Dal 28 Settembre 2023 fino al 10 Marzo 2024, è esposta al Museo Casa di Goethe a Roma, la mostra Max Peiffer Watenphul. Dal Bauhaus all’Italia.
A cura del direttore Gregor H. Lersch, e in collaborazione con le Kunstsammlungen di Chemnitz, Museum Gunzenhauser, l’esposizione ripercorre il percorso artistico del pittore e fotografo, tra i primi membri queer della scuola Bauhaus: 32 dipinti e 13 fotografie, dagli anni ’30 ai 70 che raffigurano l’artista insieme al suo circolo di amici, sullo sfondo urbano di Roma e Venezia: uomini muscolosi e donne libertine, trucchi eccentrici, cascate di gioielli, perline e tessuti, immers3 in un’atmosfera maestosa e al contempo intima.
Uno sguardo imprevedibile per l’epoca, che nel 1937 vide una delle sue opere esposta presso la mostra “Arte degenerata”.
“L’ultima esposizione di opere di Max Peiffer Watenphul in Italia risale al 2000, presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma, ed è quindi giunto il momento di dare un nuovo sguardo alla sua opera in Italia” spiega Gregor H. Lersch a Bozoo “Con la retrospettiva al Museo Casa di Goethe, ci poniamo l’obiettivo di mostrare il panorama artistico del Ventesimo secolo tra Germania e Italia e di rintracciare gli sviluppi modernisti più insoliti che sono caduti nell’oblio. Max Peiffer Watenphul, il cui studio si trovava in via dei Greci, a pochi metri dalla Casa di Goethe, è quindi di particolare interesse nella Città Eterna”
Tra il 1919 e il 1933, la Bauhaus non era solo la scuola d’arte più influente dell’epoca, ma era anche ‘infestata’ da fluidità di genere, pensieri innovativi, e geni nascosti.
L’ha spiegato meglio Elizabeth Otto nel suo saggio Haunted Bauhaus. Occult spirituality, gender fluidity, queer identities and radical politics: alla valanga di artisti uomini – tra cui Paul Klee, Walter Gropius, László Moholy-Nagy, Vasilij Kandinskij e Marcel Breuer – la storica dell’arte fa luce sugli altri 1200 insegnanti e studenti ‘mai più dimenticati’, di cui Peiffer Watenphul è solo la punta dell’iceberg.
Da Gertrud Grunow, considerata l’unica donna a partecipare al Consiglio dei Ministri, o Gunta Stölzl, prima donna maestra sotto la Repubblica di Weimer, ma anche le illustrazioni dalle sfumature saffiche di Margaret Camilla Leiteritz, le arti grafiche per riviste anti-fasciste di Richard Grune, le fotografie “spettrali” di Marianne Brandt, e moltə altrə.
Come nel caso dell’artista Margaret Camilla Leiteritz, Otto conia il termine ‘queer singleton’, per riferirsi a tutte quelle persone queer di cui non conosciamo la vita privata o dinamiche sentimentali, ma non per questo significa che si nascondevano o dobbiamo considerarle automaticamente ‘etero’: “Se ‘la zia non sposata della famiglia’ è diventato uno stereotipo celebrato per tante lesbiche non riconosciute dalle famiglie, l’idea di una persona queer single prende seriamente la scellta di alcuni artisti di non stare in coppia, come un aspetto centrale delle loro identità e del loro lavoro” dice la storica in un’intervista con Bauhaus Kooperation.
Se la scuola era il luogo perfetto per sperimentare con più libertà artistiche, senza sottostare a canoni pre-impostati, nella Bauhaus non mancavano discriminazioni: come quando nel 1920 rifiutarono l’ingresso ad uno studente transgender, o quando una studentessa lesbica lasciò l’accademia in seguito alla relazione con un’altra compagna di corso. La stessa Stölzl veniva pagata nettamente meno degli altri docenti maschi, pur facendo il loro stesso identico lavoro.
L’obiettivo di Otto non è denunciare o screditare l’accademia, ma (ri)dare spazio e voce a tuttə quellə artistə che rischiamo di dimenticare, ma sono statə centrali per la corrente libera e innovativa della Bauhaus. Come dice a Artribune: “Dobbiamo rilevare non solo le operazioni che sono state messe in atto per darci una comprensione errata del passato, dobbiamo anche riconoscere che, nel ripetere quelle vecchie storie, partecipiamo a una preclusione di futuri potenzialmente più fruttuosi”.
La Max Peiffer Watenphul. Dal Bauhaus all’Italia. è in esposizione al Museo Casa di Goethe a Roma fino al 10 Marzo 2024.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.