Nell’ultimo decennio, l’attenzione verso le politiche di inclusione e non discriminazione nelle aziende è cresciuta esponenzialmente, diventando un argomento di rilievo nel mondo del lavoro anche nel nostro paese, seppur con diversi ostacoli.
Se da una parte persistono ancora casi estremi di discriminazione sul posto di lavoro, e molte persone queer lamentano ancora ambienti malsani e poco inclini ad accettare la diversità, l’ultimo LGBT+ Diversity Index di Parks – Liberi e Uguali, al quale hanno partecipato 86 imprese di diversi settori, offre un quadro incoraggiante su come diverse aziende stiano marciando nella giusta direzione.
L’ampio spettro di aziende coinvolte testimonia quanto l’interesse per le politiche di inclusione e non discriminazione stia crescendo gestione delle risorse umane, indipendentemente dal settore di appartenenza.
Politiche di non discriminazione nelle aziende italiane: a che punto siamo?
Il contesto aziendale italiano mostra un’impressionante evoluzione nelle politiche di non discriminazione, con l’87% delle imprese partecipanti allo studio che hanno adottato policy formali in merito.
La presenza di queste politiche in documenti chiave, quali il codice etico (71%), i documenti specifici di non discriminazione (51%), e il codice di comportamento (45%), sottolinea la serietà con cui le aziende si stanno avvicinando alla tematica.
Interessante notare come le politiche adottino un approccio intersezionale, non limitandosi solo alle questioni di genere e orientamento sessuale, ma si estendano anche a diversità di etnia (92%), credo religioso (88%), disabilità (88%) ed età (84%).
Per quanto riguarda la diffusione e il monitoraggio, l’88% ha intrapreso azioni concrete. La formazione e la sensibilizzazione del personale (94%), le campagne sui social interni (77%), e gli eventi aziendali (68%) sono stati i principali canali utilizzati.
Tuttavia, solo il 29% ha implementato un sistema formalizzato per monitorare l’efficacia di tali politiche.
Altro aspetto rilevante è però la previsione di sanzioni contro i comportamenti discriminatori, adottata dal 79%. La comunicazione efficace di queste politiche, principalmente attraverso l’intranet aziendale (93%) e comunicazioni mirate a tutti i dipendenti (75%), gioca un ruolo cruciale nell’assicurare un ambiente di lavoro equo e rispettoso.
I dati rivelano quindi un quadro incoraggiante ma ancora in evoluzione: se da un lato l’adozione di regolamenti anti-discriminazione cresce, dall’altro il monitoraggio e la sanzione dei comportamenti non conformi necessitano di ulteriori sviluppi per una reale e completa inclusione.
Equità nei benefit per le unioni civili: il 76% delle aziende la riconosce
Altro aspetto fondamentale nel valutare l’impegno delle aziende italiane verso l’inclusione e la non discriminazione riguarda l’adeguamento alle normative sulle unioni civili, e quindi alla Legge Cirinnà (L. 76/2016).
L’analisi rivela che il 76% ha implementato le disposizioni in merito nei loro documenti e policy aziendali, ed il 93% partecipanti allo studio offre benefit estendibili ai coniugi.
L’81% estende inoltre gli stessi benefit anche ai partner in unioni civili.
Se il nostro governo si rifiuta poi di riconoscere le famiglie arcobaleno, ci pensano le aziende: il 52% estendono permessi e benefit al genitore intenzionale dell* bambin* nate in famiglie omogenitoriali, un passo non trascurabile verso il riconoscimento di nuove dinamiche familiari.
Inclusione delle persone trans nel lavoro: i dati
L’inclusione delle persone transgender nel mondo del lavoro è un altro indicatore importante del grado di apertura e accettazione all’interno delle aziende.
Lo studio evidenzia però che solo il 33% delle aziende partecipanti ha persone transgender tra i propri collaboratori, e solo 15% ha assunto una persona in transizione di genere.
Quel 33% ha però attivamente facilitato la transizione di genere a livello aziendale, con attività di sensibilizzazione e supporto pratico per la modifica dei documenti aziendali.
Formazione e inclusione
Elemento fondamentale nel cammino verso un ambiente lavorativo più inclusivo e accogliente è rappresentato infine dalla formazione e sensibilizzazione interna.
I dati dello studio mostrano che il 70% delle aziende ha investito in attività di formazione e sensibilizzazione per i propri gestori HR e addetti al recruiting, focalizzandosi specificamente sul tema dell’identità di genere.
Inoltre, è notevole il fatto che il 95% disponga di una struttura o funzione dedicata specificamente a Diversity, Equity & Inclusion (DE&I).
In effetti, benché le 86 imprese coinvolte nello studio rappresentino solo una frazione delle circa 4 milioni presenti in Italia, i risultati emersi offrono un promettente punto di partenza.
Rimane da vedere se questa tendenza positiva continuerà a svilupparsi e a prendere piede anche nel contesto di un periodo storico tanto complesso e sfidante come quello che stiamo attraversando.
Foto di courtney coles su Unsplash
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