Hong Kong, attivista transgender arrestata con un pretesto e detenuta in condizioni disumane

Secondo l* attivist*, anche lo stato autonomo di Hong Kong sarebbe complice del governo cinese nella persecuzione della comunità LGBTQIA+.

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Arrestata con motivazioni pretestuose, detenuta in condizioni disumane e privata del diritto all’assistenza legale, colpevole – a quanto pare – solo della propria identità di genere.

È la storia di Lai Ke – conosciuta anche come Xiran – attivista e cittadina transgender cinese di Shanghai, che da mesi si trova in una prigione di Hong Kong senza alcuna possibilità di difendere la propria posizione e senza nessun contatto esterno.

“L’intero procedimento, compresi gli interrogatori, i processi, le condanne e le sentenze, si è svolto in isolamento e senza la presenza di una rappresentanza legale, violando palesemente i principi fondamentali di equità giudiziaria”. – si legge nel comunicato diffuso dal LAI Ke (Xiran) Global Concern Group.

Un copione tragicamente familiare per gli attivisti cinesi, nonché per amici e familiari della donna, che avevano già vissuto una situazione analoga con la fidanzata di Lai Ke, Cai Xia, anch’essa una donna transgender, attualmente ancora detenuta in una prigione di Shanghai.

Secondo quanto riportato dal Lai Ke Global Concern Group, il 2 maggio 2023, Lai Ke si imbarca su un volo della Hong Kong Airlines, il HX239, da Shanghai a Hong Kong. Porta con sé un passaporto cinese e un visto canadese, puntando a proseguire il viaggio verso Toronto in Canada, sulla tratta Cathay Pacific CX828, la mattina seguente.

La comunicazione con Lai Ke si interrompe intorno alle 6:30 del 3 maggio, subito dopo che aveva inviato un messaggio ai propri familiari confermando di aver completato le procedure di transito allo sportello Cathay Pacific.

L’allarme scatta quando emerge che Lai Ke non è salita a bordo del volo per Toronto, cosa che spinge amici e familiari a segnalare la sua possibile scomparsa alle autorità di polizia di Hong Kong all’inizio di giugno.

Inizialmente, le autorità negano direttamente che Lai Ke sia entrata a Hong Kong, dissipando temporaneamente le preoccupazioni. Tuttavia, il 18 luglio, i genitori ricevono la notizia dell’arresto di Lai Ke da parte della polizia di Hong Kong e del suo trasferimento al centro psichiatrico di Siu Lam.

Nonostante un avvocato tenti di far luce sulla situazione con una visita al centro il 20 luglio, si scopre che Lai Ke è stata giudicata colpevole di tre reati di immigrazione clandestina, confermati anche dal procuratore che segue il caso.

Dal 3 maggio al 18 luglio, Lai Ke cerca ripetutamente di contattare la sua famiglia e di ottenere assistenza legale, ma tutte le sue richieste vengono costantemente negate. L’ultimo aggiornamento parla di un trasferimento definitivo centro di detenzione del Dipartimento di Immigrazione a Castle Peak, previsto tra una settimana. Ad oggi, non è ancora stata fissata una data di rilascio.

Ciò che è certo, è che le condizioni di Lai Ke in carcere sono a dir poco disumane. Stando  quanto raccontato dai familiari, alla donna sarebbe stato negato l’accesso ai farmaci per la transizione, un fattore di rischio gravissimo considerando il suo storico di comportamenti autolesionistici. Inoltre, è stata costretta a tagliarsi i capelli e subisce un regime di isolamento forzato da mesi. 

L* attivist* cinesi stanno quindi unendo le forze per chiedere con determinazione il rilascio di Lai Ke, evidenziando come il governo cinese continui a esercitare il suo potere e le sue strategie elusive per perseguitare nuovamente la comunità LGBTQIA+, trovando un improbabile alleato anche nell’apparentemente tollerante stato autonomo di Hong Kong.  

“Il caso di LAI Ke mette in luce la complicità del governo di Hong Kong nel sostenere gli sforzi del governo cinese per reprimere gli individui transgender all’estero e sottoporli a persecuzione – conclude il comunicato – Coloro che fanno parte della comunità transgender in Cina vivono in una costante paura, privati dell’accesso ai servizi adeguati di supporto e costretti a confrontarsi con la minaccia costante di arresti arbitrari, detenzione e maltrattamenti. È imperativo che il governo cinese ponga fine alla sua politica repressiva e si impegni a difendere i legittimi diritti delle persone transgender”.

Il rapporto tra Honk Kong e la Cina

Hong Kong ha uno status speciale all’interno della Repubblica Popolare Cinese, trattandosi di regione amministrativa speciale, definizione che conferisce al piccolo stato un alto grado di autonomia politica, economica e giudiziaria rispetto al governo centrale di Pechino. Tuttavia, il paese rimane sotto la sovranità della Cina e deve rispettare la politica di “un paese, due sistemi“, che garantisce per ora autonomia di mantenimento del suo sistema legale, delle libertà civili e dell’autogoverno fino al 2047, quando scadranno i termini dell’accordo di trasferimento di sovranità firmati nel 1997 tra la Gran Bretagna (di cui Honk Kong era ex-colonia) e la Cina.

Nel 2047 Hong Kong potrebbe tornare completamente sotto il controllo del governo centrale di Pechino, a meno che prima di quella data non siano firmati nuovi accordi internazionali.

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