VIOLENTATO E LICENZIATO

Bari. Piero lavora come operaio, a tempo determinato. Ma un giorno si sa che è gay, e tre colleghi tentano di violentarlo, "per punizione". Il datore di lavoro lo licenzia. Ora si attende giustizia.

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BARI. Maltrattato e discriminato sul lavoro, perchè gay. Ma non basta. Ha quasi subito la violenza sessuale di tre suoi colleghi. E quando si è ribellato, il padrone l’ha licenziato. A 35 anni, Piero si trova senza lavoro perchè omosessuale. Una brutta storia che ha per sfondo Bari, città dove sabato aprirà l’«Ufficio Nuovi diritti Puglia» per i diritti omosex, il primo nel Meridione, uno dei pochi in Italia, a lottare contro le discriminazioni sul lavoro per orientamento sessuale. Ma vediamo la storia.

Piero (il nome non è quello vero) è stato licenziato un mese fa. Un gruppo di colleghi ha anche tentato di violentarlo, per punire la sua «diversità». Piero, per ora, non vuole dire il nome della ditta per cui lavorava, ma ha aperto una vertenza sindacale. «E’ solo questione di tempo – dice – quando avrò vinto tutti dovranno sapere come mi chiamo e chi ha sbagliato pagherà pubblicamente». In questa lotta lo affianca Michele Bellomo, presidente dell’Arcigay di Bari.

Piero ha raccontato a un giornale la sua disavventura: «Ho cominciato a lavorare con un contratto di sei mesi il 9 gennaio scorso. Non ho detto a nessuno che ero gay, un po’ perché mi danno fastidio le battute, un po’ perché la mia vita privata è solo mia». Ma Piero non abita in una grande città. Nel suo paese qualcuno sa che ha un compagno e questo qualcuno lo ha detto a un amico e l’amico lo ha riferito a un collega, che lo ha fatto subito sapere al datore di lavoro e a tutti gli altri 58 dipendenti della ditta. Risultato: sono cominciate le battute ‘acide’ che Piero temeva.

«Il mio datore di lavoro non mi chiamava più per nome, ma diceva: ‘di a quel ricchione di venire qui. Frocio, cosa fai dormi? Voi siete tutti buoni a nulla’. Queste battutine me le sentivo dire tutti i giorni». Nessuno lo ha difeso. Nessuno si è schierato con lui. «Neanche le donne – dice Piero – Eppure loro sono le prime ad essere vittime della discriminazione sessuale. Io pensavo che l’ignoranza fosse un’eccezione, eppure in quei 20 giorni di lavoro attorno a me era ovunque». Piero però ha stretto i denti. Ogni mattina si alzava all’alba per andare a lavorare. Sguardo alto e voglia di far vedere quanto valeva: «Io sono un bravo operaio. È solo questo che importa».

Un mese e mezzo fa, però, è successo qualcosa che non poteva più essere ignorata. «Sono rimasto solo in una stanza con tre colleghi. Hanno tentato di violentarmi». Qui la voce di Piero si spezza. Interviene Michele Bellomo: «Solo grazie all’intervento di un ragazzo non hanno portato a termine la loro ‘punizione’. Un collega li ha visti e si è messo tra loro e Piero, assumendosi tutte le conseguenze». Infatti quando Piero è andato dal suo datore di lavoro per denunciare quello che era successo lui gli ha risposto: «Dai… lavora, non perdere tempo che infondo ti sarebbe piaciuto». Il giorno dopo Piero e il collega che lo ha difeso sono stati chiamati in direzione: «Ragazzi il lavoro scarseggia. Per qualche giorno dovrete rimanere a casa. Vi chiameremo noi quando avremo bisogno». Più nessuno li ha chiamati.

«Ho telefonato a tutti i miei colleghi per chiedere aiuto, per avere una spiegazione e tutti mi hanno detto: ‘Lo sai, se non eri così il posto non lo perdevi’. Ma così come?». Piero, allora, ha deciso di rivolgersi alla Cgil. «Avrei voluto denunciarli tutti, correre dai carabinieri, ma il sindacato mi ha consigliato di aspettare. Il mio obiettivo è riavere il posto di lavoro, non fare uno scandalo. Io credo che il mio capo, dopo la tentata violenza, abbia avuto paura che la mia presenza in azienda gli potesse creare dei problemi, perciò mi ha licenziato. Gli voglio dimostrare che non sono io il problema, ma gli altri 58 dipendenti».

«Vinceremo la vertenza – assicura Bellomo – e Piero sfilerà in prima linea al gay pride del 2003. Noi stiamo facendo di tutto per farlo a Bari, proprio per dare un segnale a datori di lavoro come questi e a una città che ha bisogno di essere scossa».

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