A poche settimane dai suoi 88 anni, e atteso a Venezia fuori concorso con la sua ultima fatica The Caine Mutiny Court-Martial, è morto William Friedkin, 51 anni fa premio Oscar alla regia per Il braccio violento della legge, nel 2013 Leone d’oro alla carriera e padre, tra i tanti film da lui girati, dell'”horror più spaventoso di tutti i tempi”, ovvero l’Esorcista.
Sposato 4 volte, Friedkin, tra i principali esponenti della Nuova Hollywood, ha diretto nel corso degli anni anche due cult assoluti per la cinematografia LGBTQIA+. The Boys in the Band, nel 1970, e Cruising, nel 1980.
Arrivato in Italia con il titolo Festa per il compleanno del caro amico Harold, The Boys in the Band adattava per il grande schermo l’omonima pièce teatrale di Mart Crowley. The Boys in the Band fu il primo film hollywoodiano a trattare il tema dell’omosessualità. Protagonisti otto giovani gay della borghesia intellettuale di New York e un ospite casuale, che si dichiara eterosessuale, tutti invitati ad una festa di compleanno che si trasforma in una velenosa seduta di analisi terapeutica collettiva e in un feroce gioco al massacro. Interpretato dagli stessi attori che portarono la commedia al successo di Broadway, The Boys in the Band venne non poco criticato, perché ritraeva in modo negativo e pessimistico gli omosessuali, mai così raccontati, mostrati, fino a quel momento.
Cruising con Al Pacino adattò invece l’omonimo romanzo di Gerald Walker, ambientato nel mondo underground degli omosessuali di New York: all’epoca il tema suscitò non poche polemiche, poichè era una delle primissime volte che la comunità gay del Greenwich Village diventava soggetto narrativo. Nel film ‘scandalo’ Pacino interpreta un investigatore incaricato di indagare su una serie di delitti commessi da un maniaco ai danni degli uomini gay della Grande Mela. L’agente finge di essere omosessuale per infiltrarsi all’interno della comunità, frequenta i cruising bar e alla fine riesce a catturare l’assassino. Ma quella vicinanza al mondo LGBTQIA+ lo cambia per sempre…
La produzione del film fu un calvario. Tra Pacino e Friedkin non scoccò mai la scintilla, con reciproche accuse di presunti e inadeguati comportamenti. L’attore si rifiutò di promuovere la pellicola e non ne ha mai più parlato. Alcuni bar di New York negarono le riprese. Il regista, pur di evitare un divieto totale dai censori USA, cancellò 40 minuti di girato. Scene che riguardavano l’interno di leather bar S&M dove venivamo mostrati “espliciti atti omosessuali mentre Pacino assisteva al tutto“. La stessa comunità LGBTQIA+ di New York attaccò pesantemente e boicottò il film, a loro dire devastante nella rappresentazione che ne faceva. Nell’ultima stagione di American Horror Story: NYC, Ryan Murphy ha omaggiato proprio Cruising, 10 anni fa celebrato anche da James Franco con il documentario Interior. Leather Bar, in cui Franco e Travis Mathews hanno provato a rigirare proprio quei 40 mitologici minuti di girato poi scomparsi.
All’epoca stroncato, Cruising è stato come spesso capita rivalutato nel tempo, in quanto “spaccato dell’epoca di decadenza della cultura gay“, tra i Moti di Stonewall e la crisi dell’aids. Solo un regista come William Friedkin, eternamente libero, sempre avanti e spregiudicato, poteva 44 anni or sono accettare di girarlo, dopo aver vinto l’Oscar e sbancato i botteghini, pagandone a carissimo prezzo le conseguenze.
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