Partito Socialista e poi in seguito a Roma quando con Pedro, Paola Concia e Sandro Gozi lanciammo la Rete Libera Circolazione dei Diritti, un network che doveva mettere in relazione i parlamentari che si occupano di diritti civili nei partiti progressisti europei.
La prima volta che incontrai Pedro ne ero intimorito, in Spagna era una figura leggendaria ed io solamente un giovane attivista capitato per caso a Madrid durante un Erasmus. Eppure diventammo amici. La cosa che più mi colpi era la sua integrità e il suo coraggio, qualità che hanno solo i grandi leader come Harvey Milk. Quando c’era una battaglia per un diritto negato, quando si doveva combattere per una libertà negata lui era in prima fila. E ci credeva veramente. La sua passione coinvolgente, la sua integrità profonda lo rendono un gigante in mezzo a tanta mediocrità e tatticismi.
Una volta durante un convegno per l’Europride di Roma mi chiese perché noi attivisti gay italiani lo invitavamo sempre a convegni in prestigiose aule del Parlamento o nelle stanze di Partito in cui alla fine eravamo sempre gli stessi. Fatemi parlare in mezzo alla gente, mi chiese. Io rimasi stupito. In Italia, gli attivisti LGBTI fanno la gara per parlare nelle istituzioni importanti. Ma Pedro era diverso voleva stare in mezzo alla gente e parlare alla gente, non ai politici, non ai militanti LGBTI. Forse questa è la lezione più grande che mi ha insegnato: le battaglie per i diritti si combattono in mezzo alla gente non nelle stanze del potere.
In questo mese di Pride, faccio un pubblico appello alla comunità LGBTI italiana affinché Pedro Zerolo sia ricordato in tutte le occasioni. Lui che da spagnolo non esitava a venire in Italia a dare una mano quando ce n’era bisogno. Da vero socialista, credeva infatti che l’uguaglianza e la libertà fossero diritti universali che andavano oltre i confini. Il suo sogno era di un’Europa dei diritti e delle persone, in cui non soltanto le merci e i capitali, ma anche le libertà circolassero senza distinzione. Per lui era profondamente ingiusto che un ragazzo italiano o rumeno non avesse gli stessi diritti di un suo coetaneo spagnolo o inglese. Questo tema purtroppo è ancora di triste attualità, perché l’Europa dei diritti non è stata fatta e ancora troppe disparità esistono fra i paesi membri in tema di diritti LGBTI. Questa deve essere la nostra battaglia per i prossimi anni, nella memoria di Pedro e di tutti gli altri e le altre che hanno dedicato la propria vita ad un ideale. L’amore ci rende tutti uguali. Grazie Pedro.
di Marco Palillo
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