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Omobitransfobia sul lavoro, lo studio UNAR: per il 41% delle persone, essere LGBTQIA+ è uno svantaggio professionale

Lo studio dell’ISTAT in collaborazione con UNAR evidenzia un problema concreto e rampante di omobitransfobia sul posto di lavoro.

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unar lavoro lgbtqia+ discriminazione Foto di Alexander Grey su Unsplash
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Oggi, 17 maggio, cade la Giornata Internazionale contro l’Omobitransfobia. Se i comportamenti discriminatori necessitano di azioni concrete tutti i giorni, questa è un’occasione perfetta per sensibilizzare e diffondere una cultura più inclusiva in tutti gli ambiti. Compreso quello lavorativo.

L’omobitransfobia sul posto di lavoro può però purtroppo essere difficile da riconoscere o affrontare, poiché spesso viene nascosta o mascherata da comportamenti apparentemente innocui o addirittura giustificati da politiche aziendali.

Uno studio condotto dall’ISTAT in collaborazione con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali (UNAR), su un campione di 1.200 individui, ha rivelato dati preoccupanti riguardo alla questione, mostrando una panoramica sconfortante nel nostro paese.

Essere LGBTQIA+ limita la crescita professionale?

Secondo i risultati, il 41,4% delle persone ritiene che l’essere omosessuali o bisessuali costituisca uno svantaggio per la loro carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, nonché reddito e retribuzione. Questa percentuale allarmante mette in luce un problema diffuso che richiede un’attenzione immediata.

Il sondaggio ha coinvolto una varietà di individui con diversi orientamenti sessuali, compresi omosessuali (79,6%) e bisessuali (20,4%). Il 61,5% dei partecipanti era di genere maschile, mentre il 38,5% era di genere femminile.

Riguardo all’età, il 55,4% degli intervistati rientrava nella fascia di età compresa tra i 18 ei 34 anni. In termini di livello di istruzione, il 64,2% delle persone aveva conseguito almeno una laurea. Per quanto riguarda la situazione lavorativa, l’84,7% degli intervistati era attualmente impiegato, mentre il 9,8% aveva avuto un’esperienza lavorativa precedente.

Uno dei risultati più allarmanti è emerso riguardo alle microaggressioni legate all’orientamento sessuale. L’80% delle persone gay o bisessuali ha riferito di aver subito almeno una forma di microaggressione.

Il termine “microaggressione” si riferisce a comportamenti, azioni o commenti sottili, spesso non intenzionali, che possono essere offensivi o discriminatori nei confronti di gruppi svantaggiati o minoranze.

Le microaggressioni possono essere espresse in vari modi, come gesti, parole o atteggiamenti, e possono derivare da pregiudizi impliciti o stereotipi culturali. Sebbene le microaggressioni possano sembrare insignificanti o casuali, possono causare disagio, stress emotivo e danni psicologici alle persone colpite.

Il clima ostile e le aggressioni sul luogo di lavoro sono un problema concreto per molti individui LGBTQ+. Il 33,3% delle persone ha dichiarato di aver sperimentato un clima ostile o un’aggressione nel proprio ambiente lavorativo.

Questo dato mette in luce la necessità di creare culture aziendali che promuovano il rispetto, l’uguaglianza e l’inclusione, non solo a livello di politiche formali, ma anche nella pratica quotidiana.

Sempre più persone fanno coming out sul posto di lavoro

Tuttavia, un aspetto positivo evidenziato dallo studio è la percentuale considerevole di persone che hanno fatto coming out sul posto di lavoro.

Il 78,3% ha condiviso apertamente il proprio orientamento sessuale con i colleghi di pari grado, mentre il 64,8% ha fatto lo stesso con i datori di lavoro o i superiori.

Tuttavia, è preoccupante che il 31,2% delle persone abbia subito outing senza il proprio consenso, il che mette in evidenza la necessità di rispettare la privacy e l’autodeterminazione di ciascun individuo.

Paura dentro e fuori dal posto di lavoro

Anche al di fuori dell’ambiente lavorativo, le persone LGBTQ+ affrontano sfide e rischi per la propria sicurezza. L‘11,7% delle persone ha dichiarato di aver subito minacce negli ultimi tre anni, escludendo gli episodi in ambito lavorativo, mentre l’8,8% ha riferito di aver subito aggressioni violente per motivi legati all’orientamento sessuale nello stesso periodo.

Il timore di aggressioni, minacce o molestie è un problema tangibile per molte persone LGBTQ+ sul posto di lavoro. Il 74,5% delle persone ha ammesso di evitare di tenere per mano il proprio partner dello stesso sesso in pubblico a causa di queste preoccupazioni.

Inoltre, il 31,3% delle persone ha segnalato di aver subito discriminazioni sul web, un problema sempre più diffuso nella società digitale di oggi, a sottolineare l’importanza di affrontare il cyberbullismo e promuovere una cultura online rispettosa e inclusiva.

Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni verso l’uguaglianza e l’inclusione, il problema persiste anche nell’ambito dell’istruzione.

Il 71,9% delle persone ha dichiarato di aver subito almeno una forma di microaggressione legata all’orientamento sessuale durante il periodo scolastico o universitario. Omobitransfobia e discriminazione sono quindi radicate fin dalle prime fasi dell’educazione e richiedono un intervento mirato nelle istituzioni educative.

La ricerca di lavoro rappresenta un’altra area in cui le persone LGBTQ+ sono soggette a discriminazione. Il 33,3% degli intervistati ha riferito di aver subito almeno una forma di discriminazione durante il processo di ricerca di lavoro.

Promuovere politiche di assunzione e selezione basate sul merito e l’inclusione, che valutino le competenze e l’esperienza dei candidati senza discriminare in base all’orientamento sessuale, è quindi un’altra politica di immediata importanza da implementare in tutti i comparti.

L’unica soluzione è la sinergia

Affrontare l’omobitransfobia sul luogo di lavoro – e fuori – richiede sforzi congiunti da parte dei datori di lavoro, dei dipendenti e delle istituzioni.

È fondamentale che le aziende promuovano una cultura inclusiva, adottando politiche anti-discriminazione chiare e formando il personale sulla diversità e sull’uguaglianza. Inoltre, è importante incoraggiare la sensibilizzazione e l’educazione sulle questioni LGBTQ+ in tutti gli ambiti della società, compresi l’istruzione e i media.

I dati emersi da questo studio evidenziano l’esistenza persistente dell’omobitransfobia sul luogo di lavoro e non solo. L’alto numero di persone che considerano l’essere omosessuali o bisessuali uno svantaggio professionale e che hanno subito discriminazioni e microaggressioni sottolinea la necessità di adottare misure concrete per creare ambienti lavorativi più inclusivi e rispettosi della diversità.

 

Foto di Alexander Grey su Unsplash

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