La Rai utilizza per la prima volta lo schwa nei sottotitoli

I Diversity Media Awards sono stati trasmessi con la lettera più inclusiva di tutte. Primo passo verso il cambiamento?

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La Crusca lo respinge, ma dai libri ai videogiochi, fino al tema di maturità (come nel caso dello studente Gabriele Lodetti),  lo schwa prende sempre più piede nella nostra lingua iper-binaria, invitandoci – volenti o nolenti – a ripensarla da capo.

L’ultimo caso, è stato quello dei Diversity Media Awards 2023 – riconoscimento annuale della fondazione Diversity che premia tutti quei personaggi e contenuti media che hanno valorizzato una rappresentazione inclusiva e intersezionale dell’identità di genere, l’orientamento sessuale e affettivo, tra età, etnie, e corpi diversi tra loro – trasmessi su Rai1 con lo schwa nei sottotitoli.

Per la prima volta nella storia della piattaforma televisiva e del servizio, la famosa “e rovesciata” entra di soppiatto nelle case degli italiani su una piattaforma generalista (e nel bel mezzo di un clima politico che spinge su tutt’altri lidi).

L’Accademia della Crusca la ritiene non adatta per i contesti giuridici, in quanto “sperimentazioni innovative minoritarie che porterebbero alla disomogeneità e all’idioletto” e nel linguaggio parlato si riscontrano tutt’oggi delle evidenti difficoltà (anche Vera Gheno lo definisce “un suono alieno all’italiano standard” e che “andrebbe a impattare sulla morfologia della nostra lingua e quindi sarebbe un cataclisma linguistico“), allo stesso tempo, lo schwa apre a nuove porte e ci costringe ad una messa in discussione che è già riflesso di una rivoluzione in atto.

Come ha commentato Lorenza Bernardi, autrice del libro Ragazz*, il linguaggio è essenziale per “decretare l’esistenza di una persona o di una cosa” e “dare il nome a qualcosa significa dargli la dignità di un’esistenza“.

Per quanto le problematiche esposte dalla Crusca abbiano un’aderenza con la realtà, nel linguaggio odierno si presentano nuove sfide e complicanze, alla luce anche di una nuova generazione sempre più sensibilizzata e aperta al cambiamento: “Ci tengo a sottolineare che quello che succede quotidianamente è ben diverso dalle aule di tribunale” diceva Bernardi “Ricordiamoci che oggi nelle scuole c’è la possibilità della carriera alias”.

La Rai, con l’aiuto di un programma attento e preparato come quello dei Diversity Awards, ha preso una decisione ben chiara: osare contro l’abitudine.

Peccato solo che i Diversity siano andati in onda a mezzanotte, relegando un momento di divulgazione e scoperta così necessario alla seconda serata.

Bene ma benissimo, qualcosa si muove.

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