DSQUARED2 e quei tacchi che diventano politici

A Milano, sotto l'ala illuminata di Renzo Rosso, Dean & Dan fanno diventare la propria biografia un grido inclusivo di libertà.

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4 min. di lettura

 

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La rabbia e l’orgoglio probabilmente dovrebbero diventare esattamente questa cosa qua. La sfilata di venerdì sera con cui DSquared2 ha aperto la Milano Fashion Week Uomo SS17 è stata a tutti gli effetti un gay pride, e anche un gay pride un bel po’ incazzato dopo tutto quello che è successo la scorsa settimana.

I gemelli Dean e Dan Caten (su una tshirt la stampata a caratteri tipografici Caten Twins) hanno fatto un endorsement pirotecnico a un modo di manifestare la propria personalità e la propria sessualità, strizzando con una certa forza le palle di tutti i bigotti convinti che ai Pride si dovrebbe andare in giacca e cravatta e schiacciandole sotto il platform da 10 cm di stivali in strass fucsia.
David Bowie guardava dallo spazio rivisitazioni di skinhead e mods ondeggiare sui tacchi altissimi di stivali trans-culturali. Uno statement non innovativo nel linguaggio. Anzi, se vogliamo quasi un grande classico, eppure importante e meritevole di plauso data la contingenza.
È vero che la coppia si è sempre spesa per i diritti di tutti, come è vero che quei tacchi appartengono agli inizi, quando i due per tirare su qualche dollaro si esibivano come drag queen, prima di iniziare a New York la propria carriera di designer, successivamente esplosa  sotto l’ala del Made in Italy milanese. Eppure, c’è un netto passo avanti. Nel passaggio dal ragazzone macho che hanno sempre (s)vestito, a questa identità fluida, immersa nel contemporaneo. Certo, non mancano i manzi in passerella. E però. Però c’è un leggiadro scivolamento verso un casting che contempla anche esili ragazzi filiformi che danzano tra l’impaccio dei tacchi e la propria inconsapevole femminilità. Sfila sfrontata e impavida persino quell’attitudine testosteronica che è solita per Dsquared2, ma che stavolta traballa felice e orgogliosa di lasciare spazio alla femmina che c’è in ogni maschio.

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La parola che sentiamo più spesso, quando si chiede a qualcuno di descrivere la propria sfilata è ormai da molti anni ‘individualismo’.
Dean e Dan si fanno invece portatori di un più ampio, meno esclusivo e più potente messaggio comunitario di ‘libertà’. E non si tratta dell’idea limitante di semplificare il mondo LGBTI a un bono coi tacchi, così come i Pride non sono un carnevale in cui si sfogano in pubblico i propri eccessi privati. Si tratta, sulla passerella di via Ceresio 7 a Milano, così come in ogni Gay Pride del mondo, dell’affermazione della libertà di autodeterminazione di ognuno, che è cosa ben diversa di un più essenziale impeto individualistico. E’ un monito inclusivo e non esclusivo. E’ un passaggio che mette insieme i commerci sfrontati del comprate e vestitevi come volete con il più libertario guardatevi dentro e siate ciò che volete.

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E il motivo per cui ha senso mettersi i tacchi, è che nel momento in cui scendiamo a manifestare, io non sono più io, ma sono anche gli altri, e voglio che tutti, fino all’ultimo siano liberi di essere sé stessi. E se su un tacco finisci per essere un po’ femmina, va bene. E se sui tacchi continui a essere un maschiaccio virile, va bene. Senza che religioni o ideologie determino limiti. Ed è così che accade, quindi, che al termine dello show Dean & Dan, ormai milionari, Dean & Dan che nella propria carriera non hanno mai rinunciato a esprimere se stessi e che oggi possono contare sulla illuminata e illuminante visione di Renzo Rosso (Dsquared2 fa parte del gruppo Diesel), escono in passerella non solo con un nastro arcobaleno intorno al collo, che ci dice chiaramente che loro fanno riferimento proprio a quella cosa lì, politica. Ma escono in passerella indossando quei tacchi, proprio quei tacchi che un tempo sarebbero stati semplicemente i “tacchi da drag queen” di una gioventù con pochi dollari in tasca. Un gesto personale e biografico che diventa inclusivo. Un gesto importante che diventa politico: ché basta guardarsi intorno per vedere quante coppie del fashion system sono lontane anni luce dal farlo.

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Foto e video dsquared2.com

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mariorossi 20.6.16 - 5:59

Sinceramente nella loro sfilata non vedo alcuna metafora politica,i tacchi a spillo non sono altro che un facile medium per farsi pubblicità gratuita,oltretutto erano i primi a sfilare a moda uomo,quindi i riflettori internazionali erano tutti li per loro.Del resto creatività poca,visto che i tacchi a spillo si sono visti anche in altre edizioni passate.Mi chiedevo ma li disegnano loro effettivamente gli abiti o li fanno realizzare da uno staff collettivo,perche i due canadesi li vedo come immagine ,molto come effetto copertina alla firma e nulla piu.P.s. Non sapevo che i due gemelli facevano le drag queen e poi sono diventati stilisti,ma hanno studiato per farlo o semplici autodidatti? Chissa fra un po vedremo anche Luxuria o Platinette diventare disegnatori di abiti uomo da cerimonia??

    Avatar
    EdithM 20.6.16 - 10:55

    non sono tacchi a spillo! sono tacchi alti, per giunta maschili come quelli che usavano le rockstar negli anni 60 e ancor di più nei 70 -vedi i cugini di campagna e i camaleonte, per restare in italia.

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