NÉ ETERO NÉ GAY

Metrosessuale. E' il nuovo maschio che manifesta il suo lato femminile. Come il protagonista di "Istant Love" di Luca Bianchini. A lui e a La Pina chiediamo: ma non sarà un cripto-gay?

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4 min. di lettura

Il termine Metrosexual è stato coniato nel 1994 dal giornalista inglese Mark Simpson e, molto sinteticamente sta ad indicare un individuo di sesso maschile, che ha adottato comportamenti, gusti, modi di fare un tempo ritenuti prettamente ad uso dell’universo femminile. Non si tratta di etero-checche o di gay velati. All’estero sono stati versati fiumi d’inchiostro sull’argomento. L’American Dialect Society, ha eletto Metrosexual parola dell’anno. In Italia ancora se ne parla poco. Lo ha fatto La Pina in “Pinocchio”, il programma che conduce su Radio Deejay, dove ha anche parlato del romanzo di Luca Bianchini “Istant Love”, in cui secondo lei, il protagonista è Metrosessuale. Siamo andati ad incontrarli per farci spiegare e capire meglio di cosa si tratta.
Pina, come mai ti sei interessata a questo tema?

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Su suggerimento di mia madre. Tornando da un viaggio aveva letto sull’Herald Tribune un articolo dove si parlava di metrosessualità a proposito di Arnold Schwarzenegger che sceglie lui i vestiti che deve mettere la moglie, ha i Carlini ecc. C’era una serie tv, Metrosexality, che andava in onda su Canal Jimmy, ma non sono riuscita a vederla. Ci mancava una dimensione in cui poter stipare una serie di attitudini e atteggiamenti che un tempo erano attribuiti ad un preciso orientamento sessuale. Il metrosessuale, per fare un esempio, è ossessionato dal ferro da stiro, deve stirare in un certo modo, conosce i prodotti per lavare i panni che lasciano un odore piuttosto che un altro, compra cosmetici e cure di bellezza, cose che un tempo erano immediatamente ricondotte all’omosessualità, oggi, non solo non sono più additabili in quest’ottica, ma trovano addirittura degli sbocchi di fanatismo eccezionali.
Non è secondo te un modo per sfogare un certo tipo di omosessualità latente?
No, assolutamente, non è quell’isola dei cripto-gay. La metrosessualità interviene come fenomeno sociale, come forma di liberazione. Nel senso che alcuni atteggiamenti non sono più indice di qualcosa. Quindi gli stronzi non si possono più appoggiare a quelle tre regoline per cui A + B = C che sono state motivo di persecuzione, di discriminazione. Il vero metrosessuale, oggi come oggi, è il narcisista, l’edonista. Quello che ha il piacere ed il gusto ossessivo di certi dettagli che fino a ieri erano considerati femminili. Che ci siano i repressi poi non è una novità.
Io credo che semmai i repressi evitano certi atteggiamenti per paura di essere smascherati.
Appunto. Fino ad ora una dimensione così non c’è mai stata. È un amore verso un certo tipo di estetica, che è stata compromessa da degli stereotipi, da dei tabù, da delle pressioni sociali, ma di base l’uomo e la donna nascono con un pari patrimonio di gusti, alcuni uomini poi reprimono per motivi culturali.
Ti sei occupata della cosa su radio Deejay, che riscontro hai avuto da parte degli ascoltatori?
Fantastico. Nonostante pensavo fosse un tema difficile da proporre in fascia pomeridiana, a un pubblico così poco avvezzo a certi argomenti. Con gran sorpresa ed entusiasmo, la prima mail è arrivata da una signora che diceva: “Sono sposata da vent’anni con un metrosessuale. Mio marito ci tiene tantissimo che le tende siano in tinta con la moquette” – per dire – questa è la metrosessualità. Il che non vuol dire che il marito è cripto-gay. Anche perché altrimenti sarebbe come rinforzare uno stereotipo per cui il gay è quello effeminato per forza. La meravigliosa verità è che in ogni genere, l’orientamento sessuale viene in secondo piano. Ci sono molti uomini super effemminati che sono etero, come molti che non lo sono per niente e sono gay.
Sarà un problema per le donne capire se si trovano davanti ad un etero metrosessuale o a un gay?
Le donne che frequentano i gay, come me, è difficile che abbiano dubbi su questo. Io di base ho un test mio personale: se sono simpatica a un uomo, è gay di sicuro! Per le altre, assolutamente sì!
Anche un gay può essere metrosessuale?
Certamente! La metrosessualità, nonostante contenga la particella sessuale, è un aggettivo in più che puoi dare a un etero o a un gay. È molto difficile avere una donna metrosessuale, da sempre le donne hanno fatto anche cose maschili. La donna può cambiare una ruota e non per questo si dice: “Ah è lesbica!” Mentre se un uomo rammenta un calzino subito si dice… Quello che non riusciamo a capire, proprio perché ormai siamo deformi mentalmente, è che la metrosessualità non dipende dall’orientamento sessuale, non dipende per nulla dall’essere etero o omo.

Luca, il protagonista del tuo romanzo, Daniele, è metrosessuale.

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Così ha detto La Pina, io non me ne ero reso conto, e credo che questo sia uno dei vantaggi della metrosessualità, il non rendersene conto. Un giorno mi ha chiamato per dirmi che aveva letto il libro, che le era piaciuto un sacco e che il protagonista è metrosessuale. Daniele ha una relazione sia con un uomo sia con una donna, ma non si chiede mai: “Che cosa sono io?”. Da un lato c’è una grande libertà, dall’altro la solitudine. Ha due motti: “Voglio tutto, posso avere tutto” e “Vivere, non pensare”. Metrosessuale è una definizione che va oltre gli schemi ed è un atteggiamento che io ho avuto nella stesura del romanzo, ho sempre cercato di evitare le categorie. Mi piaceva l’idea che si sperimentassero le possibilità dell’amore, in tutte le coppie di qualunque tipo. Daniele va a fare shopping selvaggio con l’amico, ha una grande attenzione per la bellezza anche se cerca di dissimularla, conosce sempre quali sono le cose all’ultimo grido, anche se non è proprio una fashion victim.
Daniele vive in una metropoli?
Vive in una città che io non rivelo mai. Nel mio romanzo la città non si vede. Ci sono cinema, bar, discoteche, caffè, ma non sai mai dove sei!
E tu, Luca, sei metrosessuale?
No, ma vorrei esserlo!

Sebbene ci sia ancora molta strada da fare contro le discriminazioni, l’ottenimento di alcuni diritti ecc. sembra che la società di oggi sia sempre meno interessata all’orientamento sessuale del singolo. L’unico atteggiamento interessante è quello economico, si cerca di quantificare e catalogare le attitudini per capire il modo di spendere. È lo shopping a definirci ormai, più della sessualità!

di Francesco Belais

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